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Tutte le fiabe che parlano di "magia"

La più completa raccolta di fiabe, favole e racconti brevi che parlano di "magia", tra le migliaia inviate da tutti gli autori di "Ti racconto una fiaba".

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Una ricetta speciale

In cima a una collina nella sua casetta, vive Eunice la strega.

Fa incantesimi, prepara filtri e pozioni, lette nei suoi preziosi libri di magia.

Attenzione però!

Le pozioni delle streghe hanno ingredienti un po’ speciali: ali di pipistrello, code di topo, bava di lumaca, peli di ragno peloso!

Non è molto piacevole sentirne parlare, tuttavia i più scontenti sono proprio i piccoli aiutanti della strega: i ragni e i pipistrelli, i topi e le lumache!

“Non ne possiamo più di rimanere senza coda!” si lamentano i topi.

“Non dirlo a noi” dicono i pipistrelli, “senza ali non possiamo volare e non ci piace andare in giro a piedi!”.

Una ricetta speciale

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Il fabbricante di alberi d’acciaio

Aisha non si stancava mai di fare domande e suo nonno, un vecchio capo tribù, rispondeva sempre.

Una sera, vedendo il sole sparire fra le colline, Aisha chiese al nonno: “dove va il sole?”

“Torna a casa” rispose il vecchio capo tribù. “Proprio come gli uomini e le donne dopo il lavoro.”

“Qual è la sua casa?” ribatté allora la bimba.

“Un bosco di querce da sughero grande e verde, dove il sole abita insieme ad altre creature.”

“Dai racconta!” incalzò Aisha.

Il fabbricante di alberi d’acciaio

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Fata fiore

C’era una volta due sorelle rimaste orfane sin dall’infanzia: la maggiore bella quanto il Sole, diritta come un fuso, con una gran chioma che pareva d’oro; la minore così così, né bella né brutta, piccina, magrolina e zoppina da un piede. Per la sorella, non aveva nome: era semplicemente la zoppina.

La vecchia nonna, da cui erano state raccolte in casa, non avrebbe voluto che costei la chiamasse sempre con quel nomignolo:

– Che colpa n’ha, la poverina? È mancanza di carità rammentarle il suo difetto.

– O se è vero ch’ella è zoppina! Non me lo invento io.

E la cattiva rideva, per giunta.

Si fosse pure contentata di maltrattarla con quel nomignolo soltanto! Non sarebbe stato niente, perché la zoppina non se ne faceva, come se non dicesse a lei. Il peggio era che la maltrattava anche coi fatti, quasi non fosse stata dello stesso suo sangue, ma una serva.

Fata fiore

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La Fata Gelsomina

C’era una volta una contadina che pianse tutte le sue lacrime per la perdita del marito, ma nessuna di esse poté ridarle lo sposo. Così, con il cuore ferito continuò a occuparsi del solo amore rimastole: il loro bambino.

Egli, benché fosse bello come il sole al mattino, aveva un difetto, quello di diventare un mostro appena un no gli veniva detto.

Gli occhi si trasformavano in due uova al tegamino, il naso lungo e rosso tale e quale a un peperoncino.

Le orecchie come cimbali s’ingrandivano e, stonati come coperchi sulla testa, rintronavano.

La bocca spalancava pari a quella dell’ippopotamo che sbadiglia e, i denti, mamma mia, con quelli del pescecane facevano pariglia!

La Fata Gelsomina

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La solitudine di Doriano

Senza sosta, senza sosta,
avanti Doriano porta con te solo un umile ma attento guardiano:
il povero cagnolino
che sin dall’inizio ha continuato ad accompagnare il padrone,
ora si accinge con disperazione ad assistere inerme alla sua dissoluzione.

«Doriano – pensa il cagnolino Lapis – non posso lasciarti da solo ora,
tu credi di poter continuare ma la follia ti assale.
Fermati un momento,
rifletti, cosa assai strana per una mente così insana.

La solitudine di Doriano

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L’amore per sé

C’era una volta un prato.

Un prato con tanti fiori profumati.

Su nel cielo si sentivano le grida di tante piccole gocce d’acqua colorate dell’arcobaleno; Si stavano divertendo un mondo tra di loro a mescolare il rosso con il giallo e il blu.

Ad un tratto udirono un rumore strano, un cigolio lento e continuo.

Guardarono curiose giù, verso il basso, e videro una formichina molto triste che stava trascinando un pesante carretto.

Era ricolmo di provviste per l’inverno e tra esse un grosso seme di grano.

Lei pensava sempre a tutti, poco a se stessa, per questo era triste.

Cosi, quel giorno, parlava da sola, o canticchiava non si udiva bene, e ,nel frattempo, trascinava il suo peso.

L’amore per sé

vecchina-zoppa

La vecchina zoppa

C’era una volta una vecchietta zoppa che andava mendicando per le vie.

Vide un signore ben vestito e gli andò incontro ma lui, avvedendosene le puntò con cipiglio il bastone da passeggio contro, dicendole: “Io sono duca, stammi lontano stracciona altrimenti di te ne faccio fonduta”

Di colpo il bastone si trasformò in serpente e saettando fece trasalire la gente.

Si avvicinò, allora a una signorina impettita ma quella come ne vide la figura saltò a lato e gracchiando come cornacchia, disse “Io sono contessina non ti avvicinare sporca vecchiettina”.

Pestando il piede lo mise fuori dalla banchina, prese una storta e sedette proprio in mezzo ad una fanghiglia e la folla cominciò a schernirla.

Si fece d’appresso ad una signora imbellata ma non fu meno mortificata, toccandosi al collo, altezzosa disse “Io sono baronessa,lercia vecchiaccia i tuoi pidocchi non faranno festa nella mia pelliccia”.

La volpe che stringeva si animò e corse tra la massa meravigliata ed ella prese a grattarsi come affetta dalla tigna.

La vecchina zoppa

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Enrichetta e il profumo di lavanda

In una casetta vicino al lago viveva una famigliola felice: papà. mamma ed Enrichetta, una bellissima bambina di sei anni. Beh! In realtà la famigliola non era proprio felice perché Enrichetta era una bambina terribile, nervosa e agitata. Ogni giorno i suoi capricci e le sue urla, quando voleva qualcosa, facevano tappare le orecchie a tutte le persone che le stavano vicino. Era capace di battere i piedi a terra, diventare furibonda, scagliare oggetti, solo perché la sua mamma non riusciva sempre ad accontentarla.

I suoi genitori, nonostante tutto, la adoravano e si dicevano:

– Cambierà, crescerà, si calmerà. Ma gli anni passavano e nulla sembrava cambiare.

I due poveretti erano davvero disperati perché ormai non sapevano più cosa fare con lei. Le avevano provate tutte, ma nulla era riuscito a far diventare Enrichetta una brava e tranquilla bambina.

Enrichetta e il profumo di lavanda

mammadraga

La Mammadraga

C’era una volta una bambina, figlia d’un calzolaio. La madre, cullandola, le cantava sempre:

Dormi, figlia Regina!
Dormi, il Reuccio arriva!

Il marito, battendo le suole le faceva il verso, per ridere:

Dormi, il Reuccio arriva!
Dormi, figlia Regina!

La madre, dopo pochi mesi, morì e il calzolaio riprese subito moglie. Da prima, parve che la matrigna volesse bene alla figliastra. Spesso, accarezzandola, le diceva:

– Ora ti faccio un fratellino.

– Fratellini non ne voglio.

La Mammadraga

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Re Tuono

C’era una volta un Re che aveva un vocione così grosso e forte, da poter essere udito benissimo fino a dieci miglia lontano. Quando parlava, pareva tuonasse; e per ciò gli avevano appiccicato il nomignolo di re Tuono.

I Ministri e le persone di corte, dovendo praticare con lui tutti i giorni, diventavano sordi in poco tempo; ed era una disperazione. La povera gente che andava a chiedere giustizia ci rimetteva un polmone per farsi sentire, e spesso spesso non riusciva. Gli affari correvano a rotta di collo; la gente non ne poteva più.

Ma, come dire al Re:

– Maestà, siete voi che fate assordire i Ministri?

Re Tuono

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la principessa coraggiosa

C’era una volta una bella principessa di nome Carolina che significa donna libera che viveva in un bel castello dove tutti la trattavano regalmente e facevano tutto al posto suo, Carolina però era una ragazza sportive e per niente vanitosa.

Sembrava un giorno come tutti gli altri, ma nel pomeriggio un forte rimbombare, il sibilare dei serpenti e gli urli delle persone trasformate in pietra sconvolse carolina, era Medusa una creatura che tutti credevano mitologica.

Così Carolina presa dal coraggio afferrò lo scudo di un’ armatura esposta nella libreria,la spada del padre e gli occhiali protettivi del falegniame che lavorava presso loro.Appena mise piede fuori però si accorse che il suo regnio era avvolto dalla tristezza e soprattutto dalla pietra.

Allora Carolina si ingegnò, prese il suo costume di Hallowen da grifone e fece finta di terrorizzare tutti, mentre recitava però incontrò una minuscola fatina che gli donò il potere di guardare Medusa negli occhi e di far tremare la terra, poi le disse di andare al castello dove la aspettava un esercito.

la principessa coraggiosa

chi-mangiato-mela-dorata

Chi ha mangiato la mela dorata?

Era da poco passata l’estate e iniziato l’autunno pieno di colori caldi.

Sulle foglie degli alberi del bosco chiamato “Il bosco della Grande Quercia” c’erano tutte le sfumature di giallo, marrone e arancione. Anche quelle già cadute erano ancora piene di colori e a ogni soffio di vento si sollevavano da terra, unendosi a quelle che cadevano, in un’allegra danza multicolore. Scendeva il crepuscolo sul bosco, il sole si tuffava lentamente dietro le montagne. Il crepuscolo, come una coperta di seta arancione, trasparente, senza far rumore scendeva come una carezza.

Quel pomeriggio inoltrato una strana agitazione percorreva il bosco. Qualcosa succedeva o stava per succedere, in ogni caso quella non era una qualsiasi sera autunnale.

Il gufo Bruno aveva già preso la sua solita posizione su uno dei rami della Grande Quercia e si stava strofinando gli occhi. Quella sera ci sarebbero stati così tanti eventi importanti!

Chi ha mangiato la mela dorata?