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Chi ha mangiato la mela dorata?

Fiaba pubblicata da: Aleksandra

Era da poco passata l’estate e iniziato l’autunno pieno di colori caldi.

Sulle foglie degli alberi del bosco chiamato “Il bosco della Grande Quercia” c’erano tutte le sfumature di giallo, marrone e arancione. Anche quelle già cadute erano ancora piene di colori e a ogni soffio di vento si sollevavano da terra, unendosi a quelle che cadevano, in un’allegra danza multicolore. Scendeva il crepuscolo sul bosco, il sole si tuffava lentamente dietro le montagne. Il crepuscolo, come una coperta di seta arancione, trasparente, senza far rumore scendeva come una carezza.

Quel pomeriggio inoltrato una strana agitazione percorreva il bosco. Qualcosa succedeva o stava per succedere, in ogni caso quella non era una qualsiasi sera autunnale.

Il gufo Bruno aveva già preso la sua solita posizione su uno dei rami della Grande Quercia e si stava strofinando gli occhi. Quella sera ci sarebbero stati così tanti eventi importanti!

Anche lo scoiattolo Fil aveva deciso di trascorrere con i genitori tutta la notte seduto sul suo ramo preferito, che, non per caso, era quello più vicino alla Mela Dorata. Gli abitanti del bosco della Grande Quercia chiamavano così la luna piena: Mela Dorata.

“Che cosa sta succedendo nel nostro bosco?” chiese il criceto Timothy a gufo Bruno. Era sempre l’ultimo a sapere le cose nel bosco della Grande Quercia, forse perché trascorreva la maggior parte del suo tempo a dormire nascosto da qualche parte, dopo essersi saziato al punto di scoppiare. “Non ho mai visto cosi tanti animali svegli a quest’ora” disse mentre si stiracchiava sbadigliando.

“Possibile che tu non lo sappia?!” esclamò il gufo Bruno. “Il lupo Natalino e la lupa Sabrina festeggiano il matrimonio del loro unico figlio e siamo tutti invitati. Hai capito? Tutti! Questa sarà veramente una grande festa, perché hanno invitato anche la Mela Dorata. Tu sai che i lupi ululano alla Mela Dorata, è la loro caratteristica, solo che questa volta Lei si è offerta di scendere in loro onore e di appendersi a uno dei rami della Grande Quercia. Sarà l’evento dell’anno!” Il criceto Thimoty non aveva capito niente di ciò che gli aveva detto il gufo Bruno, tranne una cosa, e cioè che su uno dei rami della Grande Quercia si sarebbe appoggiata una grande mela, probabilmente dolce, succosa e matura, e questo non doveva avvenire in sua assenza. Se fosse riuscito ad arrampicarsi fin lì, avrebbe risolto il problema delle scorte di cibo per tutto l’inverno, e forse anche per la primavera.

“Ti ringrazio moltissimo per questa notizia. Sei un vero amico. Sono in debito con te” disse il criceto e scomparve nel buio.

E mentre il nostro piccolo criceto si preparava all’eroica impresa, attorno alla Grande Quercia si stavano radunando i lupi e tutti gli altri animali, anche dai boschi più lontani.

Le foglie variopinte d’autunno, messe in mucchietti lungo la strada, conducevano alla Grande Quercia. Erano le più belle decorazioni matrimoniali.

La coperta di seta arancione del crepuscolo si stava trasformando nella trapunta nera della notte. Sopra, come ricamate con un filo d’oro, brillavano le stelle.

Tutti gli abitanti del bosco con ansia aspettavano che su quella trapunta nera apparisse anche la Mela Dorata. Tutti, tranne uno: il criceto Timothy. Lui, nel profondo della terra, in una delle sue tane, frettolosamente affilava i dentini contro il guscio di una noce.

La Mela Dorata arrivò all’improvviso e con la sua luce quasi accecò il gufo Bruno.

In quel preciso momento, come spinti da un bisogno comune, i lupi presenti protesero i colli verso di Lei e si misero a ululare.

“Mamma mia che frastuono” pensò il criceto Timothy che, sebbene nascosto, riuscì comunque a sentirli. “Che animali stupidi questi lupi, che cosa c’è d’interessante nell’ululare alla luna piena tutta la notte. E’ più bello dormire.” Il lupo Natalino dirigeva il coro e ogni tanto lanciava qualche sguardo fiero verso il figlio Simone, lo sposo.

C’era anche la promessa sposa, la lupa Carolina. Al collo portava la collana fatta di denti di coniglio, che le aveva regalato il futuro marito.

Tutto d’un tratto, nel bel mezzo del loro canto-ululo, la Mela Dorata si staccò dalla trapunta nera della notte e si appese a uno dei rami della Grande Quercia.

Oooh! Si sentiva da tutte le parti. Oooh! A tutti sembrava di poterla toccare, per quanto era vicina. Allo scoiattolo Fil batteva fortissimo il cuore, tanto era emozionato.

I lupi abbassarono i loro colli e in segno di benvenuto e gratitudine si misero a ballare attorno alla Grande Quercia, senza fermarsi nell’ululare. La lupa Sabrina, intanto, portava agli invitati al matrimonio, su vassoi di cortecce d’albero, le prelibatezze autunnali: noci e ghiande per gli scoiattoli, castagne per i cinghiali, acini d’uva per gli uccellini, fichi per gli orsi, funghi per le lumache, pere e cachi per i cerbiatti, e tante altre cose ancora. Il banchetto nuziale poteva iniziare.

Gli ospiti erano talmente occupati a festeggiare e mangiare, che nessuno di loro si accorse del piccolo arruffato criceto che si arrampicava abilmente sulla Grande Quercia.

“Sarai mia, dolce mela! Sarai mia, dolce mela!” ripeteva canticchiando Timothy avvicinandosi sempre di più alla Mela Dorata.

Una volta giunto al ramo su cui era appesa, tenendosi forte con le zampette posteriori per non cadere, ruotando tutto il corpicino come una trottola, in volo diede un morso alla Mela Dorata.

In quel momento un buio più fitto che mai coprì il bosco della Grande Quercia, seguito da un silenzio tombale. Tutti erano spaventati e sorpresi, compreso Timothy. Lui scappò con il cuore in gola, temendo di imbattersi in qualche lupo o orso affamato.

Nella bocca del piccolo criceto brillava la fetta della Mela Dorata, che gli illuminava la strada verso la sua tana, ma lui di questo non si accorse.

Una volta arrivato nella sua tana, sputacchiò il pezzo della Mela Dorata e si mise ad annusarla e a guardarla incuriosito.

“Che cosa ho mangiato perbacco? Questo non assomiglia a una mela! In realtà non profuma nemmeno e non ha alcun sapore. Brilla tanto, è caldo e…” E mentre il nostro Timothy pensava così ad alta voce, nascosto nelle profondità della terra, attorno alla Grande Quercia c’erano ancora tutti gli animali impietriti dalla paura e i loro occhi luccicavano nel buio.

Fu il gufo Bruno il primo a parlare: “Avevo il presentimento che succedesse qualcosa. E’ tutto il giorno che mi prudono gli occhi e questo, di solito, non è un buon segno. E adesso cosa facciamo? Siamo rimasti senza la Mela Dorata.

La leggenda del bosco parla di un Grande buio, dopo il quale la Grande Quercia perderà la sua linfa vitale e con essa anche tutti gli animali del bosco. Dobbiamo riportare la Mela Dorata in cielo prima dell’alba.

Qualcuno di voi ha qualche proposta?” Ha risposto con la voce tremante lo scoiattolo Fil: “Io ho visto chi ha spento la Mela Dorata. E’ stato quel ghiottone di Timothy. Le ha morsicato un pezzettino e poi è scappato. Chissà dove si è ficcato adesso… Però se non gli troviamo qualcosa da mangiare non ci sarà verso di farlo uscire. Lui è un fifone, sempre affamato”.

Nel buio e nel silenzio si sentivano già i rami della Grande Quercia che si seccavano e cadevano per terra. I lupi adesso erano infuriati, annusavano dappertutto cercando di fiutare Timothy.

Scavavano buche da tutte le parti. A loro si aggregarono anche gli orsi e le volpi.

“Calma, tranquillizzatevi animali, cosi non riusciremo mai a trovare Timothy” gridava il gufo Bruno. “Ho un piano. Portate tutta la frutta che è avanzata al banchetto nuziale e mettetela sotto la Grande Quercia. Sarà attratto dal profumo, sono sicura. Però mi raccomando, non toccatelo, ci deve portare indietro il pezzetto della Mela Dorata. Presto, presto, non ci è rimasto molto tempo”.

Stordito da quel profumo intenso, con la pancia vuota che borbottava e deluso dalla sua impresa inutile, Timothy uscì prudente dalla sua tana. Arrivò fino a quel mucchio di frutta che aspettava soltanto lui per essere mangiata. Dopo essersi assicurato che non ci fosse nessuno nelle vicinanze, si mise, come un fulmine, a trasportare tutta la frutta poco per volta, fino all’ultimo pezzo, sotto terra. Proprio nel momento in cui stava per tuffarsi per l’ultima volta e scappare per sempre, una grossa zampa lo schiacciò e lui si lamentò di dolore.

“Dì addio al mondo Timothy, se adesso non ci prometti solennemente che porterai indietro il boccone luminoso. Appartiene alla Mela Dorata!’’ Disse arrabbiato il lupo Natalino.

“Pro-pro-prometto, so-sso-ssolennem-mme-mmeente promet-tt-tto…”, balbettava impaurito il piccolo criceto, “solo lasciatemi andare, vi preeeeego.” Mancava poco all’alba, quando portando tra i dentini il pezzetto della Mela Dorata, il nostro Timothy si arrampicò abilmente sulla Grande Quercia che si stava già seccando ed era quasi completamente spoglia dei suoi rami. Rischiando di cadere nelle fauci del furioso lupo Natalino, Timothy fece un salto e attaccò al volo la parte mancante alla Mela Dorata.

Dopodiché scappò gambe all’aria chissà dove, perché da allora non fu mai più visto nel bosco della Grande Quercia, che nel frattempo si riprese e diventò più verde che mai.

La mela Dorata, da allora, non scese mai più per onorare qualche evento importante.

Bambini, nelle notti serene, guardate bene la Luna. Vedrete che là, dove la morsicò Timothy, le è rimasta una cicatrice.



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