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Una Notte Gelida d’Inverno

Fiaba pubblicata da: chiara

“Quando gli chiesero come fosse nato il suo romanzo, l’uomo seduto di fronte ai suoi interlocutori, accennò prima, un sorrisetto timido, e poi, si passò una mano tra i capelli come chiaro segno di imbarazzo. Dopo alcuni secondi di silenzio e di attesa, rispose dicendo che tutto ebbe inizio in una notte gelida d’inverno….”

“Toc, toc”

Guardai l’orologio, erano le 22 e 30.

Qualcuno continuava a bussare alla nostra porta e mio padre, un po’ stupito e un po’ intimorito, andò ad aprire.

“Perdonatemi se disturbo a quest’ora, ma la mia automobile ha avuto un guasto! Fuori fa molto freddo e con questa bufera di neve non so dove andare!”

Mio padre lo accolse in casa e gli promise assistenza.

L’uomo era alto e slanciato, il suo volto buffo ma interessante, era incorniciato da capelli ondulati nascosti da un cappello stile cow-boy! Il corpo magro era avvolto da un cappotto nero, non troppo lungo, che tendeva a dargli un’aria da intellettuale.

Mia madre nel frattempo incominciò ad apparecchiare la tavola ed io già sapevo che presto si sarebbe riempita del miglior “Cibo degli Dei”: torte Sacher, pasticcini da Tè, cioccolatini pralinati e al vino.

Da bere? Di tutto: dal Tè al caffè fino alla cioccolata in tazza. L’odore del cioccolato cosparse tutta la cucina ed io incominciai ad assaporare quel profumo gradevole che fin dall’antichità sa stuzzicare e risvegliare i sensi.

L’uomo sgranò gli occhi; non poteva certo immaginare che la nostra famiglia possedessse la migliore pasticceria del paese.

“Stella, fai accomodare il nostro ospite mentre io vado a prendere gli altri dolci!”

Quelle parole risuonavano nella mia mente come se fossero state degli ordini di un generale; così nel giro di pochi secondi, presi la migliore sedia che avevamo in casa e mi rivolsi con voce seria e pacata all’uomo misterioso.

“Signor…”

“Angel,mi chiamo Angel Moore “

“Signor Moore se vuole intanto accomodarsi può incominciare a degustare le migliori prelibatezze della nostra pasticceria!”

L’uomo incominciò ad assaggiare i dolci e mentre li assaporava ci “regalava” affermazioni di piacere a tal punto che mia madre non poteva certo sottrarsi dal mostrarsi felice del suo nuovo ospite. Come biasimarla, del resto la cucina era la sua vita, la sua più grande passione.

Quando i miei genitori decisero di andare a dormire io volli rimanere ancora un poco con il signor Moore perché desideravo capire chi fosse e se, soprattutto, potevamo fidarci.

La notte sarebbe rimasto in casa nostra, per andarsene poi ,non appena fosse stata aggiustata la macchina.

“Non mi ha ancora detto come si chiama!” disse lui sorridendo

“Il mio nome è Stella!”

“Ha un bel nome Stella, e…mi dica… cosa fa nella vita?”

“Sono una studentessa universitaria ma spesso aiuto i miei in pasticceria. Lei invece?”

“Ho un lavoro per niente facile ma senza non potrei vivere!”

“Suppongo che lei sia un giornalista, non vorrà mica le nostre ricette segrete!”

“No assolutamente! I vostri dolci sono divini, ma non sono un giornalista!”

“La prego di perdonarmi ma avevo visto nella sua tasca un taccuino, cosa se ne fa?”

Non mi diede molte spiegazioni, ma disse soltanto che soleva definirlo il taccuino di Hemingway. Io lo avrei definito forse Zibaldone ma compresi subito che era un amante della letteratura come me, solo che lui preferiva quella straniera a quella italiana.

Seppi inoltre che era una persona molto religiosa e che pur essendo molto giovane aveva insegnato anche all’università.

Ad un tratto iniziò a fare delle domande su di me e su quali fossero le mie passioni.

Risposi senza troppi indugi che adoravo il cioccolato e che amavo scrivere.

“Vedo che abbiamo qualcosa in comune: la scrittura! A differenza sua però io sono un estimatore del vino. A lei piace bere?”

” A dire la verità bevo poco il vino e conosco solo quello che utilizziamo per il cioccolato”

“Vuole paragonare il sapore del vino a quello del cioccolato? È impossibile! “

“Ognuno di noi , signor Moore , ha una propria sensibilità, un proprio modo di assaporare le cose che ci circondano e di stimolare con questi profumi ricordi in parte assopiti a causa del trascorrere del tempo”

“Mia cara Stella, il vino, a partire dagli Incas, ha due funzioni:quella spirituale, perché avvicina l’uomo a un Essere Supremo (i Romani adoravano il dio Bacco) e funzione sociale perché avvicina l’uomo ai suoi simili. Le vorrei fare un esempio di quest’ultima funzione. Prenda del vino rosso e del cioccolato fondente, sta sera uniremo le nostre passioni!”

Presi, molto incuriosita da questo abbinamento, ciò che mi aveva chiesto e lo guardai mentre preparava i due bicchieri.

“Tenga il bicchiere in mano e, con gli occhi chiusi sciolga lentamente il cioccolatino posto tra la lingua e il palato. Lasci la sua mente sgombra da ogni pensiero e si concentri sul gusto e le sensazioni scaturite. Ora beva un po’ di vino….il gioco è fatto!”

Mentre eseguivo le sue istruzioni sentivo il mondo che mi circondava, scivolare via fino a scomparire perché ormai ero presa da sensazioni nuove, coinvolgenti tanto che ritornai in me solo quando Angel mi sfiorò la mano per riprendere il bicchiere.

Mentre lo riponeva sul tavolo, vidi che al dito della mano destra portava un curioso anello che raffigurava due mani (simbolo di amicizia) che abbracciavano un cuore (simbolo d’amore) sormontato da una corona (cioè la lealtà) .

Disse che il suo nome era Claddagh e proveniva dall’Irlanda e che per lui era un amuleto, un portafortuna.

Guardai l’orologio che fino ad allora avevo preferito far finta che non esistesse, come se avessi avuto il potere di fermare il tempo!

Si era fatto tardi; osservai gli occhi azzurro cielo di Angel che ormai avevo smesso di chiamare signor Moore grazie alla complicità creatasi tra di noi e grazie all’atmosfera che egli e, in parte il vino, erano riusciti a creare.

“Sarà meglio andare a dormire! Buona notte Angel!”

“Buona notte Stella, a domani!”

La mattina seguente mi svegliai più tardi del solito. Mi cambiai velocemente e scesi le scale che separano la camera dalla cucina per salutare il mio nuovo amico; purtroppo non trovai nessuno se non una busta sul tavolo con scritto il mio nome. L’aprii e mi meravigliai di trovarvi l’anello: il suo portafortuna. Lessi il biglietto “Per la mia musa ispiratrice”. Non compresi bene quelle parole finchè non comprai, tre mesi dopo, una rivista in cui era riportato questo articolo: “Angel Moore ritrova la sua ispirazione e il suo nuovo libro La mia Stella è già tra i più venduti . In esclusiva Moore ci rivela a chi è dedicato il racconto […]”

Non riuscivo a credere ai miei occhi: avevo ospitato uno scrittore!

Ad un tratto qualcuno suonò alla porta: era il postino che mi consegnò un pacco. Era il libro di Angel. Con il cuore in tumulto lessi la prima pagina che conteneva solo poche , ma importanti righe: “A Stella, la mia Musa ispiratrice”. Il libro raccontava, in parte, della nostra lunga chiacchierata, del vino, del cioccolato , di noi due e di come “tutto ebbe inizio in una notte gelida d’inverno”.



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