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La bambina e l’orsacchiotto

Fiaba pubblicata da: Graziarelli

E’ appena mattino e non riesco a svegliarmi. Ho tanto sonno. Saltando la colazione e senza accorgermi di essere vestita, mi trovo già fuori dalla porta per avviarmi verso la scuola. Eppure non mi sembra tutto normale o, quantomeno, di ordinario aspetto. Anche i prati che mi circondano hanno un colore verde intenso con miliardi di goccioline di rugiada che riflettono luce come tante stelline.

E’ una giornata di cielo sereno e l’aria ventila brevi soffi, alquanto freschi. Siamo nella prima decade d’aprile e la primavera comincia a mostrare i suoi sorrisi. Indosso una gonna azzurra con una camicia bianca ed un pullover celeste. Ho calzato un berrettino molto raffinato, con brevi tese e un nastrino anch’esso azzurro che gira intorno alla sua base. Così, con i miei libri sottobraccio, mi avvio sul sentiero a tratti inghiaiato, a tratti selciato. Guardandomi intorno ho l’impressione di vedere gli alberi e tutta l’area circostante non proprio come solito; mi sembra di vivere in un mondo diverso.

Dormo o son desta? Non lo so ma continuo a camminare quando, poco più avanti, noto una figura non meglio definibile che si muove all’interno di un filare di siepi. Forse un animale peloso, di piccola taglia e di colore marrone chiaro. Accanto alla siepe giace, con secolare autorità, l’amica quercia che tutte le mattine mi saluta scuotendo le sue foglie. Questa volta però non si muove per forza del vento ma quasi con moto autonomo, agitando insolitamente le sue lunghe braccia verso l’alto. Ad un tratto sento una voce che dice: « Sono triste e angosciato, ho perso la mia mamma e non so più dove cercarla. Aiutami, sono disperato». Non potevo crederci, ma é proprio lui che parla: un orsacchiotto. Che tenerezza. Molto timidamente si avvicina fino a sfiorarmi le mani, appoggiando il musetto sul mio petto, quasi voglia ritrovare l’affetto perduto. Mentre lo accarezzo un’altra voce esclama: «Ciao Valentina, mamma orsa é in pericolo, lo sento! Le foglie dei miei rami più alti percepiscono cattivi odori che provengono da quella parte, dietro la collina. Ci deve essere una grande fabbrica che sporca il cielo e colora di grigio l’erba e le pratoline».

Che sorpresa; anche l’antica quercia parla e la sua profonda voce esce da un nodo scavato al centro del suo tronco. Per la seconda volta mi domando se sono desta o se sono caduta nel mondo dei sogni. L’orsacchiotto dice ancora: « La mamma si era allontanata in cerca di cibo e non ha più fatto ritorno. Ho aspettato tanto ma, il fumo grigio, che usciva dai camini della fabbrica, aveva reso l’aria irrespirabile e così , quasi intontito, sono andato verso il bosco, ma ho avuto paura e mi sono diretto in questa zona. La mamma potrebbe essere morta o ferita, ma la foresta é vasta, troppo grande per me, non ce la faccio da solo». Povero piccolo….non posso abbandonarlo a se stesso e così decido di saltare la scuola e di accompagnare il cucciolo alla ricerca di sua  madre. Mi dispiace rinunciare alle lezioni scolastiche ma il caso dell’orsacchiotto é un problema di vita o di morte. A scuola non sono la prima della classe, ma, comunque brava e perciò posso facilmente compensare l’assenza di un giorno. Prima ancora di incamminarci, la quercia dice: « Fate attenzione durante il vostro cammino. Cercate di stare lontano dalla radura dove stanzia la fabbrica ed evitate di respirare quell’aria velenosa. Qualcosa mi dice che mamma orsa abbia subìto danni a causa dello smog e che, disorientata e  debole, potrebbe giacere svenuta dentro il bosco. Andate a cercarla tra gli alberi dove potrebbe avere trovato temporaneo riparo. Andate, presto!». Seguendo il consiglio della saggia quercia ci avviamo arrampicandoci sulla collina che ci divide dalla larga radura della fabbrica. Arrivati in vetta ci accorgiamo subito del disastro ambientale provocato dallo smog. Infatti il cielo diventa sempre più grigio, man mano che ci avviciniamo e l’aria diventa pericolosamente densa e maleodorante. Forse, in quella fabbrica, producono pneumatici o qualcosa di simile; sicuramente usano, tra le altre cose, prodotti chimici pericolosi. Giunti alla fine della discesa voltiamo verso sinistra per dirigerci dritti verso la fitta foresta e, con tanta volontà, ci mettiamo a cercare qualche traccia o qualche orma lasciate dall’orsa smarrita. Purtroppo, la fabbrica, é il simbolo del progresso, il simbolo della modernità e delle comodità della vita che, però, paghiamo a caro prezzo. Si rovina l’ambiente, si altera l’ossigeno,si procurano danni alla flora e alla fauna, si creano le rischiose condizioni per l’estinzione di specie animali e, se tutto questo non verrà fermato, si rischierà l’estinzione della razza umana. I grandi dicono che si stanno prendendo provvedimenti ma le cose, intanto, non migliorano e siamo tutti molto preoccupati.

Continuiamo ad addentrarci nel bosco, ma, la nostra ricerca, non dà ancora frutti. Ci fermiamo un attimo per riposarci e qui, per fortuna, respiriamo aria buona grazie al quotidiano lavoro degli alberi che, la notte assorbono anidride carbonica e di giorno emettono ossigeno puro. L’orsacchiotto, avvicinandosi verso le mie mani, mi guarda con angoscia e dice: « Perché non riusciamo a trovare la mia mamma, Valentina? Se é vero quello che ha detto nonna quercia, lei potrebbe essere passata troppo vicino alla fabbrica e respirato tanta aria cattiva e velenosa e allora potrebbe essere morta». Ed io: « No, mio caro cucciolo. Non essere così pessimista. Voi siete una specie vivente molto forte e resistente, siete plantigradi. Vedrai che le nostre speranze non saranno deluse». Lui ribadisce: « Certo la specie umana é intelligente, ma non usa questa dote  in  modo giusto e con razionalità . La fabbrica é un esempio». Con alto tono critico, aggiungo: « Noi, esseri umani, con l’intelligenza abbiamo scoperto tante cose importanti per il futuro, ma, invece di sfruttarle per il bene di tutti, vengono usate per distruggere il mondo. Le più belle invenzioni scientifiche della nostra storia, sono state e verranno sempre usate per produrre potere e ricchezza per le tasche di pochi a danno di tanti». E, per concludere questo triste paragrafo, dico: « La mia e la tua generazione sono state colpite da questo scellerato progresso e, così continuando, ci condurrà ad epoche di gravi e pericolose condizioni di vita, rischiando l’irreversibilità e avremo quindi molto da fare. Dovremo riparare i danni delle nostre precedenti generazioni che, per colpa o per distrazione,non hanno salvaguardato il pianeta e il nostro futuro. Cominciamo ad imboccarci le maniche e avanti!». C’é un attimo di pausa durante il quale ci fissiamo negli occhi  senza batter ciglio e, quasi con rassegnazione, ci  incamminiamo su di un nuovo sentiero. Il bosco é esteso e gli  alberi sono così alti e fitti da non far penetrare neanche un raggio di sole,  farcendoci sentire protetti da ogni possibile infiltrazione di smog. L’aria é pulita e ci riempie i polmoni. Dopo circa un chilometro sostiamo nuovamente un momento per riposarci; il sentiero sale ed é faticoso procedere. Il vento sibila lievemente tra gli aceri e gli eucalipti emettendo suoni simili a lamenti, ma uno tra i tanti é vero.  Proviene dal punto più alto dell’erta e quindi, in tutta fretta, corriamo per raggiungerlo. Evviva! E’ mamma orsa! E’ stesa sotto un largo tronco di quercia e respira emettendo sottili lamenti di richiamo. Non é certo in perfette condizioni, ma é viva! L’orsacchiotto corre subito ad abbracciarla cingendola al collo, baciandola ed esclamando ripetutamente: « Mamma, mamma. Svegliati!». Trovo utile fare qualcosa per stimolarla, e quindi apro la mia bottiglietta d’acqua e la verso sul suo viso, bagnandole anche gli occhi. Reagisce cercando il collo della bottiglia e si scola il rimanente, in un solo sorso. Dopo qualche minuto riprende conoscenza e, con una certa fatica, cerca di pronunciare qualche parola. Muovendosi, a destra e poi a sinistra, riesce a sollevarsi appoggiandosi al tronco dell’albero e, ripreso fiato, dice: « Non ne potevo più; stavo soffocando e per un momento ho creduto di morire. Poi sono riuscita a fuggire dalla nuvola grigia e, poco prima di perdere i sensi, ho raggiunto la vetta di questa boscosa collina e, come vedete, sono ancora viva». E poi aggiunge: « Come ti chiami bambina? Mi hai salvato la vita e hai condotto il mio orsacchiotto fino a me. Come potrò mai ringraziarti?». Interviene l’orsacchiotto: « Si chiama Valentina; così l’ha chiamata nonna quercia». Mamma orsa continua: « Non ho nulla da darti se non il mio più profondo sentimento d’amore e di affetto. Sei stata grande e hai dimostrato la tua sensibilità e la tua nobiltà di spirito». Queste parole, meramente sincere, elevano la mia anima al settimo cielo. Non credo di aver fatto tanto,ma, le parole di una madre premurosa , sono il massimo della saggezza e della spontaneità, sono quindi di fronte ad una verità che mi fa tanto onore. Ora dobbiamo pensare a riprendere le nostre strade; dobbiamo quindi salutarci. E pensare che hanno sempre figurato gli orsi come animali feroci e pericolosi. Forse sono così contro chi voglia fargli del male e devono quindi difendersi. Ma, se ci capita di incontrare un orso, che  può apparire innocuo e tranquillo, é  meglio starne lontani, badando a non procurargli fastidio. Purtroppo vedono l’essere umano come un nemico e perciò sono molto prevenuti. Non dimentichiamo che questi plantigradi, a volte goffi e sornioni, sono stati per secoli prede dei cacciatori, che vendevano le loro pellicce e, questa diffidenza verso l’uomo,  potrebbe raffigurarsi come una tara genetica maturata col tempo e radicata nell’istinto dell’animale.

Mamma orsa mi abbraccia e percepisco l’affetto e l’amore materno che, col calore della pelliccia, mi convince della sua completa guarigione. Anche il piccolo cucciolo mi corre incontro e mi abbraccia stretto, stretto. I suoi occhi sprizzano gioia a non finire. Mamma orsa e l’orsetto, auspicando in un prossimo incontro, si avviano addentrandosi nel fitto bosco per poi scomparire lontano.

Tornando indietro mi avvio verso casa e, confesso, non mancano piccole gocce di lacrime sul mio volto. Sono un  po’ dispiaciuta per aver lasciato mamma orsa e il suo cucciolo e, allo stesso tempo, sono felice per aver visto risolversi un grande problema. Sento l’erba frusciare sotto le mie scarpe, sento il venticello che mi sfiora i capelli e sento , purtroppo, rumori che provengono dalla fabbrica, e comincio inoltre a fiutare cattivi odori. Mi accorgo però che, attorno ai capannoni, si sono radunate centinaia di persone che gridano slogan e agitano cartelloni con varie scritte. Poi tutti si legano un fazzoletto intorno alla bocca in modo da non respirare quei veleni. Ad un tratto appare una immensa nuvola  rosa che, adagio, adagio,  prima si mescola col grigio smog,  poi  si adagia sulla fabbrica, coprendo tutta la zona circostante. E’ una nuvola che profuma di speranza e di un colore che ti fa sorridere e pensare al meglio. Che strano! Non mi é mai capitato di assistere a questo insolito fenomeno. Non riesco a proseguire il cammino;  mi sono  incantata. Pochi minuti dopo la nuvola inizia ad alzarsi e, sotto di lei, appare un immenso prato verde, costellato di fiorellini di ogni colore e, tutte le persone che prima  contestavano, sono ora sedute e, allegramente, ridono e cantano. Sembra di ascoltare migliaia di note con melodie di cosmica felicità. Per la terza volta mi chiedo se sono sveglia o se sto sognando. E’ difficile capirlo ,ma sto bene, e non sarei mai voluta andar via da quel luogo incantato. Devo invece avviarmi verso casa. E’ proprio l’orario che, di solito, mi vede tornare da scuola quindi, ai miei genitori, posso non parlare di quello che  è  successo e, il giorno dopo a scuola,  potrei raccontare di aver avuto mal di testa o di pancia. No. Non devo dire bugie. Ho compiuto buone azioni, quindi, la mia assenza da scuola, é più che giustificata. La parte più difficile della vicenda é come far credere che tutto ciò sia veramente accaduto. Mamma e papà mi crederanno? Gli orsi che parlano, la quercia anch’essa loquace quanto preoccupata, la moltitudine di gente che contesta davanti alla fabbrica velenosa, il fumo grigio e maleodorante, e poi l’ immensa e profumata nuvola rosa che ha ripulito il cielo e cancellato quegli enormi capannoni con le loro altissime ciminiere. Il prato, ritornato verde, pieno di fiori e i contestatori sereni e allegri che cantano in coro note di gioia e di speranza.

Mi avvicino a casa e mi trovo già in prossimità della quercia parlante che vedendomi, dice: « Ciao Valentina. L’espressione del tuo volto esprime ottimismo e soddisfazione. Comprendo che tutto è andato a buon fine con l’orsacchiotto che ha ritrovato mamma orsa, sana e felice. Adesso vai; i tuoi ti aspettano, come tutti i giorni e racconta loro quello che hai visto e sentito e ti risponderanno con un bacio e una carezza pieni d’amore». Si, grande quercia; ora vado e con te mi intratterrò più tardi o domani per raccontarti tutti i dettagli. Ciao.

A questo punto intravvedo la porta di casa che, avvicinandomi, s’ingrandisce sempre più e poi……………che sonno! Sono sveglia o son desta? Mi guardo intorno e vedo la mia stanza, quella di sempre, poi mia madre che, facendo capolino sull’uscio, mi chiede di alzarmi e di prepararmi per la scuola. E si; è stato tutto un  sogno, ma così reale, che difficilmente  dimenticherò. Purtroppo tante cose sono vere; il nostro pianeta sta piangendo perché lo stiamo trattando male e dobbiamo cercare di fare qualcosa per salvarlo, tutti insieme, tenendoci per mano e volendoci bene. Rispettandoci l’un l’altro, impareremmo ad amare noi stessi e il mondo. Impareremmo soprattutto a mantenere bella e splendente la nostra grande casa che si chiama “Terra” ed il futuro, per i posteri, sarebbe più sano e più di ricco di buon senso e di buoni insegnamenti.

Ho fatto colazione, prendo la mia cartellina, do un bacio a mio padre e a mia madre, saluto il gattino bianco e, vestita come nel sogno, mi avvio sul viottolo che mi conduce fino a scuola. Guardo bene la quercia secolare e i suoi rami più alti che lasciano vibrare, silenziosamente, le foglie più giovani. Poi sento, tenera e canora, una voce : « Ciao Valentina, che tu possa trascorrere una bellissima giornata  insieme al maestro e ai tuoi compagni di scuola. Racconta loro il tuo sogno e vedrai che rimarranno incantati e contenti. Vi prenderete per mano e canterete in girotondo una bella canzone». Mi volto e vedo, ormai lontano, un orsacchiotto che ha appena lasciato l’ombra della quercia per raggiungere mamma orsa. Anche lui si volta ed agita un braccio in segno di saluto. Rispondo muovendo la mia mano e mi accorgo che anche la quercia agita vistosamente i rami. Questa volta non sto sognando e dopo aver notato, più lontano,  una grande nuvola rosa ,e senza domandarmi chi avesse pronunciato quell’ultima frase, riprendo il   cammino, rapita e conquistata da questo stupendo miracolo della natura, che, gelosamente, conserverò per sempre nel mio cuore.

 



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