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Tutte le fiabe di Gwen

Questa la raccolta personale di Gwen. Puoi contribuire anche tu al progetto "Ti racconto una fiaba" inviando i tuoi testi attraverso l'apposita pagina invia la tua fiaba.

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Giuseppe e Menico

C’erano due contadini, Giuseppe e  Menico, che avevano i loro campi vicini, ma divisi da un filo spinato.

Menico, che era invidioso dei campi fertili e ben lavorati di Giuseppe,  cercava sempre qualche scusa per litigare.

Se una gallina di Giuseppe attraversava il filo spinato, Menico diceva irritato: “Ora le tiro il collo!”

Se una pecora di Giuseppe brucava l’erba del suo campo gridava: “Ora l’ammazzo!”.

Giuseppe e Menico

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Il filosofo e il barcaiuolo

Un barcaiuolo portava in barca un vecchio filosofo.

“Di un po’, Pippo, conosci tu la filosofia?” – chiese ad un tratto il filosofo al giovane marinaio.

“Io? No, non la conosco”.

“Poveretto! Hai perduto la metà della tua vita”.

Dopo alcuni minuti il filosofo chiese ancora:

“Dì, Pippo… E l’astronomia la conosci?”

“Io? No, non la conosco”

Il filosofo e il barcaiuolo

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Il canto dei negri

Lungo le rive del fiume Mississippì si stendono vastissime pianure dove cresce il cotone, una piantina che quando fiorisce, regala ad ogni suo fiore un batuffolo di bambagia, candido, morbido, delicato.

Quando i campi di cotone sono in fioritura sembrano coperti di neve e non se ne vede la fine, tanto sono estesi.

Donne e uomini dalla pelle nera vanno tra quelle piantine sotto il sole ardente, dalla mattina alla sera. Staccano un batuffolo per volta e riempiono sacchi e sacchi, mentre la loro fronte si bagna di sudore.

Quanta fatica!

Il canto dei negri

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Il sole tra i fiori

Ogni tanto, il Sole amava scendere tra i fiori, per ascoltarne i desideri, sentirne le lamentele. E, da bravo principale, scrivere i loro desideri su minuscoli foglietti, che metteva in un portafogli tutto d’oro. Ma quei fiori, che incontentabili! Trovavano da lamentarsi di tutto: uno perchè era troppo piccolo, uno perchè era troppo grande, uno perchè era profumato, uno perchè non lo era…

 

Al povero Sole occorreva una grande pazienza. Però con suo grande stupore, si accorse che un fiore non chiedeva niente e di colore bianco-grigio.

O tu – gli chiese il Sole – perchè non mi domandi niente?

E che cosa dovrei domandare? – rispose il fiorellino.

Non desidero niente di più di quello che ho. Sono così piccolo, che anche il temporale e la falce dei contadini mi risparmiano… Ti assicuro che sto proprio bene.

Il sole tra i fiori

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Tobia

La storia che qui si racconta, è tanto bella! Essa ci fa conoscere il patriarca Tobia e il suo filgiuolo Tobiuzzo: tutti e due buoni e timorati di Dio.

Tobia era un uomo di Israele. Trasportato col suo popolo in schiavitù a Ninive, si conservava fedele all’adorazione del vero Dio, e viveva facendo del bene a quanti più poteva dei suoi infelici fratelli.

Il Signore volle provarlo facendogli perdere la vista; ma egli, rassegnato e sereno, accettò la prova dolorosa.

E il Signore premiò la sua fedeltà. Venne infatti un giorno che Tobia si vide costretto dalla povertà a mandare il figliuolo in lontano paese a farsi pagare dal suo parente Gabelo la somma che gli aveva prestata.

Ed ecco che, per volere di Dio, l’Arcangelo Raffaele, in forma e aspetto d’uomo, accompagna il giovane Tobia, lo salva dai pericoli del viaggio e specialmente dall’essere divorato da un grosso pesce del fiume Tigri. Poi lo aiuta a riscuotere la somma prestata, gli ottiene in isposa Sara figlia di Raquele, parente di Tobia, lo riconduce al padre con la sposa e con grande ricchezza di beni e, col fiele del pesce ucciso, restituisce la vista al vecchio Tobia.

Tobia

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Una lettera pericolosa

Molti e molti anni fa, in Giappone, c’era un ricco signore che aveva molti servi analfabeti. Un giorno disse ad uno di essi: “Prendi questa lettera e và in città a ritirare una spada, che ho acquistato ieri dal venditore.”

Il servo partì di corsa ben felice dell’incarico di fiducia ricevuto dal padrone, ma nell’attraversare un fiume, la lettera si bagnò. Per timore che lo scritto si rovinasse, egli lo stese sopra un sasso e sedette in terra, in attesa che si asciugasse.

Passò di un guerriero, il quale, vedendo la lettera stesa al sole, la lesse e poi gli domandò: “Ma lo sai tu, quello che c’è scritto su questo foglio?”

Una lettera pericolosa

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Storia di un fannullone

C’era una volta un omini piccino, che non aveva volgia di far nulla, proprio quel che si dice nulla. E naturalmente era povero in canna, non aveva casa, non possedeva un soldo e spesso pativa la fame e la sete.

Ma, vedete la pretesa! Egli sognava di far fortuna lo stesso.

Diceva: “C’è tanta gente che fa fortuna senza lavorare! Cerca, cerca, un giorno o l’altro troverò qualcosa anc’io”.

Infatti, un bel giorno, ecco che trovò una noce. E disse tutto contnto: “Se saprò essere accorto, con questa noce diventerò un ricco. Adesso mi metterò a girare il mondo”.

Storia di un fannullone

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Ozio e Lavoro

Un signore, che non curava nè punto nè poco le sue cose, aveva una tenuta che gli rendeva circa cinquecento sterline.

Stretto dai debiti, vendè metà della fattoria e affittò per vent’anni la metà che gli era rimasta, ad un solerte agricoltore.

Venuto il termine dell’affitto, l’agricoltore richiese al gentiluomo se volesse vendere quella parte del terreno che ancora possedeva.

” Come! E voi vorreste comprarlo?”

Domandò meravigliato il signore.

L’agricoltore rispose: ” Perchè no? Se ci troviamo d’accordo.”

Ozio e Lavoro

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La fata dei boschi

Mi è capitato molte volte di camminare per quel sentiero montano e spaventarmi invano di un fruscio causato da un animale, un volo d’uccello o semplicemente dal fuggi fuggi di insetti.

Quel giorno passeggiavo tranquillamente per il solito viottolo sassoso interrotto qua e là da cespugli disordinati d’erbetta secca. Il mio passo era misurato e regolare come se i miei piedi sapessero già dove portarmi, la strada era sempre la stessa da molti anni ormai.

Si, perchè la mia meta era il boschetto vicino al cimitero, di lì passavo per salutare mia nonna e poi proseguivo; a seconda elle stagioni andando in cerca di funghi, bacche, erbe medicinali o castagne.

Il mio respiro era tranquillo, mentre le mie narici assorbivano ogni odore famigliare, facendone fare un’analisi dettagliata alla memoria, che ne etichettava ognuno con un’immagine conosciuta o con un ricordo.

La fata dei boschi

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L’ascensione alla luna

Nonostanete il suo valore, il Barone di Mùnchhausen, durante la guerra contro i Turchi, fu fatto prigioniero. Fu venduto come schiavo e, in tale umiliante condizione, il suo lavoro quotidiano non era molto pesante ma, questo sì, strano e noioso: doveva portare al pascolo, tutte le mattine, le api del sultano.

Una sera, al ritorno dal pascolo, mancava un’ape e il Barone si accorse che era stata assalita da due orsi, che volevano sbranarla per rubarle il miele. Siccome non aveva a portata di mano altra arma che l’accetta d’argento (era questo il distintivo dei giardinieri del sultano) il Barone la scaraventò contro i due orsi. La malcapitata ape riuscì a fuggire, ma l’accetta, per l’incredibile vigore col quale il Barone l’aveva lanciata, andò a finire nella luna.

Come ricuperarla?

L’ascensione alla luna