Il drago e la rosa

Fiaba pubblicata da: ElRubio

C’era una volta una piccola città, incastrata tra le colline e affacciata sul mare. In tutto il regno non esisteva città più bella. Le case avevano i colori dell’arcobaleno, e le strade erano ricoperte di pietre bianche come la neve. Le piazze ospitavano fontane di marmo che zampillavano piogge argentate, e i giardini fiorivano di rose, tulipani, papaveri e orchidee. I mercati erano colmi di spezie provenienti da tutto il mondo. C’erano seta scarlatta e gioielli di ossidiana venata d’oro; il vino era dolce come la primavera, la musica pareva il canto di una sirena, e i manzi, grandi come carrozze, davano carne rossa e deliziosa come il miele.

Le voci sullo splendore di quell’angolo di paradiso arrivavano in tutti i regni, ma giunsero anche nei posti sbagliati. Sulle montagne viveva un drago malvagio, che oltre a bramare ricchezze e potere, aveva un debole per le belle ragazze, e quando venne a sapere che in una piccola città, incastrata tra le colline e affacciata sul mare, vivevano ragazze belle come da nessun’altra parte, decise che la più bella di esse sarebbe diventata sua. Volò discendendo i pendii della montagna come una furia, e quando giunse sulla città, sputò fiamme e ruggì di rabbia così che tutti lo sentissero e avessero timore di lui.

Il sindaco della città, che era un uomo coraggioso, si avvicinò al drago e domandò: «Grande e possente drago, perché porti qui da noi la tua distruzione? Non abbiamo fatto nulla che potesse farti arrabbiare, ma se così è stato, dicci cosa dobbiamo fare per ripagarti del torto subito.».

E il drago disse: «è giunta voce alle mie orecchie che le ragazze della tua città siano le più belle di tutta la regione. E siccome io sono il drago più potente, dovrete sacrificare a me la più bella di tutte. Vi concedo tre giorni per trovarla, dopodiché tornerò e voi me la consegnerete. E vi avverto di non provare a ingannarmi, perché se lo farete la mia rovina calerà su di voi.».

Detto questo, il drago si alzò in volo e se ne andò, lasciando il sindaco solo con il proprio dolore. Perché in cuor suo sapeva che la ragazza più bella della città era sua figlia. Pelle candida come la neve, una pioggia di capelli corvini e occhi verde smeraldo che brillavano come stelle in una notte d’inverno. E quando l’uomo tornò a casa, una lacrima rigava il viso della fanciulla della cui bellezza nessuno aveva mai dubitato.

Fu quella lacrima a convincere il padre a non arrendersi. L’uomo non aveva figli maschi e non sapeva a chi chiedere aiuto, e mentre era intento a riflettere, dalla porta entrò il giardiniere di famiglia, un ragazzo dai capelli neri e le guance talmente sporche di terra che non si distingueva il colore della pelle.

«Ragazzo.» disse il sindaco. «La vita di mia figlia è in pericolo, e sulle mie spalle grava il compito di proteggerla. Solo una persona può sconfiggere il drago, un eroe dei tempi antichi. Trascorre i suoi anni da eremita sulle montagne. Ti affido il compito di trovarlo, e di condurlo qui, così che possa aiutarci a sconfiggere la bestia.».

L’uomo si mise in ginocchio, e il ragazzo, che nella sua vita aveva imparato il valore dell’umiltà, fu impressionato dal quel gesto. Questo gli aprì il cuore e accettò.

Il ragazzo attraversò foreste, guadò fiumi e scalò montagne, senza voltarsi indietro o fermarsi a riposare, finché non giunse alla casa del vecchio eroe. Lo trovò in veranda, seduto su una scricchiolante sedia a dondolo, che fumava la pipa e giocava con la lunga barba bianca arrotolandola intorno a un dito.

Il ragazzo raccontò tutto, dall’arrivo del drago alla richiesta del sindaco. Parlò anche della ragazza, e la descrisse con tanto affetto che mentre parlava gli luccicavano gli occhi.

L’eroe, che lo fissava come se gli stesse studiando l’anima, domandò: «Ragazzo, non è la tua vita ad essere in pericolo. Quindi, perché sei qui?».

«La vita in pericolo non è la mia, ma quella di una ragazza innocente e bella come un fiore, e come un fiore ella è indifesa. E a questo mondo, se coloro che possono fare qualcosa non intervengono per salvare gli indifesi, allora nulla ha più senso.».

Allora l’eroe gli sorrise: «Il tuo cuore è puro come le tue intenzioni. Ma io non posso sconfiggere il drago. Sono vecchio e dolorante, ma c’è qualcosa che possiamo fare. Ho una pozione in grado di ridarmi la giovinezza, ma la berrò solo se tu farai una cosa per me.».

Il ragazzo accettò di buon grado. Il vecchio eroe estrasse dalla camicia una boccetta, non più grande di un pollice, che teneva legata ad una catenina. La stappò e ne bevve il contenuto. Il suo volto iniziò a brillare come se sotto la pelle ci fosse un cielo pieno di stelle. Volute di fumo gli turbinarono intorno. La barba si accorciò, le braccia si gonfiarono, e il cuore iniziò a pompare sangue in un corpo di nuovo muscoloso. Quando tutto finì, l’eroe era di nuovo giovane.

«Ragazzo.» disse l’eroe. «Quello che devi fare per me, è sfidarmi a braccio di ferro, così che io possa ricordare la mia forza.».

Le mani dei due s’incrociarono. Il giardiniere spinse con tutta la forza che aveva in corpo, deciso ad essere di aiuto più che poteva. Spinse così forte che l’eroe presto dovette cedere, e fu il giardiniere a vincere.

L’eroe però non se la prese a male, e ringraziò: «La seconda cosa che devi fare per me, è sfidarmi in una corsa, così che io possa ricordare la mia velocità.».

Allora i due si misero a correre nella foresta. Saltarono radici, evitarono tronchi e attraversarono cespugli, e quando infine tornarono alla casa, fu il giardiniere ad arrivare per primo.

L’eroe lo ringraziò di nuovo, si appoggiò alla sua sedia a dondolo, e la magia fece il suo corso. La barba tornò ad essere bianca, la pelle rugosa, e i muscoli ancora più stanchi e vecchi di quanto non fossero prima. Il giardiniere fissò la nuova trasformazione dell’eroe, e iniziava a disperarsi quando il vecchio parlò.

«Ragazzo, non sono stato del tutto sincero con te. La pozione che ho bevuto mi ha ridato qualche minuto di giovinezza, ma il prezzo da pagare erano gli anni che mi rimanevano da vivere. Non disperare, perché questi minuti sono stati più belli di ogni altro momento che avrei potuto passare su questo mondo, e il merito è anche tuo.».

E allora il ragazzo chiese: «Ma ora chi fermerà il drago?».

L’eroe gli sorrise: «Ho appena conosciuto un ragazzo che è più forte di me, e più veloce di me. Se potevo sconfiggere io il drago, allora può riuscirci anche lui. L’unica cosa che ti chiedo, è di badare alla mia rosa preferita. La tengo in un vaso, che troverai sul tavolo in cucina. Morirebbe, se nessuno se ne prendesse cura. Addio, ragazzo dal cuore d’oro.».

E fu così che il vecchio eroe se ne andò per sempre. Il giardiniere pianse, e piangeva ancora quando prese la rosa che il vecchio gli aveva chiesto di accudire. E quando le sue lacrime bagnarono la terra del vaso, la rosa iniziò a vibrare. I petali diventarono affilate punte d’acciaio, il gambo una lama irta di spine, e le radici l’elsa di quella spada magica.

Il giardiniere sentì scorrere nelle sue vene una nuova forza, una forza lasciatagli in eredità dall’eroe. Tornò di corsa alla sua città e quando arrivò, i tre giorni concessi dal drago erano scaduti, e il mostro era lì a riscuotere il suo premio. La ragazza piangeva, mentre il drago posava gli occhi sulla sua pelle candida, ma il giardiniere si frappose fra loro, e fronteggiò il mostro che gli stava davanti.

I due si affrontarono senza risparmiare colpi, e infine il giardiniere riuscì a trovare un varco nelle difese del suo avversario, e a conficcare la spada nel fianco del mostro. Il drago gridò di dolore, e il ragazzo gli disse: «Drago, non ti ho ferito a morte, ma la spada rimarrà conficcata nel tuo fianco fino alla fine dei tempi, e se tu deciderai ancora di fare del male, le spine cresceranno e ti si conficcheranno più in profondità, così che tu soffra come le tue vittime.».

Il drago, per la prima volta in vita sua, provò terrore. Si alzò in volo e tornò sulle sue montagne. A lungo tentò di liberarsi dalla spada, ma i suoi sforzi furono vani, e ancora oggi si racconta che, passando davanti alla sua grotta, si possa sentire l’eco di strazianti lamenti.

Il sindaco ringraziò il giardiniere, e quando gli chiese cosa volesse in premio per il suo coraggio, egli chiese la mano della giovane che aveva salvato. S’inginocchiò ai piedi di lei, e le giurò che finché avesse avuto fiato in corpo, si sarebbe preso cura di lei, e nulla le sarebbe mai capitato. E la sua determinazione fu un esempio per tutti gli altri uomini della città, e da quel giorno non ci sarebbero più stati indifesi in quel regno, perché chi ne aveva la possibilità, aveva capito di avere anche il dovere di proteggere i più deboli.



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