Vai al contenuto

Tutte le fiabe di marco.ernst

Questa la raccolta personale di marco.ernst. Puoi contribuire anche tu al progetto "Ti racconto una fiaba" inviando i tuoi testi attraverso l'apposita pagina invia la tua fiaba.

leggenda-grande-suricato

La leggenda del grande suricato

C’era una volta…

Ma c’è tuttora, una specie di piccoli mammiferi, i suricati.

I suricati sono piuttosto piccoli, lunghi e con le zampette corte; a loro modo, sono animali felici: mangiano, si riproducono, giocano fra loro, cose semplici, ma che li fanno contenti.

Vivono in famiglie – tribù abbastanza numerose, tutti nella stessa tana sotterranea; alla mattina escono, si stiracchiano, un po’ come fanno gli uomini, ma loro non lo sanno, si scrollano per rimettere a posto il pelo, magari per pulirlo da terra e foglie morte e poi cominciano la loro giornata.

La leggenda del grande suricato

flak-giullare

Flak il giullare

In un regno e in un tempo lontani c’era un re, non diverso dai re di tutti i tempi e di tutti i luoghi. Egli si reputava al di sopra di ogni legge, non solo di quelle scritte, ma anche di quelle dettate dal rispetto per la vita e la dignità del prossimo.

Il re si riteneva padrone di ogni cosa, persona, animale del suo regno che, ovviamente, riteneva il più importante sulla terra. In realtà non era neppure cattivo, ma solo ottuso e talmente pieno di sé da non fare nulla per migliorarsi.

Aveva costruito la sua corte come tutte le corti dei regni dei re stupidi quanto lui.

Sperperava il poco tempo che l’Entità Suprema ci concede, in feste, crapule e banchetti.

Gli piacevano soprattutto quei pranzi che non sono mai mutati dal tempo dei romani fino al rinascimento, pieni di commensali ipocriti e adulatori che per scroccare la partecipazione a un banchetto avrebbero rinnegato i propri avi, e che vengono allietati da ballerine, acrobati, nonché dai lazzi dell’immancabile giullare di corte.

Flak il giullare

lupus-agnus

Lupus et agnus

Superior stabat lupus, inferior agnus”, così iniziava la favola originale di Fedro, ma, da quando furono scritte queste parole, sono passati oltre due millenni, anzi, quasi tre.

Oggi, invece, dopo l’estinzione dell’uomo, gli animali ne hanno preso il posto e, forse, i difetti: parlano, hanno sviluppato il pensiero e ne ripropongono la società.

Questa repentina estinzione di colui al quale l’Entità Suprema aveva dato le chiavi del regno della terra, ha lasciato anche un po’ spiazzata la natura stessa, che non ha saputo adeguare con altrettanta velocità i meccanismi evolutivi.

Lupus et agnus

magia-tarosh

La magia di Tarosh

Ci fu un’epoca meravigliosa, per alcuni, in cui la terra era popolata da creature mitiche: draghi, alberi parlanti e da personaggi straordinari: cavalieri valorosi, principesse, streghe e maghi.

Era un’epoca in cui ogni giorno sembrava nascere solo per scrivere una pagina di storia.

Purtroppo anche in quell’epoca favolosa c’era il male, sì, perché questo è vecchio quanto il mondo, e a causa sua c’erano guerre, sanguinose battaglie, complotti.

E, dunque, c’erano draghi buoni e draghi cattivi, cavalieri del bene e cavalieri oscuri, streghe malvagie e maghi votati al bene.

È proprio di maghi che vogliamo parlare anzi, di un mago in particolare: Tarosh.

Beh, a dire il vero, all’inizio della nostra storia Tarosh era solo un apprendista mago, data la sua giovane età.

Da bambino il piccolo Tarosh era sempre stato affascinato dalle storiche gli raccontava il padre la sera, prima che si addormentasse; storie di cavalieri eroi, di principesse salvate, dell’eterna lotta fra il bene e il male.

La magia di Tarosh

favola-burattino

La favola di un burattino

C’era una volta un vecchio burattinaio che aveva bisogno di burattini nuovi. Ora­mai i bimbi erano stanchi dei soliti personaggi. I suoi personaggi li costrui­va lui stesso: la mano non tremava nello scolpire il legno: né nel cucire i vestiti, né nell’annodare le sottili cordicelle. Così si recò nel bosco e, scelto il pezzo di legno che l’esperienza gli consigliava, se lo portò a casa. Non sapeva, però, che il bosco era incantato e che gli alberi racchiudevano anime dormienti in attesa che qualche evento le ridestasse. Gli era venuto proprio bene quel burattino; forse lo voleva diverso, ma le mani sembravano non ubbidirgli nello scolpire. A risultato ottenuto, però, non ne era scontento: aveva un aspetto ed uno sguardo dolci: ne avrebbe fatto un personaggio per parti da eroe, o comunque da difensore del Bene contro il Male.

La mente gli si schiarì piano piano. non sapeva perché si trovasse lì né chi fosse. Sentiva di essere vivo, di esserlo sempre stato, ma ora provava nuove sensazioni: il calore del sole, il fresco della brezza serale, l’inebriante silenzio delle notti del bosco e il dolce risveglio al canto degli uccelli e del ru­scello. Si guardò le mani, le giunture spigolose, i piedi, ed ogni cosa di sé che riusciva a vedere. Non cercava di capire chi fosse diventato e per quale motivo si trovasse in quelle spoglie: accetta­va la cosa e basta, perché sapeva che così era scritto che doveva es­sere e così era stato.

La favola di un burattino

tartaruga

La tartaruga

Di anni ne aveva parecchi: era un vecchio maschio cattivo ed irascibile.

Portava sulla corazza i segni di cento battaglie combattute e vinte.

Ma neppure la sconfitta degli avversari gli aveva mai dato un attimo di gioia. Combatteva ed uccide­va solo per sfogare la propria rabbia di esistere.

Odiava gli altri perché odiava se stesso.

Ed odiava la vita: nei pochi momenti in cui non era pericoloso e gli si poteva parlare, alcuni animaletti del bosco avevano cercato di convincerlo che la vita è bella e vale la pena di viverla.

La tartaruga

fata-piangeva-perle

La fata che piangeva perle

C’era una volta un villaggio talmente piccolo da non avere neppure un nome: tutti, infatti, lo conoscevano, oramai, semplicemente come “Il villaggio”.

Ma non era sempre stato così: un tempo c’era una fiorente miniera di carbone, con tanta gente che vi lavorava; poi, all’improvviso la miniera si esaurì e i minatori dovettero, per la maggior parte, emigrare.

Chi poté farlo, portò con sé anche la famiglia, ma molti se ne andarono da soli, ripromettendosi di farlo in un secondo tempo: qualcuno lo fece, altri no, altri non tornarono più e di loro nulla più si seppe.

Presso il villaggio non c’era solo la miniera, ma anche una importante segheria che dava lavoro ad operai e taglialegna, ma ben presto anche questa dovette chiudere, poiché si preferiva importare il legname dall’estero.

La fata che piangeva perle

cane-gatto-topo

Il cane, il gatto, il topo

C’era una volta una casa normale, abitata da gente normale, in cui vivevano un cane, un gatto e un topolino, solo che loro non erano del tutto normali, o almeno non lo erano nel modo che noi intendiamo abitualmente.

Infatti questi tre animali domestici, così comuni in tutte le nostre case, contrariamente a ciò che vuole la tradizione e la consuetudine, non si odiavano: anzi, erano dei veri amiconi.

Per quello che riguarda il cane e il gatto, il fatto è che loro erano in grado di parlare la stessa lingua, quindi fra di loro non c’erano problemi di comunicazione.

Il cane, il gatto, il topo

lago-cigni

Il lago dei cigni

In un’oasi incontaminata vivevano, felici, e in armonia, un gruppo di animali che avevano trovato nella loro comunità equilibrio, solidarietà e anche amicizia.

Tutti, tranne uno: un magnifico cigno, tanto bello ed elegante, quanto sprezzante ed isolato dagli altri. Non si sa se la sua fosse protervia o stupidità.

Nessuno può neppure dire se fosse, invece, chiusura di carattere: perché mai deve essere necessario fare gruppo, solidarizzare con gli altri forzatamente? C’è chi trova la propria dimensione nella solitudine e nell’isolamento, chi ama isolarsi per meditare e trovare risposte anche esistenziali.

Il lago dei cigni

come-nascono-bambini

Come nascono i bambini

Prima o dopo succede che tutti i bambini chiedano e vogliano sapere come sono nati: è un lungo viaggio, eccolo.

Tutto comincia il giorno che una mamma e un papà s’innamorano. Si vedono (può essere stato ad una festa, per strada, in ufficio o in discoteca) e i loro cuori iniziano a battere come i bassi di un pezzo di disco – music (Ettunz, ettunz, ettunz…). Poi cominciano, forse per il troppo sangue affluito al cervello, a non capire più nulla: sapete, quelle cose stupide che fanno solo i grandi, tipo disimparare a parlare (picci-picci, cippi-cippi, cicci-cicci, muci-muci ecc. neanche il vostro fratellino piccolo era così scemo prima d’imparare a dire mamma e papà).

Dopo viene la fase peggiore (per fortuna non quella del ritorno ai pannolini): si vanno a sedere su di una panchina al parco, si guardano negli occhi e scoprono che non sanno più pronunciare neppure quelle parole piene di “c”, ora fanno solo dei sospiri pieni di “a”; è proprio una regressione, dopo le consonanti tornano alle sole vocali.

Come nascono i bambini

leggenda-befana

La leggenda della Befana

La notizia della nascita imminente del Salvatore si era sparsa per tutta la Palestina ed anche oltre.

I poveri, gli umili, i bistrattati, ma anche uomini potenti si misero in marcia per andare a Betlemme, dove la famiglia che aveva avuto la fortuna di ricevere l’incarico di mettere al mondo il Cristo fatto persona, si era recata per il censimento.

Andarono pastori con le loro greggi, portando doni: chi un agnello, chi una forma di formaggio di pecora, chi un piccolo sacco di grano, chi un pane appena sfornato nel forno di casa.

Dall’oriente anche tre re, così potenti da essere chiamati Magi, si misero in viaggio a dorso di cammello per andare a rendere il doveroso omaggio a colui che riconoscevano come molto superiore perfino a loro stessi, al loro prestigio e al loro potere.

Erano tre uomini giusti.

La leggenda della Befana

pifferaio-magico

Il pifferaio magico

Questa è una favola quasi vera, perché perfino in una città asettica e a volte disattenta e crudele come Milano, a volte si può ambientare una fiaba se si ha ancora voglia di emozioni semplici e pulite, se si ha voglia di credere nelle cose ingenue, semplici e belle.

Come tutte le fiabe inizia con: “C’era una volta”…

C’era una volta un uomo anziano, ma non così anziano come si potrebbe pensare.

Era un uomo modesto, un pensionato che viveva con un sussidio da fame dopo una vita di lavoro per arricchire altri, ma era pulito, ordinato, sempre sbarbato e con un sogno ed un’arte nel cuore.

Il pifferaio magico