La zanzara ingorda
Fiaba pubblicata da: Alessio Sgrò
Un giorno in piena estate con il caldo che era veramente insopportabile, giravano tutte tranquille due piccole zanzare, ancora molto giovani; alla loro prima esperienza solitaria come succhia sangue. I genitori le avevano lasciate andare perché imparassero a procurarsi il cibo da sole.
Le due approfittarono di una finestra lasciata aperta ed entrarono in una stanza dove stava dormendo un uomo piuttosto grosso, che russava fortemente, e incominciarono a pungerlo per berne il suo sangue.
«Che buono» disse la prima.
«Hai proprio ragione non ho mai bevuto un sangue così dolce» rispose l’altra che era più piccina e ancora più inesperta.
«Dai sbrighiamoci prima che il gigante si svegli, altrimenti poi sono dolori, ricordi cosa ci hanno detto i nostri genitori» esclamò la più grande.
«Sì, certo che me lo ricordo» disse con aria strafottente la piccina «Ragazzi due succhiate a testa e poi via… ma che ci capiscono quei vecchi, grossi e lenti, non abili come noi nel fuggire, snelli e veloci come siamo» continuò a dire.
«Non è vero hanno ragione loro ho sentito di amici finire schiacciati da una ciabatta solo perché avevano bevuto troppo, dai andiamo via, ora basta!».
«No no, voglio fare ancora una succhiata, tanto il grassone dorme come un bisonte, senti come russa».
«Sì ma che sia l’ultima, altrimenti diventa pericoloso, potremmo svegliarlo» esclamò preoccupata l’altra.
«Non ti preoccupare» e con fare sicuro la piccina si avvicinò all’orecchio dell’uomo, dove lo punse più di una volta «Vieni qua lo devi assaggiare, è ancora più buono».
L’altra zanzara anche se impaurita la raggiunse, assaggiò anche lei ma poi disse «Io vado via, è troppo pericoloso» e cosi fece, allontanandosi dall’uomo.
La piccina invece non era mai sazia e puntura dopo puntura, succhiata dopo succhiata diventò gonfia come una mongolfiera, il suo volo ormai si era fatto lento e prevedibile, ma questo non le fece cambiare idea, inutili erano i richiami della più grande.
«Dai vieni via» urlava l’altra zanzara che si era allontanata per portarsi a una distanza di sicurezza «Ormai hai mangiato tanto che ti basta per un mese».
«Ecco un altro poco e ven…» ma non poté finire la frase perché, all’improvviso, l’omone si svegliò e incominciò a sferrare schiaffoni in aria, nel tentativo di colpirla.
«Vedi come è lento il grassone» disse la piccina che sembrava riuscire con facilità a evitare le grandi mani, avvantaggiata però dal buio, i colpi finivano tutti a vuoto, ma appena la luce si accese le cose cambiarono e di molto, e per la povera zanzara si fece sempre più difficile e faticoso scappare.
Quando poi «Eccoti qui, maledetta succhia sangue, che non mi fai dormire in pace la notte» disse l’uomo quando vedendo la zanzara posata sul muro, ormai stremata per il troppo peso che doveva reggere, piena di sangue come era, e non poté far nulla contro l’ultimo colpo che gli si scaraventò addosso.
Così l’altra zanzara dovette far ritorno a casa tutta sola.