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Il ciuchino canterino

Aldo Ciuchino era proprio un asinello tranquillo: era così pacifico, così beato. Mangiava tanto e si faceva lunghe trottate solitarie in giro per la campagna, a godersi i tiepidi raggi del sole osservando nel cielo il volo degli uccelli e le scie degli aerei.

Aldo Ciuchino amava masticare margherite e assopirsi nei campi di papaveri, cullato dal ronzio di un’ape lontana.

Ma non ragliava.

Da che era nato non aveva ragliato nemmeno una volta, nemmeno un raglio timido.

Aldo Ciuchino non emetteva alcun suono. Muto.

Gli altri asinelli della fattoria, perplessi, avevano finito per escluderlo dalla loro combriccola, perché con lui non si poteva far conversazione.

Aldo Ciuchino ne fu molto dispiaciuto, all’inizio: che noia ruminare da solo, che noia passeggiare da solo!

Il ciuchino canterino

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Chi si contenta gode

La comunità di Henriette e Frieda accoglieva tutto l’anno, soprattutto nella stagione invernale, pellegrini e viandanti alla ricerca di un letto e un piatto caldo durante il loro lungo e spesso difficoltoso cammino, minacciato da bande di briganti che si nascondevano nelle foreste e depredavano i malcapitati di passaggio.

Era un edificio grande e austero, che si stagliava contro le montagne, dando l’idea di un cupo maniero.

In realtà al suo interno le sorelle (la comunità era interamente gestita da donne) erano generose e di buon cuore, e si davano da fare per vivere, e aiutare chiunque ne avesse bisogno. Erano una decina, e ognuna di loro svolgeva una specifica mansione, anche se potevano darsi il cambio.

C’era chi si occupava della cucina, chi teneva in ordine la locanda, chi curava l’orto, chi lavava i panni, chi gestiva il sistema di invio e ricezione delle missive, chi accoglieva i nuovi arrivati.

Chi si contenta gode

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Le voci scambiate

Da qualche mese l’omino del tempo si divertiva a giocare dei brutti tiri agli abitanti di Villabella, un ridente paesino sui colli.

L’ultima trovata è stata quella di scambiare le voci.

Una splendida domenica di sole si è improvvisamente annuvolato il cielo e in quattro e quattr’otto è venuto giù un acquazzone spaventoso.

Tutte le famiglie beatamente sedute a godersi il calduccio sulle panchine sono dovute correre a casa, ma non hanno fatto in tempo ad arrivare che erano già bagnate fradice.

Per farla breve, il mattino seguente tutto il paese era a letto con un gran febbrone e senza voce.

La situazione era allarmante perché anche l’unico medico della zona, il dottor Buonauspici, si era beccato un’influenza coi fiocchi.

Le voci scambiate

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Storia del coniglio postino

Bianco era un coniglio molto infelice. Passava le sue giornate nascosto nella tana perché si vergognava a uscire. Era troppo grasso. I suoi amici avevano provato a convincerlo a mettere il naso fuori, ma niente. Bianco era irremovibile. Si faceva raccontare tutte le notizie del bosco da Madama Coccinella, la più pettegola del cespuglio, che aveva sempre gradita occasione per parlare male alle spalle di qualcuno. La spesa gliela portava Barbarillo, il millepiedi tuttofare. Il povero Bianco era ghiotto, anzi, ghiottissimo di miele. Se ne faceva grosse scorpacciate.

Acacia, millefiori, girasole. Era davvero molto strano che un coniglio amasse così tanto il miele, di solito era una cosa da orsi. E infatti era proprio l’orsacchiotto Poldo a procurargli tanti vasetti. Bianco aveva provato a resistere, ma finiva per mettersi a piangere non appena avvertiva una incontenibile  voglia di miele. Sopportava anche gli acuti dolori di pancia. Non poteva rinunciare a tanta dolcezza.

Storia del coniglio postino

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Can che abbaia non morde

Cecilio era un bel cagnone fedele. Già vecchiotto, trascorreva la maggior parte del suo tempo sdraiato nella veranda di casa, accanto alla sedia a dondolo, a dormicchiare o a contemplare la campagna circostante. A volte giocherellava con una pallina di gomma o un pupazzetto nel suo angolino preferito, sotto un’enorme poltrona bianca di vimini.

Cecilio era un cane tranquillo e saggio, non abbaiava mai a sproposito. Osservava le persone e le capiva al volo, per questo andava così d’accordo con Bartolo, il suo padrone.

La mattina di buon’ora lo seguiva nella consueta passeggiata distensiva pre- lavoro, dopodiché si accasciava esausto sul tappeto del salotto, dove la padrona di casa, Berenice, gli portava una bella ciotola di filetto di carne scelta, una prelibatezza da intenditori.

Ultimamente, a causa della vecchiaia, Cecilio aveva perso quasi tutti i denti e il veterinario, dopo una visita attenta e accurata, gli aveva fatto recapitare una dentiera realizzata ad arte da un tecnico canino specialista.

Can che abbaia non morde

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Le sane abitudini

Il signor Evaristo abita ai piedi di una grande montagna dalla quale sgorga un rivolo d’acqua che scendendo si trasforma in un ruscelletto, e poi in un torrente, e poi in un lago.

D’estate i bambini della cittadina si divertono a fare delle brevi gite in barca e a prendere il sole. D’autunno si fanno lunghe passeggiate per ammirare i caldi colori autunnali, d’inverno si va a sciare.

In primavera il signor Evaristo esce la mattina presto e a volte sta fuori casa per tutta la giornata: raccoglie fiori in grande quantità, passa a salutare i vecchietti del circondario, arriva fino al paese a comprare latte fresco, pane appena sfornato, salumi, il suo quotidiano preferito, e a volte anche qualche fetta della deliziosa torta di mele preparata dalla signora Rosa, la pasticciera grassa.

Le sane abitudini

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Le gocce miracolose

Nonno Amilcare era un vecchietto arzillo e con una salute di ferro, sempre allegro e di buon umore. Quando si ammalava, però, si spaventava un sacco e aveva paura di morire, così tutte le volte si incamminava su per una stradina ripida e scoscesa (se fosse stato davvero in punto di morte non ce l’avrebbe fatta) fino a un modesto santuario che stava in cima a una collinetta, e raccomandava la sua anima a una Madonnina piccina piccina, pregava per i nipotini e ritornava giù, senza voler farsi aiutare da nessuno.

Accadde un giorno che Amilcare non riuscì ad alzarsi dal letto perché aveva un terribile mal di schiena. Si fece aiutare da un suo vicino di casa (Amilcare era vedovo, e viveva solo) che lo aiutò a sistemarsi in poltrona e gli diede un’aspirina.

Amilcare provò a sollevarsi dal caldo giaciglio, ma le gambe non lo ressero, gli facevano troppo male.

Le gocce miracolose

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Sulla luna

Due topolini erano ghiotti di formaggio.

Ne mangiavano di ogni genere, ma il loro preferito era di gran lunga il groviera. Lo raccattavano un po’ qua e un po’ là, dove capitava, soprattutto nel retrobottega del droghiere e nel cortile interno della cucina di un ristorante molto rinomato in città.

Era buono soprattutto quando il cuoco lo cucinava assieme all’erba cipollina e alcune strane spezie, e ci faceva le salse da mettere nelle insalate o in qualche piatto esotico.

Accadde però che il ristorante chiuse.

Sulla luna

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Storia del ghiro sveglio

C’è un detto, “dormire come un ghiro”, molto diffuso.

Ma chissà se è poi vero che i ghiri sono così dormiglioni.

Pare proprio di no.

Ad esempio, prendiamo il ghiro Palmiro.

Costui vive nel tronco di un enorme albero secolare. Si nutre di ghiande, noci, nocciole, arachidi, ma anche foglie, è veramente un gran mangione.

È davvero simpatico e un gran lavoratore, a differenza degli altri ghiri suoi amici.

Eh sì, perché mentre questi sono sempre in letargo e chiusi nelle loro tane, il povero Palmiro soffre di insonnia.

Purtroppo, se inizialmente si pensava ad un disturbo dovuto allo stress da cibo

(paura tipica dei ghiri di rimanere senza nulla da mangiare), dopo una serie di meticolosi controlli, il dottor Tasso ha scoperto che si tratta di una patologia congenita.

Storia del ghiro sveglio

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Trasloco

Chi ha detto che cane e gatto non vanno d’accordo?

Tutte sciocchezze.

Si instaurano grandi amicizie anche tra canidi e felini.

Come, d’altronde, tra i protagonisti di questa storia.

Il gatto Gianluca si alzava tutte le mattine con una gran fame.

Trasloco

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Breve storia del Fantasma Formaggino

Nella torre più alta del Castello Magico Diroccato, il Fantasma Formaggino vagava senza pace, solo e pensieroso. Aveva un’aria malinconica e lontana, e si teneva la testa pesante e dolorante (pensava troppo) con la mano, fluttuando a mezz’aria.

Quale onta, quale smacco, quale disdetta essere un fantasma a metà!

Si sentiva incompleto, proprio uno scherzo della natura. Gli altri fantasmi erano nati per terrorizzare le persone, e svolgevano il loro ruolo con orgoglio e impegno.

Formaggino non avrebbe mai potuto spaventare qualcuno con quel nome e quell’aspetto: era piccolo e paffuto, e faceva tenerezza più che paura, simpatia più che terrore.

Breve storia del Fantasma Formaggino

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I Tre Porcellini e la gara di ballo

Ezechiele Lupo era ricoverato al reparto Grandi Ustionati presso l’ospedale San Fulgenzio del bosco di Rivaviva. Fasciato dal muso alle zampe.

Da una ventina di giorni ormai si trovava lì, in quelle condizioni. Quotidianamente il fratello e la paziente signora Giancarla, la sua governante, andavano a trovarlo per imboccarlo e tenergli un po’ di compagnia.

Ruffo il fratello gli portava i giornali, Giancarla gli preparava dei sughetti e delle creme delicate, perché Ezechiele non poteva masticare.

I Tre Porcellini e la gara di ballo