Il custode dell’arcobaleno

Fiaba pubblicata da: Lara

Il custode dell’arcobaleno non è un principe, un cavaliere, un nano valoroso o uno gnomo divertente, bensì un rospo.

Sì, il custode dell’arcobaleno è niente meno che un rospo, un brutto rospo grosso e bulboso che è incaricato di attendere chi giunge alla fine dell’arcobaleno, per coloro che credono nella leggenda.

Per chi non la conosca, la leggenda racconta che, alla fine dell’arcobaleno, quando è possibile capire dove finisca, si trova una pentola piena di monete d’oro, ma in realtà ciò che si può trovare è ben diverso.

Alla fine dell’arcobaleno il custode ha il compito di aspettare chi arriva, grandi e piccoli, nella speranza di trovare qualcosa, anche se non si tratta mai della pentola piena d’oro. Per ricompensarli di credere in quella che, di fatto, è una favola, il custode elargisce loro piccoli doni, un sasso a forma di cuore, un fiore, un bulbo da piantare che diventerà una pianta colorata, una palla per giocare, un aquilone da far volare.

All’inizio tutti coloro che arrivano alla fine dell’arcobaleno restano orripilati dall’aspetto del rospo. Chi si sarebbe mai aspettato che, proprio alla fine del bellissimo arcobaleno, si potesse trovare un custode tanto orrendo?

Eppure, nessuno quando arriva si lascia intimorire dall’aspetto del custode e tutti lo raggiungono, tendendo le mani, sperando in una ricompensa. Se ne vanno senza nemmeno dire grazie, felici che la leggenda sia vera, senza più pensare un attimo al rospo che appare solo quando arriva l’arcobaleno, per il resto del tempo è l’essere più fortunato del mondo, perché vive tra i suoi colori, nel cielo, aspettando che la pioggia e il sole, unendosi in un balletto, rinnovino la magia e facciano scorgere agli umani i colori dell’arcobaleno.

Ma alla lunga quegli sguardi, quelle occhiate incredule, quasi cattive, mentre giudicano il suo aspetto, anche il fatto di non ricevere mai un grazie, hanno fatto pensare il rospo, che si chiede anche perché lui, lui che dell’arcobaleno è il custode, un piccolo regalo per quel servigio, per attendere gli altri che vogliono solo ricevere, non abbia mai avuto neppure una piccola ricompensa.

Certo è magnifico vivere nell’arcobaleno, ma quanto piacerebbe anche a lui avere un piccolo dono!

Sa che è impossibile, i doni sono solamente per coloro che raggiungono la fine dell’arcobaleno, ma giorno e notte non fa che pensare quanto sarebbe bello ricevere qualcosa, anche di piccino, anche di insignificante, ma per lui vorrebbe dire tutto.

Nel frattempo pioggia e sole fanno apparire molti più arcobaleni del solito, ed il rospo sa che il suo desiderio non si avvererà mai. Attende come sempre i bambini e qualche adulto che, nel cuore, è rimasto un fanciullo, e regala loro la ricompensa per aver creduto nella leggenda della fine dell’arcobaleno, ma dentro è sempre più triste e crede che a nessuno importi di lui.

Fino a quando, durante un arcobaleno come molti altri, giunge un ragazzo sempre per avere il dono posto alla fine dell’arcobaleno. In questo caso è una pietra di quarzo rosa e il ragazzo ne è contentissimo. Ma poi, notando l’espressione desolata del rospo, subito si volta e offre a lui quel regalo.

Il rospo rimane interdetto, qualcuno che regala qualcosa a a lui! Eppure, stava accadendo proprio quello. Fissa il ragazzo e vede che gli sorride, tendendo ancora la mano con il quarzo. Allora il custode prende il regalo e con un cenno-non può parlare con chi giunge fin lì-ringrazia il ragazzo, che se ne va contento come se non avesse appena ceduto il suo regalo e forse è proprio la consapevolezza di aver fatto un bella azione a renderlo felice.

Più di tutti è felice il rospo, che per giorni rimirò il suo quarzo, ora aveva anche lui un dono dell’arcobaleno!

Da allora capitò anche altre volte che gli umani gli regalassero i loro doni, insistendo quando il rospo voleva rifiutare. Era giusto che anche il custode dell’arcobaleno, messo lì per consegnare doni a chi ancora aveva il cuore puro per credere nelle fiabe, potesse avere un pizzico di magia dall’arcobaleno e da chi ancora credeva in lui.



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