Lyllo, un piccolo volpino furbacchione, non aveva fatto molta strada quando, improvvisamente, vide dinanzi a sé una graziosa casetta tutta colorata, circondata da un grande giardino.
La casetta era così bella che splendeva di luce. Improvvisamente notò delle scale con una ringhiera dorata e decise di salire i gradini.
Arrivato all’ultimo, si affacciò alla porta d’ingresso. Furbo com’era, si accorse subito che si trattava di una scuola: le pareti bianche, i banchi, la cattedra e la lavagna lo dimostravano.
Nei banchi erano seduti agnellini, orsacchiotti, galletti, coniglietti e maialini, tutti composti e ravviati nei loro grembiulini blu, con gli occhi fissi sul libro aperto.
Sulla cattedra, però, non c’era nessuno.
Lyllo vide in fondo all’aula un banco vuoto, un po’ più piccolo degli altri, e pensò che, se fosse riuscito ad arrivarci senza farsi notare, sarebbe stato salvo. Con astuzia cercò subito di infilarsi dentro, ma gli agnellini lo videro benissimo: voltarono tutti insieme la testa e lo fissarono, senza però dire nulla.
Nel frattempo entrò il maestro: un panda gigante con un enorme paio di occhiali gialli sul naso.
Salì sulla cattedra, aprì il registro e incominciò a fare l’appello, segnando gli assenti. Poi si schiarì la voce e annunciò con fermezza:
— Oggi parleremo di numeri!
A un certo punto, mentre il maestro spiegava la lezione, un piccolo agnellino che stava davanti, nella fila di sinistra, alzò la zampetta:
— Maestro, e se sbaglio?
Il panda lo fissò al di sopra degli occhiali e chiese un po’ spazientito:
— Che cosa intendi?
L’agnellino ribadì:
— Se non riesco a imparare?
— Devi impegnarti! — gridò il maestro.
Il piccolo agnellino si alzò tremando e disse con un filo di voce:
— Ma io ho paura di non farcela…
Il panda allora replicò più pacato:
— Non temere, ognuno impara con i suoi tempi.
Intanto il povero volpino, che era rimasto ad attendere, si massaggiava di tanto in tanto la zampetta che gli faceva male. Finalmente, con imbarazzo, uscì dal banco e si avvicinò.
Il panda miope lo guardò attraverso gli occhiali e balbettò:
— E tu chi sei?
— Mi chiamo Lyllo, maestro, — rispose il piccolo volpino.
— E perché sei qui? — domandò il panda.
— Per imparare, come tutti loro, — disse Lyllo con grande rispetto.
Il maestro lo osservò stupito:
— Sai ripetere la lezione?
Il piccolo volpino, imbarazzato, ripeté tutte le parole che il maestro aveva spiegato. Sapeva proprio tutto!
Gli scolaretti batterono le zampette entusiasti, sperando che restasse con loro: li avrebbe aiutati nei compiti e nelle lezioni.
Il maestro rimase colpito e disse:
— Sei davvero preparato, ma non fai parte di questa scuola.
Lyllo si sentì triste e sconsolato. Poi, sollevando il capo verso l’alto, disse:
— Allora non potrò mai studiare?
Sentendo quelle parole, il panda gigante si commosse e domandò:
— Dimmi, qual è il tuo sogno?
Fu una domanda che nessuno gli aveva mai fatto. Lyllo chinò il capo e rispose con voce esile:
— Vorrei solo imparare.
Il maestro batté la zampa sul registro e dichiarò:
— Bene, allora resterai con noi!
Lyllo, il tenero volpino, capì la situazione e si avviò a testa bassa, zoppicando, mentre i piccoli alunni lo seguivano con simpatia.
— Benvenuto nella nostra classe! — urlò il maestro panda.
Tutti gli alunni applaudirono felici.
Il piccolo volpino si voltò e salutò il maestro con gli occhi lucidi e il cuore colmo di gratitudine.
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