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Lo scoiattolo Gigi a scuola

scoiattolo gigi

Vicino a una scuola elementare c’era un parco enorme con bellissimi alberi secolari. I bambini lo attraversavano spesso per andare a scuola: i più piccoli accompagnati dalle mamme e quelli un po’ più grandicelli da soli. Nel parco, le mamme si fermavano dopo la scuola con i loro figli per chiacchierare un po’ e far giocare e divertire i bambini prima di rientrare a casa.

In un albero di tiglio abitava una famiglia di scoiattoli e, come loro, nel parco vivevano molti altri scoiattoli, diverse specie di uccelli e anche qualche riccio. Ma questa è la storia di uno scoiattolo speciale di nome Gigi. Come già detto, la sua casa era in una cavità di un albero molto antico. Lì si potevano incontrare anche i suoi quattro fratelli e i genitori. Come tutti gli scoiattoli, anche Gigi e la sua famiglia dedicavano la maggior parte del tempo delle loro giornate a raccogliere le ghiande. Ma Gigi era molto attratto dalla scuola, che distava pochi metri da casa. Usciva spesso dal parco e si arrampicava sui muri della scuola fino ad arrivare al davanzale della finestra per guardare con ammirazione dentro. I bambini, seduti ai loro posti, e la maestra, che scriveva con il gessetto sulla lavagna o spiegava, lo affascinavano e incuriosivano.

«Chissà che cosa dice?», si chiedeva Gigi. «Se solo potessi sentire», pensava tristemente.

«Dove vai sempre, fuori dal parco?», gli chiese sua mamma un giorno che l’aveva perso di vista.
«Guardo le lezioni a scuola. Come mi piacerebbe seguirle da dentro», le confidò.
«Ma Gigi, tu sei uno scoiattolo. Noi non frequentiamo la scuola ma raccogliamo le ghiande, te lo sei dimenticato forse?», scherzò la mamma scoiattolo.
«Lo so, però a me quel mondo attira così tanto.»
«Dai, non pensarci più. Unisciti ai tuoi fratelli e cerca le ghiande.»
«Va bene, mamma», rispose rassegnato Gigi.

Ma non riusciva a togliersi quel pensiero dalla testa e andava ancora di nascosto a sbirciare le lezioni. Anche la maestra e gli alunni si erano accorti di lui.
«Quello scoiattolo mi sembra più attento di voi, ragazzi», disse la maestra agli scolari un giorno. «Fa così tanta tenerezza.»
«Lo incontro sempre quando attraverso il parco e mi sembra che fissi sempre il mio zaino», disse Domenico alla maestra.
«Poverino, forse vorrebbe venire a scuola anche lui», disse un altro bambino. «Maestra, possiamo lasciarlo entrare in classe?», chiesero quasi in coro.
«Mmm, veramente non lo so. Dovrei parlare prima con il preside. Non abbiamo mai avuto un animale come alunno», disse la maestra, un po’ imbarazzata.
«Mia mamma dice sempre che gli animali sono più intelligenti e sensibili delle persone», esclamò Rebecca.
«Va bene, Rebecca, non voglio andare fuori tema. Chiederò un parere al preside dopo le lezioni», replicò la maestra.

I bambini iniziarono a bisbigliare tra loro e si intuiva la loro speranza di avere un altro alunno in classe. Uno un po’ particolare.

Quel giorno Domenico, tornando da scuola accompagnato dalla mamma, attraversò il parco come faceva di solito e si fermò a parlare con lo scoiattolo Gigi.
«Ciao, scoiattolo. Io sono Domenico, un alunno della prima A di questa scuola. Ti vediamo sempre che ci osservi dalla finestra.»
«Ciao, Domenico. Io sono lo scoiattolo Gigi. Sì, è vero, mi piace guardare le lezioni. Peccato però che non si riesca a sentire niente da fuori.»
«Sai che oggi abbiamo parlato di te con la maestra? E lei ha promesso che sarebbe andata a chiedere al preside il permesso per lasciarti venire in classe e seguire le lezioni.»
«Veramente?», esclamò lo scoiattolo Gigi, sorpreso.
«Giuro che è vero.»
«Che bella notizia che mi hai dato! Poi mi fai sapere che cosa hanno deciso?», disse allegramente lo scoiattolo Gigi e corse dai genitori a raccontare l’accaduto.

«Ma che cosa vorresti fare a scuola?», gli chiesero stupiti i genitori.
«Vorrei imparare tante cose», rispose convinto.
«E a che cosa ti servirebbero queste cose? Noi siamo scoiattoli: raccogliamo ghiande. Mio papà raccoglieva ghiande e pure mio nonno e bisnonno.»
«Ma io continuerei a raccogliere ghiande. Solo che potrei studiare e imparare tante cose.»
«Roba da matti», mormorò il papà scoiattolo senza farsi sentire.
«Vedremo che cosa diranno la maestra e il preside», disse la madre. Non voleva rispondergli in modo scortese, anche se sperava che dalla scuola dicessero di no.

Quando Gigi si allontanò dai genitori, il papà scoiattolo chiese incredulo alla moglie:
«Ma tu lo manderesti davvero a scuola?»
«Se è quello che vuole, allora dico di sì. I genitori devono permettere ai figli di inseguire i loro sogni; anzi, dovrebbero assecondarli e aiutarli», spiegò la mamma scoiattolo.
«Tu ascolti troppo quelle mamme che si siedono sulle panchine. Cosa mi tocca sentire. Mio figlio che vuole andare a scuola! Magari un altro vorrà suonare la chitarra e la terza fare la ballerina. E io dovrei lasciarli inseguire i loro sogni? Dimmelo tu se è giusto», sbuffò.
«Non disperarti prima del tempo, vedrai che non gli permetteranno di frequentare la scuola.»

Ma la mamma scoiattolo si sbagliava. Il preside aveva acconsentito alla richiesta che lo scoiattolo Gigi potesse seguire le lezioni. Quando si sparse la notizia tra gli altri scoiattoli, questi gli ripetevano:
«Ma tu sei proprio strano: perché vuoi andare a scuola? Che cosa credi di imparare di così importante? E poi non sarai mai più con noi a raccogliere le ghiande?»
«Giuro che troverò il tempo per voi, ma mi piace la scuola e lo studio: non posso farci niente, sono fatto così.»

La mamma e il papà scoiattolo furono chiamati dal preside e dalla maestra per un colloquio. Fu spiegato loro che avevano autorizzato il figlio a frequentare le lezioni, ma dovevano sapere che c’erano delle regole da rispettare: non arrivare in ritardo a scuola, portare uno zainetto con i libri e i quaderni, fare regolarmente i compiti a casa. Poi la maestra spiegò delle riunioni per i genitori e di un gruppo WhatsApp.
«Whats-che? Mai sentito nominare», disse la mamma scoiattolo corrugando la fronte. Allora la maestra spiegò che avrebbero dovuto comprarsi un cellulare, in modo da potersi scambiare i messaggi con gli altri genitori.
«Ma se non so leggere, quali messaggi mi posso scambiare?», disse la mamma scoiattolo, un po’ scocciata.

La maestra e il preside si guardarono imbarazzati e si allontanarono per parlare tra di loro senza farsi sentire. Poi tornarono:
«Sentite, abbiamo deciso che voi potete non partecipare alle chat tra i genitori.»
«E?»
«Però alle riunioni dovrete venire.»
«Pure le riunioni adesso!», protestò il papà scoiattolo.
«Ma raccomanderò di non scegliere voi come rappresentanti di classe», disse sorridendo la maestra.

Mamma e papà scoiattolo salutarono e, uscendo, commentarono le parole per loro strane che avevano sentito in quell’incontro.
«Non ci porterà niente di buono questa scuola… tu e quel discorso sull’inseguire i sogni», borbottò il papà scoiattolo.
«Che cosa dobbiamo fare allora? Dimmelo tu, se sei più intelligente di me», rispose la mamma scoiattolo, un po’ offesa.
«Ti ho detto che non lo so. Adesso bisogna pure sborsare dei soldi per i libri e i quaderni. Povero me!»

Anche se non proprio contenti, la mamma e il papà scoiattolo non fecero vedere a Gigi il loro vero stato d’animo. Comprarono lo zaino, i libri, i quaderni, l’astuccio, le matite e tutto il resto necessario. Lo scoiattolo Gigi sprizzava di gioia: non doveva più fare il clandestino. Sarebbe stato un vero alunno anche lui!

La scuola gli piaceva sia da fuori sia da dentro. La maestra lo mise nel banco insieme a Domenico, visto che si conoscevano già. Gigi non avrebbe deluso né la maestra né il preside. Ascoltava attentamente le spiegazioni, scriveva regolarmente i compiti e si comportava bene in classe. Però, quando tornava a casa, trovava il tempo anche per i suoi amici scoiattoli e con loro raccoglieva le ghiande. Raccontava della vita scolastica, anche se sembrava che agli altri non interessasse più di tanto.
«Vedrai che presto capirai che il tempo che trascorri a scuola è solo tempo sprecato», disse uno scoiattolo saltellando.
«Non sono d’accordo con te, ma cambiamo adesso argomento», rispose Gigi. Non voleva litigare con i suoi amici.

La mamma e il papà scoiattolo si sforzarono di partecipare alle riunioni di classe. Vennero a conoscenza che Gigi era proprio portato per lo studio e si impegnava molto. Loro cercavano di sembrare interessati e contenti.

Così passarono gli anni. Ormai tutti si erano abituati al fatto che Gigi frequentasse la scuola. Un giorno, tornando a casa, Gigi si fermò sbalordito davanti a un cartello appeso al cancello del suo parco. Impallidì e si mise a correre.
«Dobbiamo fare qualcosa, ci distruggeranno il parco!», gridava.
Gli animali lo guardarono stupiti.
«Che cosa stai dicendo? Chi ci distruggerà il parco?»
«Vogliono fare qui un centro commerciale. I lavori inizieranno il mese prossimo», disse, quasi piangendo.
Gli animali, increduli, chiesero:
«Ma chi ti ha detto questa fesseria?»
«Venite con me a vedere.»

Lo seguirono fino al cancello, dove c’era appeso quel cartello.
«Adesso vedete che è vero», disse cupamente lo scoiattolo Gigi.
«Noi veramente non capiamo niente», disse uno di loro.
«Non sappiamo mica leggere», aggiunse un altro scoiattolo.

Solo in quel momento Gigi si ricordò che gli altri scoiattoli non erano in grado di leggere.
«Scusate, non mi è venuto in mente che siete analfabeti. Comunque, qui c’è scritto che il mese prossimo inizieranno i lavori per un nuovo centro commerciale e tutti gli alberi saranno abbattuti», spiegò loro.
«Ma non possono farlo! Bisogna fare qualcosa», urlavano gli animali impauriti.
«Bisogna protestare, andare dal sindaco e parlargli», propose lo scoiattolo più anziano.
«Già. Magari possiamo preparare dei cartelli con la scritta “Giù le mani dal nostro parco” e protestare per le vie del paese. Forse sarà d’accordo con noi anche la gente», disse lo scoiattolo Gigi.
«Buona idea. Ma dovrai scrivere tutto tu, Gigi. Noi non siamo andati a scuola.»
«Non c’è problema», rispose Gigi, tranquillizzandoli.

Chissà come, ma si dimenticava sempre che gli altri animali non erano in grado di leggere e scrivere: per lui era una cosa normale. Così si organizzarono e, con i cartelli in mano, girarono per le vie del centro città. Infine, ottennero di essere ricevuti dal sindaco.
«Ma sono le persone che vogliono un centro commerciale», spiegò il sindaco.
«Ma di sicuro non lo vogliono proprio lì, al posto del nostro parco. Si può trovare una zona migliore. I parchi sono i polmoni della città. La gente già respira tanto smog e gli spazi verdi devono crescere, non diminuire», iniziò a parlare Gigi, ricordandosi una lezione di biologia.

Il sindaco capì che gli animali avevano ragione. Si convinse a bloccare quel progetto e invitò i suoi ideatori a cercare un nuovo posto che non comportasse interventi sugli spazi verdi della città. E così il parco fu salvato grazie allo scoiattolo Gigi, che aveva studiato. Non gli disse più nessuno che la scuola non serviva a niente. È sempre utile avere uno studioso in famiglia.

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