Il signor Boh

Fiaba pubblicata da: cococcia

Mi presento il mio nome è: Boh. Quando cominciai a capire la dura realtà e iniziai a parlare, la mia esistenza tragicomica cominciò a fare il suo corso.

In classe, al parco giochi e nel cortile di casa ero deriso, ero il bambino Boh ….

Mia madre, mamma bambina, senza accorgersi di essere incinta mi partorì in gran segreto. Aveva diciassette anni ed era ancora una ragazzina viziata e giocherellona.

Il giorno in cui nacqui mia madre era sola in ospedale e quando le chiesero come dovessi chiamarmi, lei rispose Boh.

Le infermiere aspettarono il giorno dopo per riproporle la domanda, ma lei che non sapeva come chiamarmi, rispose ancora una volta Boh. Considerando l’importanza del certificato anagrafico, l’impiegata consultandosi con le colleghe decise di registrarmi come Boh.

Quando mia madre, che chiamerò con il suo vero nome Sestina, uscì dall’ospedale vide sul braccialetto che indossavo il nome Boh, si rese conto di come l’avesse fatta grossa.

Pensò, stranamente per la prima volta e si rese conto della sua ingenuità e ignoranza. Come avrebbe potuto un giorno spiegarmi in quale modo e circostanza mi rifilò quel nome. Avrebbe potuto dirmi che ripeteva sempre Boh e l’infermiera alla fine lo prese sul serio quel nome? Sta di fatto che ho passato tutta la vita a essere preso in giro….

L’esperienza peggiore è stata naturalmente a scuola, alle elementari la maestra trovò un modo molto semplice , quando faceva l’appello e quando m’interrogava, pronunciava il mio cognome. Quando ero solo con i miei compagni in giardino, la situazione era spiacevole, ma io facevo sempre finta di niente. Loro mi facevano sempre delle domande difficili alle quali non sapevo rispondere per cui mi veniva spontaneo dire” boh”. E allora tutti a ridere ed io mi allontanavo rosso in faccia con le lacrime che scendevano su quelle guance magrissime.

Sestina, avendo fatto un guaio così grosso non sapeva come uscirne e man mano che  entrambi crescevamo , cercavamo di trovare soluzioni per evitare i piccoli drammi quotidiani.

Sestina in casa mi chiamava Bono come il cantante degli U2,  cantava continuamente le loro canzoni. Mi piaceva molto, ma anche quel nome era strano per cui quando eravamo fuori mi chiamava Amore Mio.

Nel frattempo mia madre oramai una ragazza robusta e forte iniziò a lavorare anche perché i nonni non potevano mantenerci con una misera pensione.

Sestina cominciò a filare con un ragazzo al quale non rivelò mai la mia esistenza. Quando non poteva uscire con Mariano, inventava le peggio scuse.

Un giorno il fidanzato suonò alla porta di casa e quando andai ad aprire la porta e mi vide, pensò fra se che fossi il fratellino. Al mio urlo “mamma ti vogliono alla porta” Mariano divenne bianco che svenne.

Sestina con il grembiule di casa tutto sporco si avvicinò a lui cercando di farlo riprendere, mi chiese di chiamare l’ambulanza ma nel frattempo lui si riprese e dichiarò di stare meglio.

Mia madre a quel punto mi presentò “questo è mio figlio Boh”, sentendo questo nome Mariano fece un sobbalzo e cadde con la faccia sul tavolo! Mia madre sconvolta chiese aiuto ai nonni che erano nella loro stanza e quando uscirono si precitarono dal poveretto tutto insanguinato.

Non fu una cosa semplice farmi accettare da Mariano, ma quando seppe tutta la storia si intenerì così tanto da chiedere in moglie Sestina.

Oramai ragazzetto m’innamorai per la prima volta, la ragazza a cui dichiarai il mio amore scoppiò a ridere, imbarazzato come non mai, gli girai le spalle e con immenso dispiacere mi allontanai, mi sentii il brutto anatroccolo della situazione.

Quel nome era per me un vero disastro e la fantasia sul modificarlo era diventato un gioco. A volte ero Omero, Orazio e Oscar avevo scelto quella lettera iniziale “O” come Ospedale dove ero nato e dove Sestina l’aveva fatta grossa.

Dopo il diploma decisi di andare all’università, Mariano guadagnava molto e questo mi permise di continuare gli studi. Il mio papà acquisito mi amò come fossi suo figlio naturale e mi aiutò a trovare soluzioni e strategie per superare tanti problemi che incontravo quotidianamente.

Mi laureai in Scienze della Formazione a pieni voti e dopo tre anni di dottorato divenni assistente universitario.

Fare l’assistente significava anche insegnare per cui durante le lezioni ad ogni domanda difficile che ponevo mi rispondevano naturalmente “BOH”!



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