Gran Cagnaccio di Roncobilaccio era un cavaliere per costrizione. Il secondogenito dei Roncobilaccio era sempre stato un cavaliere e tale destino era toccato anche a Romualdo. Era chiamato Gran Cagnaccio perché il suo elmo aveva la forma di un cane feroce, ma Romualdo era d’animo buono e poco amava dedicarsi alle attività cavalleresche. Non amava cavalcare, battersi con spada e lancia. Il peso dell’armatura gli provocava insopportabili dolori in inverno e un incontrollabile prurito in estate. Con il passare del tempo, la famiglia perse ogni speranza di ottenere da Gran Cagnaccio un fatto d’armi degno di essere affiancato alle passate glorie degli avi.
Romualdo divenne protagonista di grandi gesti di generosità. Regalò il suo cavallo bianco a un medico zoppo. Così avrebbe raggiunto più velocemente i suoi pazienti. Lasciò la sua spada a un contadino, che aveva rotto la falce e non era più in grado di mietere il grano.
Un giorno molto caldo, Romualdo decise di farsi un bagno nelle acque cristalline di un laghetto di montagna. Quando ritornò a riva, trovò seduta su un sasso, una bellissima donna vestita solo dai suoi lunghissimi capelli blu. – Cavaliere, sei entrato nella mia casa senza chiedermi il permesso. Come dovrei reagire a questa grande scortesia?- Romualdo, di fronte a quella creatura dalla foce gentile , arrossì d’imbarazzo. – Dama, ti prego accetta le mie più profonde scuse. Qui davanti a te, puoi vedere tutte le cose che possiedo. Sono tue. Spero che siano sufficienti per rimediare l’offesa che la mia maleducazione ti ha arrecato. E se non lo fossero, sono tuo schiavo fino a che non avrò ripagato il mio debito.- La Dama non si fece incantare dalle parole dell’uomo ma guardò nel suo profondo. Quello che vide la sorprese. La generosità e la bontà custodite nel suo cuore erano senza fine.
La Dama si tuffò nel laghetto e sparì tra le sue acque cristalline. Romualdo ripresosi dalla sorpresa scoprì che la sua armatura intarsiata d’oro e il suo elmo minaccioso erano scomparsi. Al suo posto trovò un elmo, sul cui cimiero era raffigurato un cane dall’atteggiamento pacifico. Romualdo, pieno di gratitudine per quel dono, si mise l’elmo in testa e si incamminò senza meta.
Ora che il suo corpo non era più oppresso dal peso di quella ingombrante armatura cominciò a godersi meglio il mondo che lo circondava. Il calore del sole era più gentile, il tocco del vento più lieve, i profumi e i suoni della nature più rilassanti. L’elmo, rispetto al precedente, era più leggero.
Un giorno scoprì che il cane che si trovava sul cimiero era vivo. Mentre stava schiacciando un pisolino si svegliò all’improvviso e lo vide correre dietro a una farfalla. Uomo e cane si guardarono perplessi, poi Romualdo allargò le braccia, e il cane festante gli saltò addosso. Da quel giorno divennero amici inseparabili.
Attenzione! Era un’amicizia segreta. Quando c’era gente, il cane era bloccato sul cimiero dell’elmo. Si trasformava in un essere vivente solo quando erano da soli.
Mentre Romualdo viveva queste magnifiche esperienze il regno venne messo a soqquadro dall’arrivo di un furibondo gigante. Il Re temendo per la sicurezza del suo regno gli mandò contro l’ esercito e i suoi più valenti cavalieri. Il gigante senza sforzo li spazzò via e con una furia mai vista mise a ferro e a fuoco tutto il regno.
Il Re rinchiuso nel suo castello non sapeva che pesci pigliare. Un consigliere gli ricordò che nel regno c’era ancora un cavaliere che avrebbe potuto affrontare il gigante. – Si chiama Gran cagnaccio di Roncobilaccio. E’ giovane e inesperto ma grandemente valoroso. La sua timidezza lo ha tenuto lontano dalla fama della gloria.- La corte ascoltato le parole del consigliere esplose in una risata isterica. Il cavaliere era poco conosciuto, non per la timidezza della sua indole, ma perché era un fannullone patentato. Se si doveva sperare in lui per la salvezza del regno non restava che la fuga.
Il Re fu irremovibile, si doveva convocare il cavaliere e obbligarlo a difendere il regno dall’assalto del gigante. L’araldo reale trovò Romualdo sonnecchiare sotto un grande noce. – Il Re ti ordina di difendere il regno dalle prepotenze del malefico gigante. Alzati cavaliere e ricopriti d’onore -. Detto ciò l’araldo consegnò al cavaliere la pergamena con l’ordine reale e se ne andò.
‘Affrontare un gigante? Ma erano forse tutti impazziti? ‘. Romualdo prese le sue poche cose e fuggì a gambe levate. Ma durante la fuga alla paura si sostituì il rimorso. Anche se non lo voleva lui era un cavaliere, aveva giurato di fronte a Dio e agli uomini di difendere i deboli e gli oppressi. Gran Cagnaccio di Roncobilaccio non sarebbe stato ricordato come un vile. Avrebbe affrontato il gigante.
Non fu difficile trovare il suo avversario, la creatura lasciava dietro di sé una visibilissima traccia di distruzione. Dopo un giorno di cammino lo avvistò. Era una creatura umanoide altissima; la testa sfiorava le nubi, il solo respiro alzava da terra mulinelli di polvere. Il corpo era pieno di tagli e in più punti spuntavano frecce e pezzi di lance. La creatura urlava e distruggeva tutto quello con cui veniva a contatto. Con calci e pugni spianava montagne e spostava il corso dei fiumi.
Gran Cagnaccio fu colto nuovamente dalla paura, se pur avesse avuto spada e armatura non sarebbe stato in grado di opporsi a simile potenza della natura. Il gigante lo vide. Gli piantò i suoi occhi di brace addosso. Poi gli andò incontro. La terra tremava come il corpo del cavaliere. – Calmati Romualdo, io farò la guardia al tuo cuore e vi terrò lontano la paura e l’odio . Abbraccia il tuo nemico e comunicagli il grande amore che dorme in te’-. Così parlò il cane che faceva da cimiero all’elmo del cavaliere.
Il gigante cominciò a correre verso il cavaliere preparando un potente pugno con cui eliminarlo . Gran Cagnaccio di Roncobilaccio si lasciò guidare dal suo cimiero. Si mise davanti al gigante e allargò le braccia. La mostruosa creatura impreparata a quello strano gesto perse lo slancio dell’assalto e cadde a terra, provocando un incredibile terremoto. Il cavaliere non si scompose, si avvicinò al suo avversario e gli abbracciò il pollice. Il cane posto come cimiero sull’elmo lanciò un potente ululato.
L’amore che si trovava nel cuore Di Gran Cagnaccio di Roncobilaccio si riversò nel corpo del gigante. Gli occhi della creatura da rosso fuoco divennero di un azzurro infinito. La furia che lo aveva dominato fino a poco prima era scomparsa. Si mise seduto e si guardò attorno. Vedendo tutto il disastro che aveva provocato cominciò a piangere come un neonato. Romualdo passò la giornata a consolarlo.
Fu così che il cavaliere e il gigante divennero grandi amici. Romualdo curò l’immerso corpo del nuovo amico dalle ferite e dal dolore che quella brutta vicenda gli aveva portato. Poi Baldo, così si chiamava il gigante, aiutò Romualdo e gli abitanti del regno a sistemare i danni che aveva provocato.
La creatura non era malvagia. Era giunta nel regno per trovare un luogo dove vivere, ma quando aveva visto arrivare il bellicoso esercito e i feroci cavalieri era stata presa dal panico e aveva risposto all’attacco con la forza della disperazione.
Cagnaccio di Roncobilaccio era rimasto fedele al suo giuramento di difendere i deboli e gli oppressi, lo aveva fatto senza ricorrere all’uso della violenza ma aprendo il suo cuore . Così facendo non non conquistò terre e onori ma qualcosa di più importante, dei veri amici.
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