miele-angeli

Il miele degli angeli

Fiaba pubblicata da: Martina Vecchi

Qualcuno conosce la vera origine degli spaghetti?

Nonna Ortensia, una saggia vecchietta che sapeva tutto, svelò alla nipotina Leofreda la storia dei “capelli d’angelo”, un tipo di spaghetti particolarmente sottile.
Mentre Ortensia preparava il pranzo infatti, Leofreda sembrava molto incuriosita da quella pasta dorata sottile, e la nonna raccontò alla bambina una leggenda sconosciuta ai più.

A Monteveglio, quando non esistevano ancora altri formati di pasta e si mangiavano solo spaghetti, alcuni uomini del paese si riunirono e conclusero che la cifra settimanale da spendere per comprare la pasta era piuttosto alta, ed escogitarono un modo per risparmiare.

–       Trovato!- saltò su Alcide, un ometto basso e tarchiato con il viso rubizzo- si chiamano “capelli d’angelo”? E allora sfruttiamo il nome!-.
–       Cosa intendi dire?- domandò perplesso Orlando, duro d’orecchi e di comprendonio.
–       Ma sì, i capelli d’angelo. Andiamo a caccia di angeli e gli tagliamo i capelli, no?-.
–       Angeli? E come facciamo? Gli angeli stanno in cielo!-.
–       Ma quale cielo! È quello che vogliono farci credere. Mio cugino Giuseppe un mese fa ha trovato delle gran piume nel fienile. Erano piume enormi, bianchissime, quasi luminose. Non erano d’oca, né di gallo, tantomeno di gallina. Durante il giorno le spazzava via, sua moglie le usava per imbottire i cuscini della suocera, sai le dormite? Da quel momento non soffre più di insonnia..Beh la mattina dopo trovava di nuovo il fienile pieno di piume. Allora una notte è salito su per la scala di legno e si è nascosto. A un certo punto sente russare fortissimo, ma forte forte, e vede un enorme coso luminoso rannicchiato nella mangiatoia dei cavalli, con i piedi nudi che penzolano giù. Allora Giuseppe prende il forcone, credeva fosse un ladro, che scemo, e comincia a urlare “Sciò, sciò”! Il poverino si sveglia di soprassalto e vola via. Non era un ladro, era un angelo! Non si capiva esattamente se fosse un angelo o un’angela, insomma, aveva ‘sti capelli biondi lunghi, sottilissimi, praticamente spaghetti, e delle gran ali, ma enormi, mica come quelle alucce spennacchiate degli affreschi, ah no no, delle ali gigantesche, maestose, che poi si chiudono quando dorme, non capisco come faccia a non avere mal di schiena con tutto quel peso, però ci credo che casca dal cielo. Ma non le tolgono mai? Comunque. Una notte, dopo qualche settimana, l’angelo è tornato a ronfare nel fienile e mio cugino zitto zitto gli ha tagliato una ciocca per esaminarla. Sua moglie, non si sa come, ha pensato di cuocerla e beh, non ci crederete, erano proprio buoni!-.
Alcide aveva convinto tutti. Nel giro di una settimana si costituirono delle ronde notturne di paesani maschi armati di forbici. Attendevano tranquilli nel fienile e poi ZAC! via le ciocche bionde. Mai decisione presa in paese fu così conveniente: spaghetti gratis per tutti, e soldi del barbiere (o della parrucchiera) risparmiati per tutto il Paradiso. Mica male, no?
Se non fosse che dopo un po’ gli angeli cominciarono a non vederci chiaro in quella faccenda.
–       Ultimamente- disse pensieroso l’Arcangelo Samuele- mi succede una cosa strana. Quando vado a letto ho i capelli lunghi, e quando la mattina vado a dare la sveglia ai bambini mi ritrovo coi capelli corti! Proprio non riesco a capire. Sarà mica una punizione divina?-.
–       Ohibò- fece l’Arcangelo Raffaele- ti dirò: mi succede la stessa cosa..Va be’ che i capelli crescono in fretta, però…-.
–       Ah, meno male, allora non sono l’unico ad avere il malocchio!- saltò su Gioele il Cherubino.
–       Mi sa che qui qualcuno ci ruba i capelli..- concluse sospettoso Emanuele il Serafino.
–       Per farci cosa, poi….- si domandò Raffaele, quasi tra sé e sé.
–       Mmmh… traffico clandestino..- mormorò l’Arcangelo Michele.
–       Dobbiamo fermarli!- propose allarmato Gioele.
–       E perché? È da un mese che risparmio i soldi del barbiere, e poi il corto mi dona…- si compiacque Agostino,  che era una Virtù.
–       Sì, però non è leale, avrebbero almeno dovuto chiederci il permesso. Con tutta la fatica che facciamo per loro… – si lamentò Flaviano il Trono.
–       Dovremmo cercare quantomeno di trattare. Sì, insomma, di fare uno scambio equo. I nostri capelli in cambio di qualcosa di loro. Non è un’idea così folle.. Anche perché oltre ai capelli sgraffignano anche un sacco di piume. Tra un po’ non potrò più volare..- suggerì timidamente un angioletto custode di nome Alessio, che non aveva ancora aperto bocca.
Parve a tutti la soluzione migliore e per la notte successiva si decise di rimanere svegli nei fienili, e di attendere l’agguato dei paesani.
Il primo a non cadere in trappola fu Camillo, un Angelo, che fece spaventare a morte Alcide: il poveretto si buttò in ginocchio, si fece il segno della croce e cominciò a supplicare Camillo di non mandarlo all’Inferno.
–       Si calmi, non dipende da me- lo rassicurò l’Angelo- e poi c’è ancora tempo. Piuttosto vorrei sapere cosa fate con i nostri capelli-.
–       Beh, ecco, noi… Li mangiamo..- rispose imbarazzato Alcide tormentandosi nervosamente il berretto che si era tolto, strisciando un piede avanti e indietro sul terriccio e guardando in basso.
–       Li mangiate?- domandò divertito Camillo- e mi dica, sono buoni?-.
–       Oh, sì, sono ottimi, soprattutto col sugo e le polpette!-.
–       Beh, mi fa molto piacere, allora-  gongolò l’Angelo.
–       Ma come, lei… Lei non è arrabbiato?-.
–       E perché dovrei, visto che i nostri capelli vi piacciono tanto. E poi da quando non andiamo più dal barbiere abbiamo un sacco di tempo in più per cantare! Sa che ho un coro?-.
–       Un coro?- .
–       Ma sì, un coro angelico. Eravamo noi a cantare quando si è sposata sua figlia!-.
Alcide, emozionato e un po’ confuso, si sentì improvvisamente debitore, e invitò Camillo e gli altri angeli a riunirsi tutti assieme con gli uomini del paese per raggiungere un accordo e ufficializzare il negozio dei capelli.
L’indomani dopo il Vespro, nella piazza del paese, cittadini e creature celesti ( erano presenti tutte e tre le gerarchie) si incontrarono per decidere il da farsi. Alcide parlò a nome di tutti.
–       Ecco, volevamo ringraziare lorsignori Angeli per la loro disponibilità e gentilezza e generosità. Ci sentiamo in dovere di ricambiare in qualche modo. C’è qualcuno dei nostri prodotti alimentari che scarseggia, lassù? Ci farebbe molto piacere regalarvene un po’-.
Dopo un attimo di silenzio prese la parola Tullio la Dominazione, visibilmente imbarazzato:
–       Beh, sì, in effetti ci sarebbe una cosa…- cominciò timidamente, guardando i suoi colleghi, che capirono all’istante- Vede, lassù siamo tutti ghiotti di miele, ma quello che produciamo noi non è proprio, come dire, gustoso, ecco.. Il risultato è sempre una specie di gelatina appiccicosa che… No, no, non vado oltre. Insomma, sappiamo che il vostro paese produce un miele squisito, e sappiamo anche che andate a venderlo alle fiere e ai mercati e alle sagre. I nostri preferiti sarebbero quello di girasole, all’arancia, quello di acacia e quello di eucalipto, sa quello balsamico, d’inverno ci ammaliamo sempre… Non è che per caso ce ne potreste dare un pochino da portare su? Poco poco, sa, siamo piuttosto parsimoniosi.. …-.
I cittadini di Panescuro furono ben lieti di poter deliziare i palati degli angeli con il loro ottimo miele, e si misero subito all’opera per confezionare dei bellissimi vasetti di nettare ambrato e dolce da mandare su.
Alcide, il più furbo di tutti, pensò bene di sfruttare questo episodio per incrementare le vendite sul mercato, e decise di produrre un miele Millefiori da gustare a colazione, e lo chiamò “Miele degli Angeli”. Da quel giorno il paese di Monteveglio divenne molto conosciuto, attirando viaggiatori e pellegrini da tutte le parti del mondo, in cielo e in terra.

–       Senti nonnina, questi spaghetti sono proprio buoni, ma sono capelli d’angelo?- domandò incuriosita Leofreda.
–       Certamente!- rispose Ortensia.
–       E cosa mi dai domattina per colazione?-
–       Sorpresa..- bisbigliò la nonna con aria divertita, tirando fuori dalla dispensa un bel vasetto di miele Millefiori.



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