Stupendella
Fiaba pubblicata da: TERESA AVERTA
Nel lontano 1235 a Monteleone di Calabria, città e roccaforte militare, immersa nella verde collina del territorio calabrese, si ergeva un grande castello che si distingueva da tutte le altre simpatiche casette e casettine.
Nonostante il suo nome strano il castello di Piantomorto era galante, misterioso e affascinante; aveva un aspetto esteriore che ti invogliava ad andare dentro … ad attraversare silenziosamente quelle mura antiche. Chiunque, poteva farci un’immensa e comoda casa con un grande giardino colorato, con una vista mozzafiato … un castello dal cuore immenso che accoglieva tutti. Ma il cuore di Piantomorto era solo il cuore di un castello e non era immenso quanto i sogni di una persona, al contrario era freddo e ghiacciato. Il suo cuore era ghiacciato non per le sue mura, intrise di polvere e antichità, non perché era vuoto e non vi abitava nessuno … ma forse perché conservava nelle sue viscere storia…una leggenda, una strana e meravigliosa leggenda.
Ed era così meraviglioso come la sua leggenda … che la curiosità mi spinse ad entrarci…e timorosa mi trovai davanti a lui come fossi davanti al paradiso: ingresso maestoso, interni ampi, e vetrate classiche tipiche di un castello. Tipica Casa della principessa…che ad ogni ospite voleva farlo sentire come a casa. Beh …con lei era ovunque casa.
Al primo piano c’erano il salotto e la cucina. Il salotto era elegante e perfetto, molto ampio, aveva colori chiari, ricamati in oro come il resto della casa , anche se … non era tutto bianco.
Le pareti erano decorate in beige e oro, arredate con preziosi dipinti d’autore. Anche la cucina era bella e confortevole; la principessa non voleva cambiarla, perché l’aspetto esteriore non le interessava, le piaceva troppo l’atmosfera che produceva calore in quella stanza. Anche quest’ultima era caratterizzata da colori chiari : oro e sfumature di beige. Al secondo piano c’erano le varie camere. La biblioteca era antichissima, con tonalità più scure, e conteneva una ricca collezione di libri e manoscritti introvabili che provenivano da tutto il mondo. Era la stanza che la principessa preferiva, la preferiva anche alla camera da letto. Quella stanza conteneva meraviglie… e dulcis in fundo, la camera da letto, la dolce alcova dei reali, era molto particolare.
Vi era un letto sistemato in mezzo all’enorme stanza e tutt’attorno una bellissima piscina con acqua riscaldata. In un angolo elegante era collocato un grande caminetto che serviva a dare calore e passione nelle freddi notti invernali. Poi al terzo piano c’era un meraviglioso attico, da dove, si poteva ammirare in tutta la sua bellezza, la panoramica mozzafiato della splendida città.
Insomma … quella era la casa dei sogni.
In questo paradiso abitava Stupendella, la principessa di Monteleone, molto amata dal popolo ma anche odiata dai nobili della città, per la sua bellezza e anche la sua stupidità…correva voce che fosse una frana in materia di governo e politica del paese.
Un giorno mentre se ne stava ad aspettare suo padre, il re Sciocchino, e vedendo che non arrivava, si avviò verso il bosco di Pinetina, nella periferia della città. Indossava un bell’abitino azzurro e sorrideva tutta contenta passandosi tra le mani un libricino dalla copertina color argento con su attaccato un fiocco rosa. Era il suo regalo per il compleanno del re che stava per arrivare…
Ed eccolo, apparire in mezzo al bosco e dirigersi verso il grande giardino del castello, saltare i piccoli ruscelli, salutare il grosso cane Nuvola Bianca, e finalmente abbracciare stretta la sua cara figlia, sapendo che non l’avrebbe mai più lasciata … e questa era anche la sua più grande sfortuna perché non riusciva a darla in sposa a nessuno a causa dello strano carattere di Stupendella.
Era stato un viaggio duro, quello del principe Sciocchino, per le floride terre dell’Aspromonte, aveva attraversato il mare degli Dei e i deserti di Cerenzia. Il nostro eroe giunse col suo fido destriero Zampa Stanca, al cospetto dell’imponente castello della sua Monteleone che si ergeva su un variopinto e vivo manto d’erba carezzato dalla rugiada.
Il castello di Piantomorto, dominava il vasto reame incantato dall’alto delle sue quattro torri merlate che culminavano in punte sulle quali sventolavano quattro bandiere colorate che, abbandonandosi ai dolci soffi di Eolo, squarciavano il cielo infinito che avvolgeva il castello.
La struttura lasciava trapelare gli ultimi raggi del sole che lo coccolavano e lo salutavano per accogliere la luna. Anche all’esterno il castello era di una bellezza incantevole: le pareti erano abbracciate da estesi rampicanti e piante di vario genere che spuntavano dal fertile terreno sottostante.
Il vecchio castello era pieno di finestre e finestrelle tutte adorne e protette da preziose cancellate d’oro massiccio, che comunque lasciavano intravedere le delicate tende rosse che si aprivano e chiudevano a ritmo del vento, come una fisarmonica che accompagnava il canto degli uccelli. Il maestoso portone centrale appariva smisurato e strombato e due cavalieri dall’armatura scintillante, professionali tenevano alla larga qualsiasi intruso. Il re non sembrava più ricordare quanto meraviglioso e ricco fosse il suo regno…
E poi si scorgeva dalla torre più alta di Monteleone una vasta terrazza che dava sulla camera della bella principessa Stupendella.
Stupendella si affacciava spesso dalla torre del castello e si dondolava col rischio di cadere, ma lei era coraggiosa e determinata…e saliva fino a lì perché amava il gusto del brivido; spesso si affacciava quando si annoiava ed esclamava tra sé e sé : – che noia qui a palazzo!!! Non succede mai nulla.-
La Regina Terronia, la moglie del re, sebbene buona mamma e donna di giudizio, non riusciva a trattenersi qualche volta dal rimproverarla di essere tanto sciocchina e la povera principessa si mortificava e si disperava.
Un giorno che si era ritirata nel bosco di Pinetina, dove andava spesso a passeggiare, si mise a piangere la sua disgrazia, e mentre era intenta ad asciugarsi le lacrime, vide tutto ad un tratto venire verso di lei un ometto insignificante ma dai modi raffinati. Era il giovane giardiniere, che, essendosi innamorato di lei nel vederne i ritratti che giravano ovunque, aveva lasciato il bosco e la sua terra per andare a lavorare nei giardini del reame del padre per procurarsi il piacere di vederla e di scambiare con lei almeno una parola.
Non gli parve vero d’incontrarla così per caso e senza compagnia; le andò subito incontro col massimo rispetto e con la maggior cortesia immaginabile. Avendo notato, dopo i soliti complimenti, ch’ella era alquanto malinconica, le disse:
– Pare impossibile, Signorina, che una bellissima ragazza come lei dimostri di avere dei dispiaceri così grossi. Sappia che io di ragazze belle ne ho vedute un’infinità ma potrei giurare che una bellezza come la sua non esiste in tutto il mondo!-
– Questo lo dice lei — rispose la principessa— e rimase lì…
– La bellezza veramente — continuò il giardiniere — è un dono così grande e prezioso che dovrebbe bastare anche se non si possiedono altri pregi; quando si possiede quella, si è felici e non c’è posto per le lacrime.-
– A lei pare — disse la principessa — ma a me no!. Pagherei qualunque cosa per essere brutta come lei e avere dello spirito, invece d’esser tanto bella e tanto vuota come mi ritrovo.-
– La più chiara prova che una persona ha spirito è il credere di non averne affatto. — osservò il giardiniere — La caratteristica particolare di un tal dono è precisamente questa: che più uno ne ha, e più non si accorge di averne…
– Tutti bei discorsi! — concluse la principessa
— Intanto io sono stupida, questo lo so di sicuro,e lo dicono anche gli altri e da qui nasce la tristezza che un giorno o l’altro mi farà morire.
– Se fosse tutta qui la causa delle sue amarezze — riprese il giardiniere — niente di più facile per me, signorina dal toglierla da ogni preoccupazione.
– Sentiamo giovanotto come farebbe lei — disse la principessa.
– Ascolti — rispose il giardiniere — io ho la facoltà di trasmettere tutta l’intelligenza che si può desiderare alla persona che amerò più di qualunque altra, e poiché questa persona, mi permetta di dirglielo, è lei, non ha che una parola da dire per acquistare tutto lo spirito che si può avere sulla terra. Basta che acconsenta a sposarmi.
La Principessa rimase confusa e imbarazzata per qualche secondo ma poi scoppiò in una fragorosa risata.
– Vedo bene — aggiunse il giardiniere — che la mia proposta non incontra il suo gradimento, questo non mi fa meraviglia…almeno voglia accettare la mia amicizia.
Tanto poco spirito aveva la principessa e tanta voglia nel tempo stesso di acquistarne, che sul momento s’illuse che forse l’amicizia di quell’uomo fosse servita a migliorarla. E accettò…
Si sentì tutt’altra donna di quella che era prima; le parole le venivano alle labbra con incredibile facilità per dire tutto quello che voleva, e per dirlo in un modo chiaro, elegante e spiritoso. Cominciò anzi immediatamente una conversazione elegante e vivace con il giardiniere, chiacchierò con una tale proprietà, che questi ebbe paura di averle dato anche più spirito di quanto se n’era riservato per sé medesimo.
Quando la principessa fu rientrata al Palazzo, tutta la Corte non sapeva più che cosa pensare di un cambiamento così subitaneo e così prodigioso; poiché così come prima avevano sentito da quella bocca mille sciocchezze inutili, tanto oggi ascoltavano discorsi pieni di buon senso e di acume. Se ne fece in Corte una gran festa, e l’incredibile miracolo si
vociferò anche in paese. L’allegria di tutti era proprio incontenibile …
La sorella minore Artemisia invece, ne fu piuttosto sgomenta, perché essendo brutta e non avendo più, sopra l’altra, il vantaggio dello spirito, capiva di fare accanto a lei la figura di una brutta scimmietta.
Il Re sorpreso e felice prese a seguire in tutto i pareri della figlia maggiore e di tanto in tanto radunava persino il Consiglio dei ministri nell’appartamento di lei…anche i nobili Monteleonesi chiedevano udienza.
La notizia della metamorfosi si sparse in un baleno. Tutti i Principi giovani dei reami vicini fecero fuoco e fiamme per conquistarne l’amore, e quasi tutti la domandarono in matrimonio; ma lei non ne trovava mai uno che avesse abbastanza spirito per meritare la sua mano, e li stava a sentire dal primo all’ultimo senza impegnarsi con alcuno.
Allora la regina Terronia prese in mano la situazione, e prima che la figlia rimanesse zitella, decise di partire per andare a far visita alla cugina duchessa Scopetta di Montecocuzzo che aveva un figlio di statura molto piccola ed era piuttosto brutto, il piccolo duca di nome Troccolo .
La duchessa Scopetta, la madre lo amava molto e si disperava pensando che divenuto grande, nessuna principessa l’avrebbe voluto sposare. Ma il duca era molto intelligente e spiritoso e nessuno sembrava accorgersi della sua bruttezza.
Quando Terronia s’incontrò con sua cugina Scopetta le racconto tutto della figlia e questa le spiegò che ormai era troppo tardi e che l’intelligenza e lo spirito del figlio non erano state qualità sufficienti per darlo in marito ad una donna, specialmente se fosse stata una donna di alto rango. Non c’era più nulla da fare per il duca Troccolo, aveva preso una brutta depressione … e niente e nessuno l’avrebbe aiutato ad uscire dalla prigione in cui si era rinchiuso con le sue stesse mani.
La regina Terronia insistette e raccontò alla cugina che più o meno aveva lo stesso problema con la figlia Stupendella e per lei sarebbe stato un dono speciale che i due si incontrassero e magari si innamorassero.
La madre la duchessa Scopetta era inconsolabile: quale principe avrebbe voluto in moglie una principessa stupida come una zucca?
E la regina Terronia pensò – ah senti chi parla…-
E mentre le nobili donne trattavano sui loro figli e sui loro sentimenti
… sembrava che il destino volesse giocare le carte per loro.
Ad un tratto si sentì bussare alla porta del palazzo, era una vecchia signora e si presentò dicendo di essere la Fortuna … le donne non ebbero il coraggio di chiuderle la porta in faccia…mai chiudere la porta in faccia alla fortuna!!!
Lei, dopo aver ascoltato la storia dei due giovani rampolli, si mosse a compassione, e fece una magia: Stupendella, la principessa la più bella del mondo, avrebbe reso bello come lei chiunque fosse stato oggetto del suo “vero Amore”.
A questo punto ai due giovani nobili non restava che incontrarsi…e questo avvenne poco tempo dopo nel parco del castello di lei, a Monteleone dove li attendeva il popolo curioso e felice.
Come in un sogno Troccolo trovò Stupendella che piangeva nel giardino. Il giovane, nascosto dietro un albero di mele rosse, si innamorò a prima vista della splendida fanciulla. Mantenendosi celato le chiese il perché di tanta disperazione. “Perché sono siocca e tutti scappano”.
Troccolo si ricordò del dono che gli aveva fatto la “vecchia” cioè la Fortuna: l’amava veramente e quindi poteva renderla intelligente.
Tutto allegro e contento stava per dirglielo quando si rese conto che una fanciulla cosi bella non avrebbe accettato di sposare un giovane brutto come lui. Il duca decise quindi di aiutare Stupendella rimanendo nascosto e continuando a farle la Corte.
Man mano che il tempo trascorreva la principessa diveniva intelligente e spiritosa e cominciava ad essere corteggiata da nugoli di pretendenti, nuovamente.
Troccolo osservava tutto e si struggeva e pensava: –la perderò sol perché non gli ho detto la verità . Avrei dovuto essere me stesso! Che peccato…-
Lei in quei giorni era piena di gioia per le attenzioni che riceveva dai suoi nuovi amici ed entusiasta delle nuove cose che ogni giorno scopriva grazie al suo amico sconosciuto. Ma in cuor suo era anche un po’ triste perché lui non voleva mostrarsi e rivelare la sua vera identità.
Allora Stupendella si armò di coraggio, del resto era stata sempre una ragazza che amava rischiare…e riuscì a scoprire dove si nascondeva Troccolo e finalmente lo vide in volto.
“Ora fuggirai da me, lo so!” si lamentava il piccolo e brutto duca, ma Stupendella invece di fuggire via come lui si sarebbe aspettato, sorrise, lo prese per mano, gli sollevò il viso e lo bacio.
–Io ti amo, mio dolce sposo – gli sussurrò dolcemente – e non per il tuo aspetto ma per il tuo Cuore … in tutto questo tempo che non ho potuto vederti ho conosciuto la tua anima che non potrei cambiare con l’uomo più bello di questo reame … la bellezza prima o poi sfiorisce.. ma l’anima non muore mai resta sempre giovane … ed ora entriamo nel nostro castello che mi appariva vuoto … perché era bello ma senza Amore.
E vissero felici nel castello di Monteleone e quel giardino dove avvenne l’incantesimo del loro amore lo chiamarono: il Giardino sul mare… e ancora oggi esiste la Torre del castello da dove gli innamorati si affacciano e ricordano questa fantastica leggenda.