La rosa senza primavera

Fiaba pubblicata da: barbara cerrone

C’era  una volta una rosa bellissima che viveva nel rigoglioso giardino di una casa ai margini del bosco.

Questa rosa aveva anche un nome: Lucrezia, gliel’aveva dato una bambina che abitava non lontano da lì e  che ogni giorno la veniva a trovare.

La rosa Lucrezia era la ventesima figlia di una bella pianta che aveva circa sei anni e godeva di ottima salute, curata com’era dal proprietario  della casa, un  anziano giardiniere  che amava tanto i fiori e li curava con infinito amore.

Quell’inverno  Lucrezia se ne stava zitta e buona in attesa della primavera come ogni anno, il freddo era stato intenso e non vedeva l’ora di rimettere un po’ di petali e sorridere al nuovo sole.

“Quando arriverà la nostra amica Primavera  ci riscalderà tutte di nuovo, e allora vedrete che festa!” diceva sempre alle sorelle infreddolite.

Tutto il giardino attendeva la bella stagione  con ansia: la neve , coprendolo, lo aveva piegato al suo rigore e il ghiaccio durante le lunghe notti si era posato spesso  sulle foglie intirizzite delle piante.

Quando  marzo finalmente arrivò  l’alba del ventunesimo giorno spuntò come un miracolo, rosea e trasparente all’orizzonte.

“Eccola, eccola! La primavera è qui!” gridarono in coro le rose in preda all’euforia.

“Eccola, sì, è lei! Sentite questo tepore? E’ proprio lei!” gli fecero eco le margherite.

Piano piano, una ad una, tutte le piante si svegliarono dal loro torpore: sbadigliavano stirando le foglioline e lo stelo,  mentre  le corolle  si preparavano a ricevere il sole.

Passò marzo e anche aprile, le sorelle di Lucrezia avevano già indossato gli abiti primaverili,  tanti nuovi petali  facevano a gara per spuntare e mostrarsi nella loro fresca bellezza.

Lucrezia, invece, non ne aveva ancora messo neanche uno.

“Siamo a maggio, è il mese delle rose e io  non  ho ancora i miei nuovi petali, come mai?” si chiedeva  preoccupata.

Passarono altri giorni, venti, per la precisione. Faceva caldo, il giardino era tutto un rigoglio di foglie, fiori, colori e profumi ma Lucrezia aveva ancora l’abito invernale.

“Lucrezina mia, non angustiarti!” diceva mamma rosa alla figlia.”Vedrai che presto metterai nuovi petali anche tu! Non è mai successo che madama Primavera ti lasciasse così, senza il vestitino di stagione.”

“Mamma, “replicava Lucrezia,” so che vuoi consolarmi ma io non sono stupida: vedo le mie sorelle tutte bardate a festa per la bella stagione e io sono ancora in abiti invernali. C’è qualcosa che non va. Forse la signora Primavera ce l’ha con me?”

“Ma no, ma no, figlia mia cosa ti salta in testa? Si tratta certamente di un disguido,  o magari non sei molto in forma..te lo dicevo sempre, lo scorso inverno: prendi i sali minerali dal terreno se vuoi star bene! Eh, questi figli, vorrebbero  avere tanti  bei petali e poi non mangiano abbastanza.”

Lucrezia, però, non era convinta e ogni giorno che passava diventava sempre più triste.

Trascorse un altro mese,  e la povera rosellina non aveva ancora messo i petali.

“Mamma, ho paura che si tratti  di un incantesimo,” disse un giorno Lucrezia,”  chiedi  all’ape messaggera  di chiamare la fata dei fiori  che sicuramente saprà cosa fare.”

“Certo, spargo subito tutto il mio profumo, così capirà che è urgente.”

L’ape messaggera  non pose tempo in mezzo:  volò immediatamente da fata Fioralia.

Era, quest’ultima, una fata un po’ pigra, dormiva quasi sempre all’ombra di un bellissimo glicine arrampicato sul muro di un castello, ma quando la messaggera  la raggiunse capì immediatamente che la faccenda era urgente:  prese la borsa da lavoro con tutti gli attrezzi per togliere gli incantesimi, poi  si fece piccola piccola come un moscerino e salì sul dorso di Maddalena che la portò in un battibaleno nel giardino di rosa Lucrezia.

Trovò la rosa in uno stato di profonda prostrazione.

“Rosellina mia, coraggio: c’è qui fata Fioralia che risolve tutti i guai” disse.

“Sì, ti prego!” esclamò Lucrezia.” Io non ho ancora messo i petali, temo di esser vittima di un’incantesimo. Aiutami tu!”

Fata Fioralia prese la sua lente trovaincantesimi e con quella esaminò da vicino la rosa.

“Hum, non mi pare ci siano incantesimi qui. No, il motivo è un altro.”

“E quale, quale?” chiese Lucrezia.

“Qui c’è di mezzo il caratterino di madama Primavera, lo sento. Sai com’è fatta, no? Basta un nulla perché si adombri. Devi averla offesa in qualche modo, pensaci bene.”

“IOOO? E quando? Come? E’ impossibile, sono sempre stata gentile con lei.”

“Riflettici su, figliola, perché io non vedo altro motivo. E ora, se non ti dispiace, torno al mio pisolino: ho tanto sonno!”

Lucrezia era disperata: in che modo poteva aver  fatto arrabbiare così tanto quella pazzerella della Primavera? Proprio non lo sapeva.

“Sentito, mamma? Te l’avevo detto: madama Primavera ce l’ha con me. E ora che si fa?”

“Non c’è altro da fare: bisogna parlare con madama Primavera. Ci penso io. Dico alla farfalla Ginevra di portarla qui,  è sua amica  e di sicuro madama non farà storie se  sarà lei a chiederle di venire qui.”

L a farfalla Ginevra  infatti era molto amica di madama Primavera,  spesso andava a casa sua, nel pomeriggio,  a far due chiacchiere davanti a una tazza di buon nettare.

La Primavera abitava in un luogo molto impervio che solo chi aveva le ali poteva raggiungere.

Quel giorno però la signora non era in casa, era andata a trovare i fiori neonati  e non sapeva a che ora sarebbe tornata,  come diceva il biglietto attaccato alla porta.

Ginevra, allora, per ingannare l’attesa andò in giro a volare qua e là nei campi vicini, e ci mancò poco che non si perdesse, quella sventatella!

Quando finalmente madama Primavera rientrò aveva il vestito tutto sporco di polline.

“Oh, chi si vede! La mia cara amica…qual buon zefiro ti porta?” chiese la Primavera.

“Sono qui perché c’è un’emergenza, “ rispose Ginevra,”  dovresti andare a trovare la mamma  della  rosa  Lucrezia. E’ in pena per la figlia. Ti prego, vai subito!”

“Sono stanca ed è tardi, ma dato che ci tieni tanto…va bene,  prima  però lascia che mi tolga il polline dal vestito.”

Arrivarono nel giardino che era quasi il tramonto.

“Signora, “ esordì la madre di Lucrezia,” l’ho fatta chiamare perché, come puo’ vedere,  tutte le rose mie figlie sono fiorite e belle, solo Lucrezia non ha ancora i suoi petali. Fata Fioralia ci ha detto che non si tratta di un incantesimo e che questo succede  perché lei è arrabbiata con la mia bambina. “

”E’ così.  Lucrezia si è macchiata di una grave colpa” rispose Primavera con tono austero.

“Colpa? La mia bambina? E quale?”

“Colpa, colpa…” sussurravano  le rose.

“ Colpa. Il ventuno marzo dell’anno scorso, durante la mia festa, mi ha offesa: mentre tutti i fiori cantavano e gioivano per il mio arrivo ho sorpreso Lucrezia a dormire. Dormire, capisce? Durante la mia festa!”

“Oh, è per questo! La perdoni, signora,  è così giovane! Di sicuro non l’ha fatto apposta.”

“Mi ha offesa, mi ha offesa e basta. “

“E non si puo’ rimediare?”

“Hum, ci sarebbe un modo…se Lucrezia acconsente. Dovrebbe farsi recidere.”

“Recidere, recidere…” gridarono  le rose, spaventate.

“Sì, recidere ma non c’è da preoccuparsi,  poi potrebbe  rinascere più bella e rigogliosa che mai e con tanti petali. Recidere per essere donata a una bambina che in questo momento è molto malata.”

“Che se ne fa una bambina di una rosa che non è fiorita?”

“Questo è affar mio. Lucrezia deve solo dire se accetta.”

“E chi dirà all’umano che ci cura di reciderla proprio ora?”

“Ci penseranno le mie fate a soffiargli nell’orecchio quest’idea.  Lucrezia, accetti?”

Lucrezia fece segno di sì, chinando il fusto.

La mattina seguente, il  vecchio giardiniere  si svegliò con una gran voglia di potare proprio quella  rosa che non era fiorita, prese un bel paio di cesoie e andò dritto dritto a prendere Lucrezia.

Passava di lì la mamma della bambina ammalata.

“Che bel giardino! Ma quella povera  rosa? Se la butta via la prendo io, per la mia bambina: ama tanto i fiori, sa? Ora sta male, le farà piacere averla sul comodino, anche se non ha i petali.”

Non appena fu deposta sul comodino della bimba la rosa Lucrezia, con grande meraviglia di tutti,  fiorì  e anche la bambina dopo due giorni guarì completamente.

Lucrezia  fu poi piantata nel giardino di quella famiglia, dove crebbe rigogliosa e felice grazie alle cure amorevoli della sua nuova amica.

Frattanto anche  il fusto reciso cresceva  a vista d’occhio,  in capo a pochi giorni  una nuova Lucrezia, bellissima e piena di petali, spuntò  più radiosa che mai nel giardino.

“ E’ fiorita, è fiorita!” cantavano le rose in coro.” Anche Lucrezia ora ha la sua primavera.”



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