La moneta del diavolo

Fiaba pubblicata da: Carlo-Maria Negri

Lungo una via ghiacciata dal gelo, un giorno un vecchio mendicante ricevette una moneta da uno sconosciuto. Tintinnava dentro il barattolo vuoto, come a dire: “Ehi! sono qui, prendimi!”

Il vecchio la raccolse. Avrebbe voluto ringraziare quel signore. “Dio ti benedica!”, gli avrebbe detto. Ma ormai quell’uomo era già lontano; così lontano da non sembrare vero.

La moneta, però, era reale. D’oro zecchino, gli dicevano i denti. E tintinnava e tintinnava, rotolando dal barattolo fino alle sue dita segnate dalla miseria.

“Con questa moneta mangerò per giorni; mi laverò e dormirò lontano dalla strada”, si diceva il vecchio.

Così strinse nel pugno il suo tesoro, si diresse dal fornaio e disse: “Preparami quanto più pane puoi, ti pagherò con questa moneta”.

Il fornaio si strinse il cappello in mano: non aveva mai visto prima di allora una moneta d’oro. E cominciò a lavorare, ad impastare ed accendere un bel fuoco.

Poi, d’un tratto, al vecchio venne in mente una cosa: “E se spendo tutto in pane? a me cosa resta?” E scappò via, senza il suo pane.

Nel pugno aveva ancora il suo oro. E d’improvviso al vecchio venne molto freddo. Così si diresse dall’altra parte della via, dove c’era una calda locanda. Bussò, entrò; l’oste vide un vecchio mendicante con in mano una moneta d’oro zecchino.

“Dammi la tua stanza migliore e un camino acceso. Preparami un bagno caldo ed io ti ripagherò con questa”.

L’oste guardò la moneta appoggiata sulla mano sporca del vecchio. Tintinnava a modo suo, come a dire: “Ehi! sono qui, prendimi!” E stava quasi per afferrargliela, quando il vecchio la ritrasse di scatto, e disse: “Prima la stanza!”

Così l’oste ordinò al garzone di fare tutto ciò che il vecchio chiedeva. E il giovane cominciò a lavorare: prese l’acqua da scaldare, rassettò la stanza e accese un bel fuoco.

E poi, ancora una volta, al vecchio venne in mente che se avesse speso tutto non gli sarebbe rimasto più niente in mano. E se ne andò, lasciando il garzone solo nella stanza.

Il vecchio ritornò lungo la via. In mano stringeva ancora il suo tesoro. E d’un tratto lo sorprese una forte tosse.

Un colpo di tosse, un altro e un altro ancora: il torace gli duoleva. “Mi serve un dottore” si diceva. E si diresse al di là della via ghiacciata. Bussò alla porta e un medico, vedendolo così mal concio, lo fece accomodare in casa.

“Sto male, ma posso pagarti. Guariscimi, ti prego” implorò il mendicante.

Il dottore guardò la moneta, che sembrava dire: “Ehi! sono qui, prendimi!”

Così il dottore fece sdraiare il vecchio sul letto. Lo svestì per pulirlo, gli diede del pane e gli accese un bel fuoco nel camino. Quand’ecco che il vecchio pensò: “E una volta guarito, cosa mi rimane?”

Il vecchio stringeva ancora in mano il suo oro. Ma da quel letto non si sarebbe mai più alzato. Piano piano la sua mano cominciò ad aprirsi, facendo cadere per terra la moneta che tintinnava e tintinnava a suo modo. E mentre cadeva rotolava in mezzo al fuoco che ardeva e sembrava dire: “Ehi! sono qui, prendimi!”

 

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