C’era una volta un piccolo vento di nome Brizio, nato in una nuvola grigia sopra le colline.
Appena venuto al mondo, Brizio non riusciva mai a stare fermo. Soffiava, correva, girava vorticoso tra gli alberi e, più qualcuno gli diceva di calmarsi, più lui si agitava.
«Non riesco a fermarmi!» gridava rimbalzando tra le foglie. «Mi sento pieno di energia, come se dentro di me ci fosse un tamburo che batte!»
Gli altri venti lo guardavano scuotendo la testa.
«Attento, piccolo», lo ammonì Maestro Scirocco, un vecchio vento saggio che portava il calore dal deserto. «Se non impari a conoscere ciò che provi, finirai per far male a qualcuno.»
Ma Brizio rise, scompigliando la chioma di un salice e facendo volare via il cappello di un contadino.
«Io non voglio fare male! Voglio solo muovermi!»
E così continuò.
Ogni volta che si arrabbiava, soffiava forte. Ogni volta che era triste, si nascondeva dietro le montagne. E quando era felice, sollevava aquiloni, foglie e risate.
Solo che, a forza di soffiare, un giorno combinò un guaio davvero grosso.
Il giorno della tempesta
Era una mattina di primavera, limpida e piena di luce. Brizio giocava con le farfalle, quando all’improvviso una di loro gli gridò:
«Attento, piccolo vento! Il Sole sta dormendo! Non fare troppo rumore!»
Ma Brizio, che in quel momento si sentiva escluso da un gioco tra le rondini, si rabbuiò.
«Tutti mi dicono cosa devo fare! Io non sono un bambino!»
E la rabbia gli montò dentro come un temporale.
Cominciò a soffiare, prima piano, poi sempre più forte. Gli alberi si piegarono, i petali volarono via dai fiori e persino le nuvole si scontrarono tra loro.
Nel giro di pochi minuti, il cielo divenne scuro e una tempesta improvvisa si abbatté sulla valle.
Quando finalmente si fermò, Brizio vide il disastro: fiori spezzati, nidi caduti, aquiloni strappati.
«Oh no… l’ho fatto di nuovo», sussurrò, e per la prima volta si sentì davvero solo.
L’incontro con la Luna
Quella notte Brizio si nascose dietro una collina, piangendo piano piano.
Le sue lacrime si trasformavano in piccole gocce di rugiada, che scivolavano sulle foglie.
Fu allora che la Luna, vedendolo così triste, gli parlò con voce dolce:
«Perché piangi, piccolo vento?»
«Perché ogni volta che mi arrabbio finisco per distruggere tutto. Non voglio farlo, ma non riesco a fermarmi.»
La Luna lo guardò con tenerezza.
«Dentro di te non c’è solo rabbia, Brizio. C’è paura, c’è tristezza, c’è desiderio di essere ascoltato. Le emozioni non sono nemiche: sono compagne che vogliono solo essere comprese.»
«Ma come si fa?» chiese il piccolo vento.
«Ascoltale. Quando senti il tamburo che batte troppo forte, non soffiare subito. Fermati. Respira. Conta fino a dieci e poi lascia che l’aria esca piano, come una carezza.»
Brizio provò a imitare il respiro della Luna. Inspirò piano, poi soffiò delicatamente.
Il bosco si mosse appena, come accarezzato da una mano invisibile.
«Così?»
«Così va bene», sorrise la Luna. «Ora dormi, piccolo vento. Domani vedrai che anche la rabbia può diventare dolcezza.»
Il giorno del perdono
Il mattino seguente, Brizio vide il Sole sorgere e decise di provarci davvero.
Scese piano tra i rami e cominciò a sistemare ciò che aveva distrutto. Raccolse i petali e li spinse verso i fiori spezzati; aiutò gli uccellini a ritrovare il loro nido; giocò con le foglie cadute, creando piccole danze nell’aria.
Gli abitanti della valle lo riconobbero subito.
«Guarda! È tornato il vento dispettoso!» gridò una margherita.
Brizio si fermò. Avrebbe potuto fuggire o soffiare via di nuovo. Ma ricordò le parole della Luna.
Inspirò piano. Soffiò dolcemente.
«Non sono dispettoso… sto imparando. Posso aiutarvi?»
Le margherite si guardarono tra loro, stupite. Poi una di loro rispose:
«Se davvero vuoi aiutarci, asciuga la pioggia che hai portato.»
Brizio sorrise e iniziò a soffiare con delicatezza, finché il prato tornò asciutto e profumato.
Da quel giorno, la valle non ebbe più paura di lui. Quando il Sole scottava troppo, Brizio portava un po’ di fresco. Quando le nuvole si impigrivano, le spingeva con dolcezza verso il cielo.
La forza gentile
Passarono i mesi e il piccolo vento divenne il Custode delle Emozioni del Cielo.
Ogni volta che un altro vento si agitava o si arrabbiava, Brizio gli raccontava la sua storia.
«Non serve urlare per farti ascoltare», diceva. «A volte basta un soffio per cambiare il mondo.»
E così, ogni volta che una brezza leggera ti accarezza il viso, forse è lui: Brizio, il piccolo vento che imparò a calmarsi, che ora viaggia nel cielo per ricordarci che anche la rabbia, se accolta e capita, può diventare una carezza.
Morale
Ogni emozione ha il suo posto nel cuore:
la rabbia ci insegna a difenderci,
la paura a proteggerci,
la tristezza a comprendere,
la gioia a condividere.
Ma solo quando impariamo a respirarle tutte, come fece Brizio, possiamo trovare la pace dentro di noi.
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