Il vento era stanco, soffiava da una settimana per pulire l’aria. In città la gente non si rendeva conto di quanto fosse utile e si lamentava in continuazione:
«Mamma mia che ventaccio» e «Quando la smette di soffiare», dicevano.
Un’ingratitudine che, a volerla pesare, sarebbe stata di almeno un chilo, un chilo e tre.
Certe cose fanno male all’umore, e infatti quella mattina il vento era infuriato.
Tanto per cominciare aveva litigato con le nuvole che volevano piovere a tutti i costi.
«Siamo cariche d’acqua, troppo peso, non ce la facciamo più», si lamentavano.
Il vento le pregava di avere pazienza: doveva soffiare ancora due giorni e poi si sarebbe calmato. Ma loro niente, sempre più inviperite. Volarono parole grosse, e quando le parole volano non sempre vanno dove devono. A volte cadono nelle orecchie sbagliate e allora sì che si crea confusione!
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Quel giorno era proprio uno di quelli in cui la confusione gira come una trottola fra le persone, e si incaglia esattamente dove non dovrebbe.
Anche per questo il vento era nervoso, e quando è così fa il broncio e comincia a soffiare più forte. Soffiando forte pulisce l’aria meglio di un’aspirapolvere, ma quella volta esagerò.
Cominciò scuotendo un po’ le cime degli alberi e i panni stesi alle finestre. Nessuno ci badò, la gente è distratta da mille pensieri. Solo quando il vento crebbe e crebbe, perfino i sognatori – quelli con la testa fra le nuvole – alzarono lo sguardo.
Ad un certo punto quel vento pazzo diventò simile a un tifone e trascinò con sé alberi, case e anche persone. A decine furono portati via verso paesi sconosciuti, senza poter avvertire la famiglia che avrebbero fatto tardi per il pranzo.
All’inizio c’era gran paura, soprattutto fra chi soffriva di vertigini.
Il vento agitato brontolava e sbatacchiava tutti di qua e di là. Soffiava così forte che sollevò perfino i pensieri. Ma di questo nessuno si lamentò.
La gente pareva non avere più peso. I più felici erano i bambini e le signore grasse che non erano abituate a quella sensazione.
«Visto, Giannina, come volo? Altro che cicciona, una libellula mi sento!»
«Se fossi davvero grassa come dice Wanda, il vento non riuscirebbe a sollevarmi!»
«Hai ragione, è tutta invidia!» rispose un’altra.
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Pian piano, passata la paura, tutti cominciarono a divertirsi.
C’era chi leggeva il giornale, chi continuava a giocare a briscola con le carte rimaste in mano, chi chiacchierava col vicino di volo. Nacquero amicizie e persino fidanzamenti. Ci furono anche litigi, ma duravano poco: il paesaggio era troppo bello per restare arrabbiati.
Visti da terra, sembravano moscerini che volavano nel cielo azzurro di marzo.
Solo verso mezzogiorno arrivò l’impazienza: lo stomaco brontolava e in alto non c’era nemmeno un chiosco per prendere un panino!
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Anche il buon **Guglielmo** subì la stessa sorte. Fu sollevato come una foglia e trascinato via con la sua bici e il cane **Gemma**, che correva accanto a lui.
Guglielmo era detto “buon” perché era davvero buono: gentile e generoso, sincero e pacificatore. Di lavoro faceva il *risolvi problemi*. Tutti si fidavano di lui.
C’era chi diceva che fosse stato inviato come paciere in un conflitto lontanissimo e che fosse stato insignito di una medaglia al valor pacificatore.
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Anche col vento fu eccezionale.
La gente era stanca di volare come aquiloni e preoccupata: se il vento fosse cessato di colpo, sarebbero caduti come sassi. Bisognava farlo ragionare.
«C’è una sola persona che può farcela» disse un omino col cappello di traverso. «Il buon Guglielmo!»
Tutti si voltarono verso di lui. Guglielmo sorrise, annuì e disse: «Ci penso io. Credo che Scirocco sia solo stressato. Lo convincerò a fare una pausa nella vallata verde, dove i venti si riposano.»
«Viva Guglielmo!» gridarono tutti.
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Guglielmo parlò a Scirocco con parole dolci:
«Hai fatto tanti chilometri, sarai stanco. Ti ringraziamo per la gita, ma ora riportaci a casa e vai a riposarti nella vallata.»
Scirocco all’inizio non rispose, ma poi disse:
«Hai ragione, sono stanco. Soffio ancora un po’, poi vi riporto a casa e andrò a riposare nella vallata.»
E mantenne la promessa.
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Quando invertì la rotta, la gente esplose di gioia. La pioggia cadde dagli strappi delle nuvole, ma nessuno se ne lamentò. Finalmente tornavano a casa!
Scirocco posò alberi, case e persone con delicatezza, ma non si ricordò l’ordine esatto. Ci volle tempo per rimettere tutto a posto.
Alla fine, anche la casa di Guglielmo tornò al suo posto, con il giardino e il camino fumante. Sul tavolo c’erano ancora le lasagne della nonna Gina, pronte da infornare.
In tutte le case il pensiero era uno solo: mettersi a tavola. E già si spandeva nell’aria un profumo da leccarsi i baffi.
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E così la storia finisce, lasciando i nostri amici davanti a un piatto di pasta fumante.
A noi non resta che augurare a tutti:
**Buon appetito!**
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