La capretta viola
Fiaba pubblicata da: Carlo Testana
Grande agitazione alla fattoria dei “Caci” per l’arrivo di un nuovo ospite.
“Arriverà una capretta nuova qui da noi, disse Lorvenzo il Caprone, e non mi sembra una buona idea visto che siamo già stretti”.
La riunione era stata organizzata presso il secondo ovile, quello delle capre, mentre il primo ovile era riservato alle pecore. C’erano i rappresentanti di tutti e due i ricoveri più qualche curioso tra cagnolini, cavalli, somari, galline, e il barone “Tacca”, il tacchino più aristocratico ed anziano della fattoria.
Tacca era considerato un saggio consigliere e se ne restò muto e pensieroso per tutto il lungo intervento di Lorvenzo.
Poi, con voce bassa e gloglottante, disse: “gliola”.
Ci fu un attimo di silenzio perchè nessuno aveva capito bene.
“Gliola, riprese il Tacca, glome il glolore: glolore glosso, glolore bianglo, glolore gliallo …”.
“Per favore barone, disse Brino il cavallo, non parli l’antica lingua del glo-glo altrimenti non capiamo le sue parole, noi siamo gente alla buona, di campagna”.
“Viola, spiegò infastidito il tacchino, vi-o-la”.
“Però! Bel nome, belarono in coro le caprette presenti, magari è simpatica e possiamo stringerci”.
“Viola è il colore, non il nome, mie care capre, puntualizzò il barone; viola dalla testa alla coda e pure le corna e la barbetta sono viola, anche… ehm… rispetto parlando… le palline che lascia a terra… viola anche quelle”.
“Bene!, riattaccò Lorvenzo il Caprone, una capra viola! Non bastava la pecora nera che vive con noi, quella bestiaccia che di notte neanche si vede, pure una capra viola dobbiamo sopportare. Farò reclamo alla direzione! Altro che storie”.
Ma la direzione della fattoria fu irremovibile. Un comunicato ufficiale, affisso sullo steccato degli ovili, informava che la capretta viola sarebbe arrivata giovedì e dato il fatto che era un animale abbastanza raro, tutti avrebbero dovuto essere gentili con lei ed aiutarla a sistemarsi per il meglio. Firmato la Direzione.
“Ma come si chiama questa capra viola, dissero in coro le pecore del primo ovile, e, soprattutto, dobbiamo dargli del tu, del voi o del lei?”.
“Ci porterà sfortuna, disse Bullo il gallo, si sa che il viola porta jella”.
“Non dire stupidaggini, lo riprese Brilla la gallina anziana, viola è un colore come un altro, anche tu hai qualche penna viola nella coda e anche Gedeone il pavone”.
Intanto era stato messo un altro annuncio sullo steccato.
Attenzione! Tutte le fornitrici di latte sono chiamate a dare il loro contributo per presentare i nostri formaggi alla prossima fiera, si raccomanda di non mangiare schifezze e di attenersi alla dieta del dott. Mario Veteri affinchè la produzione sia di ottima qualità. Quest’anno puntiamo al primo premio anche se la fattoria concorrente la “Provola s.p.a”, che l’anno scorso ha vinto la coppa per il miglior formaggio, è un osso duro da battere. Firmato, la Direzione.
“Non ce la faremo mai, dissero tremanti i conigli, meglio ritirarsi subito”.
“Perchè mai dovremmo arrenderci senza provare, intervenne Tamo il bove, abbiamo i migliori pascoli, le stalle sono belle, ben due ovili, la direzione ci tratta bene, abbiamo di tutto”.
Lorvenzo il Caprone fece la cosa che gli veniva meglio, il prepotente.
Si avvicinò alla pecora nera e le disse : “Tu e quell’altra specie di capretta viola, quando arriva, ve ne starete in disparte lontane da noi che dobbiamo preparare i formaggi per la fiera”.
“Ma anch’io voglio partecipare, disse la pecora nera, e sicuramente anche la capra viola vorrà”.
“Bene, disse Lorvenzo il Caprone, fatevi un banchetto anonimo per conto vostro ma lontano da noi perchè non vogliamo sfigurare”.
All’arrivo in fattoria la capra viola trovò ad aspettarla solo la pecora nera.
“Ciao”, si dissero.
Se ne stettero in disparte brucando l’erba fresca di un prato nel quale non pascolava nessuno, ricco di erba zolfina, la pianta che fa il formaggio e di nascosto si prepararono per la fiera.
La pecora nera aveva un latte bianchissimo, più bianco del bianco mai visto, un bianco luminoso, e oltretutto era buonissimo. Preparò una ricotta che per guardarla ci volevano gli occhiali da sole per quanto il bianco era abbagliante.
La pecora viola aveva il latte viola con il quale preparò un formaggio mescolando sale, fermenti e muffe, preparati in disparte secondo una ricetta segretissima di una capra danese amica sua.
Venne il giorno della fiera e Lorvenzo ordinò alla pecora nera e alla capra viola di mettersi lontano dal banco della fattoria.
“State lontane perchè non vogliamo mischiare i nostri prodotti di eccellenza con i vostri patetici e ridicoli formaggini”.
“Perché, li hai visti?, chiese Brino il cavallo, sono tanto brutti?”.
“Ma figurati, rispose il Caprone, non ho visto un bel niente, ma sono sicuro…”
Non aveva ancora finito di parlare che la giuria, dopo aver visitato il banco della fattoria “Provola” e quello della fattoria dei “Caci”, si diresse verso l’ultimo banchetto in fondo attirata da una luce incredibile e da una fila lunghissima di curiosi.
I “Caci” erano sotto di 10 punti rispetto alla “Provola”, ma comunque secondi in classifica.
“E’ la fine, disse Lorvenzo il Caprone, quelle due maldestre e pasticcione ci faranno sprofondare all’ultimo posto”.
La pecora nera e la capra viola avevano preparato gnocchi, cannelloni, involtini, tartine, pieni dei loro formaggi. La giuria assaggiò nel silenzio generale.
“Adesso daranno di stomaco, disse Lorvenzo il Caprone, ne sono certo”.
I giurati rimasero invece strabiliati dalla fragranza, dalla consistenza, dal sapore e dal colore dei prodotti esposti.
“Mai assaggiato un gorgonzola caprino così buono e striato di violetto!”
“E questa candida ricotta? Irresistibile! Brave, complimenti!”.
Chiesero infine a quale azienda appartenessero quelle prelibatezze e consegnarono il primo premio con tanto di baci alla pecora nera e alla capra viola come migliori rappresentanti della fattoria dei “Caci”.
La sera stessa apparve sullo steccato del primo e del secondo ovile il seguente comunicato:
La fattoria dei “Caci” ringrazia la pecora nera e la capra viola per il magnifico risultato ottenuto e condanna il riprovevole atteggiamento arrogante di Lorvenzo il Caprone. La sua gonfia presunzione verrà punita con l’allontanamento dalla fattoria. Firmato la Direzione.
“Gli sta proprio bene, disse Tacca il tacchino saggio, a quel pallone glonfiato”.
“Vi chiedo scusa, disse Lorvenzo il Caprone mentre a corna basse si preparava all’esilio; sono stato uno sciocco ed un vanaglorioso, vi prego di perdonarmi”.
La pecora nera e la capra viola si guardarono e con un cenno d’intesa si avviarono verso la Direzione della fattoria.
Chiesero il permesso di far rimanere Lorvenzo, che oramai aveva capito la lezione.
Permesso accordato, Lorvenzo il Caprone dovrà però pulire gli ovili per un anno e portare tutte le mattine la colazione alla pecora nera e alla capra viola.
Firmato la Direzione.