L’arancia d’oro
Fiaba pubblicata da: LiberaMente
In una lontana regione, dove le insidie di un mondo troppo evoluto non erano ancora penetrate, si nascondeva tra le colline dai morbidi pendii, un piccolo paese chiamato Luminosa. Qui tutti si conoscono e vivono soddisfatti delle poche cose che possiedono. Nessuno è mai arrabbiato perché la gentilezza e la cortesia prevalgono negli animi di questi abitanti. Passeggiando per le stradine acciottolate, ci si immerge in un’epoca assai lontana rispetto al resto delle regioni vicine.
Così, gironzolando per i vicoletti, si può udire l’allegro fischiettar del falegname dentro la sua botteguccia; oppure, attraversando il piccolo centro, si possono scrutare i rosei visini dei scolaretti che, attraverso le finestre della scuola, guardano ingolositi i biscotti del fornaio dirimpetto. E cavalcando sulla scia di quel dolce profumo, che si disperde per le strette viuzze, ci lasciamo trasportare verso la parte alta del paese, dove le vecchierelle sedute al sole sui loro uscii, filano chiacchierando allegramente dei tempi passati. La domenica poi, nella circolare piazzetta su cui si affaccia l’unica chiesa di Luminosa, pullula di famigliole e frotte di bambini che si riuniscono intorno al carrettino dello zucchero filato o innanzi alle bancarelle delle mele caramellate.
Ogni giorno l’andirivieni affaccendato di persone sorridenti e gioconde, fa aleggiare nell’aria un buonumore così contagioso, che persino le creature del bosco vicino, sono diventate amiche degli abitanti di Luminosa. Un popolo di piccoli esserini dotati di ali e un corpicino fluorescente, per questo vengono chiamate dagli umani Luccioline. Le fate Luccioline scendono molte volte in paese durante l’anno, specialmente per festeggiare con gli essere umani le ricorrenze e le festività più importanti.
Ma ogni cosa ha la sua eccezione e anche Luminosa ha la sua. Questa eccezione è rappresentata da un vecchio uomo taciturno e schivo. Se ne sta sempre in disparte, specie da quando l’amata moglie non c’è più. Non parla con nessuno. Per la strada ai saluti risponde spesso con un grugnito; addirittura i suoi vicini di casa affermano di aver visto dei lampi di luce provenire dalle sue finestre, o che spesso viene adocchiato mentre esce di sera tardi portandosi dietro le spalle un sacco vuoto. Per questa ragione molti credono che sia uno stregone, e le persone intimorite, se ne stanno alla larga.
Un giorno l’uomo, allontanato ormai da tutti e infastidito dal buonumore dei suoi compaesani decide di andarsene ad abitare in una vecchia torre diroccata in cima alla collina.
– Non li sopporto! – dice spesso osservandoli dall’alto, che come piccole formichine li vede muoversi alacremente senza sosta. Ma anche da lassù è raggiunto dalla loro eccentrica e odiosa vitalità. E ciò lo innervosisce maggiormente.
Arrivato l’ultimo giorno dell’anno, le Luccioline tornano al paese per far festa con gli abitanti. Come ogni anno, tutti sono invitati, tranne lui, lo stregone.
Il vecchio uomo quella sera, sentendo il brusio irritante dei festeggiamenti, inizia a schizzare avanti e indietro per l’enorme stanzone, pensoso e con le braccia dietro la schiena.
– Non ho ricevuto l’invito quest’anno – borbotta contrariato – ma farò loro una sorpresa! – prosegue con un ghigno malizioso.
Così il vecchio stregone scende dall’alto della sua torre e sotto gli increduli occhi degli abitanti e delle fate Luccioline, appare in mezzo alla folla. Appena lo vedono, la musica cessò e tutti si fermano lasciandolo passare.
Si avvicina al primo cittadino e con voce tonante dice:
– Non ho ricevuto l’invito quest’anno! – grugnì lo stregone.
– Scusate maestro, ma voi avete sempre rifiutato i nostri inviti e pensavo che… – tentò di giustificarsi l’uomo lasciando cadere le ultime parole.
– Non temete, me ne andrò via subito, sono venuto a portarvi i miei rallegramenti per l’anno nuovo e in segno di pace vi porto il mio dono –
Il primo cittadino si ammutolisce imbarazzato. Lo stregone intanto con un gesto rotatorio della mano lancia al centro della piazza un grande sacco di iuta.
Le persone si guardano l’uno l’altro con aria sbigottita, stringendosi incuriosita intorno al misterioso oggetto.
– Ma è solo un sacco vuoto! – mormorò qualcuno.
– Ehm, ehm – con un colpo di tosse lo stregone richiama l’attenzione di tutti.
– Ascoltatemi bene – interloquisce solennemente allargando le braccia in mezzo alla folla.
– Prima che scatti la mezzanotte, chiunque getti in questo sacco qualcosa che gli appartenga, un desiderio si avvererà entro la fine dell’anno nuovo! –
Gli abitanti di Luminosa inizialmente accolgono l’invito con gran diffidenza, poi la curiosità prevale su qualsiasi dubbio. Sui volti sognanti si profilano i loro più intimi pensieri. Evaporano come nuvolette sulle teste, da cui lo stregone, può vedere chiaramente i tratti dei sogni di ognuno. Ma i desideri di queste semplici persone sono fanciulleschi come il loro animo, e di certo non sognano di possedere le cose che appartengono solo al resto del mondo.
E tra quelle nuvolette fluttuanti e sognatrici, troviamo quella di chi sogna di imparare a dipingere, di chi vuole una casa sugli alberi, di chi desidera che gli spuntino le ali, di chi desidera volare per il mondo dentro a una tazzina di caffè. Così ognuno prese il proprio sogno e a passi sempre più decisi, inizia a gettare nel sacco vuoto ciò che hanno a portato di mano: un bracciale, un pezzo di stoffa, sassolini e persino ciocche di capelli; e poi ciondoli, collanine forcine e via dicendo. Tutti si affrettano e si accalcano per lanciare l’oggetto che rappresenti il proprio sogno.
Alla fine il vecchio stregone con un altro movimento del polso rinchiude il sacco senza sfiorarlo. In quell’istante l’orologio del campanile rintona la mezzanotte, mentre lui, nel clamore della folla in festa, scompare portandosi con sé il sacco riempito di sogni. Nessuno da quel giorno lo ha più visto. Ma le sorprese non sono finite, perché nel mezzo del cerchio dove poco prima c’è stato ritto lo stregone, appare davanti ai loro occhi strabiliati, un grosso albero di arance. Ma non un comune albero. Infatti una delle arance di quest’albero incantato, è d’oro!
Nessuno ha il coraggio di avvicinarsi, e rimangono in silenzio pensando a un malevolo prodigio. Una delle fate Luccioline si fa coraggio e va a curiosare. Altre la imitano e con la luce dei loro corpicini, illuminano tutte insieme una scritta incisa nel tronco. Il sindaco si accosta e legge:
Prima che l’anno terminerà
chi l’arancia d’oro scoverà,
il desiderio avvererà.
Mentre tutti si chiedono cosa significano quelle parole, il capo delle Luccioline bisbigliò qualcosa all’orecchio del sindaco. Dopo un po’ questi prese la parola dicendo:
– Che nessuno tocchi quest’albero! – ordinò con voce grave.
Il giorno dopo l’albero misterioso venne recintato e nessuno degli abitanti potrà avvicinarsi ad esso fino a nuovo ordine.
L’anno trascorre, ma le cose a Luminosa non sono più come prima. Qualcosa è cambiato nell’animo dei suoi abitanti. Per le stradine le persone appaiono ingrugnite, si guardano sospettosi gli uni verso gli altri. Poco alla volta la loro indole animata si sta spegnendo lasciando nell’aria solo la tetraggine. Non si sente più quell’ atmosfera gioiosa e la voglia di fare di un tempo. C’è chi, passando davanti all’albero recintato, lancia occhiatine fugaci temendo che qualcuno possa scovare l’arancia d’oro. Il loro spirito è ormai avvizzito dall’unica preoccupazione che li tormenta: quella di trovare il prezioso frutto prima che lo faccia qualcun altro.
Nel frattempo il vecchio dalla sua torre padroneggia glorioso, godendosi finalmente, il declino dell’intero paese. È riuscito ad ingannare gli abitanti di Luminosa rubando tutti i sogni e desideri, così da toglier loro la voglia di essere allegri e di fare insopportabili moine. In questo modo crede che non soffrirà più il peso del loro sempiterno buonumore.
L’anno sta per volgere al termine ma le cose a Luminosa sono peggiorate. Il paese appare ancora più infiacchito e sonnolento. Ogni gesto sembra fatto a rallentatore. Gli uscii sono sprangati, le botteghe vuote. E nella piazzetta l’allegro vociare dei bambini è sostituito dallo gracchiare delle cornacchie. Luminosa è un paese tetro e desolato. Anche il sole ormai non si vede più da mesi.
Le fate Luccioline un giorno scendendo al paese, vedono l’orrore che si presenta innanzi ai loro occhi; così decidono di far qualcosa per porre fine a questa terribile faccenda.
Arrivate alla torre, il capo delle Luccioline si rivolge al vecchio stregone e dice:
– Perché hai fatto ciò? Cosa cerchi? – lo interroga bruscamente.
– Semplice, ho rubato loro l’allegria! – risponde il vecchio mostrando indifferenza.
– E ti sembra onesto rubare il buonumore degli altri solo perché tu vuoi startene rintanato nella tua torre? – ribatte la Lucciolina capo.
– Tutto ciò che chiedo è che non facciano troppo chiasso! – risponde stizzito lo stregone.
– E poi, cosa c’è da essere così allegri là fuori! – precisa puntando il suo indice verso la finestra.
– Allora vai a vivere per il resto del mondo! – interviene una delle Luccioline.
– Già! Lì, di sicuro troverai tutto il malumore che cerchi! – sottolinea un’altra vocina in tono provocatorio.
– Ora ho da fare, non mi scocciate! – sbotta all’improvviso lo stregone, e con un forte soffio caccia via le povere Luccioline facendole ruzzolare fuori dalla finestra.
I giorni passano e alle cupe finestre dello stregone non arriva altro che il tenebroso silenzio in cui è caduto il paese. Qualcosa però sta iniziando a turbare l’animo dello stregone. Di notte si rotola nel letto e di giorno non riesce a concentrarsi sulle sue faccende quotidiane. Sente che qualcosa lo turba più di prima. Al vecchio, burbero e solitario stregone, manca qualcosa. Si ma cosa?
E perché mai i giorni in cui ha goduto il trionfante affievolirsi dell’allegria dei suoi compaesani sono già passati?
Giunti all’ultima notte dell’anno, decide di scendere al paese. Passeggia per le stradine, per gli stretti vicoletti e non vede altro che il grigiore di volti torvi che gli passano accanto senza riconoscerlo. Il paese è completamente sotto l’effetto della sua stregoneria. Quando arriva davanti alla sua vecchia casetta si sente stringere il cuore per la prima volta dopo tanto tempo. Ricordi malinconici affiorano nella sua mente e la tristezza per ciò che ha fatto si impossessa anche del suo animo. Poi si reca nella piazzetta davanti all’albero recintato e osservando il rigoglioso agrume, capisce finalmente cosa gli manca: l’animo festoso dei suoi compaesani.
Allora per riparare al suo errore vola fino alla torre. Recupera il sacco ancora pieno di oggetti; si inoltra per il bosco in cerca delle fate Luccioline; e quando finalmente le trova, chiede ad esse di aiutarlo a restituire i sogni agli abitanti. Le Luccioline, felici di vedere lo stregone pentito del suo comportamento, si precipitano e cominciano a distribuire i vari oggetti ai rispettivi padroni.
Il paese poco alla volta inizia ad animarsi; e ancora trasognati si chiedono l’un l’altro cosa sia successo. Quando poi ricordano della profezia del vecchio, tutti corrono verso la piazzetta centrale. Il sindaco, anch’egli risvegliato, cerca di frenare la folla che si accalca innanzi al recinto dell’albero. Ma viene travolto. Ognuno si affanna tentando di scovare l’arancia d’oro prima che l’anno giunga al termine. Le fate Luccioline, smarrite anch’esse davanti a quella ressa sconclusionata, si allineano con i loro corpicini fluorescenti davanti a quell’irrefrenabile muro umano; e con tutte le loro minute forze cercano di aumentare l’intensità della fluorescenza che emana il loro corpicino. Creano una specie di barriera luminosa con cui spesso le fate Luccioline si difendono dagli attacchi dei loro nemici. La folla accecata indietreggia. All’improvviso un forte colpo di bastone fece tremare la terra sotto i loro piedi. La folla si ferma spaventata e voltandosi indietro riconoscono lo stregone. Azzittiti, aprono un varco in mezzo alla quale lo stregone passa con il suo aspetto imponente. Scavalca il recinto. Fruga tra le foglie e trova l’arancia d’oro. Allora sotto gli occhi meravigliati e confusi della folla, chiuse gli occhi ed espresse il suo desiderio:
Che scendi l’allegria!
Via ogni triste malinconia!
In quell’istante scocca la mezzanotte. Lo stregone apre gli occhi e ansioso scruta gli sguardi dei suoi compaesani puntati su di lui. Ad uno a uno, cade dai loro volti l’oscura maschera del malumore; sulle loro labbra ritorna il sorriso di una volta. All’unisono lanciano un urlo di festa e liberi dall’incantesimo, finalmente accolgono il vecchio stregone ringraziandolo e accogliendolo tra loro come un fratello ritrovato. Lo stregone, commosso, si sente per la prima volta accettato e ben voluto da tutti.
Il primo giorno dell’anno, il vecchio uomo torna a vivere al paese, nella sua prima e unica casetta. Ma questa volta, allegro e gioioso, come tutti gli abitanti di Luminosa.