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Le tre porte

Fiaba pubblicata da: chiara

Ci sono stanze che non ti puoi dimenticare, stanze ricche di ricordi , di magia, di sogni, di speranze, di poesia, di profumi. Per anni la porta dello studio di ricerche di mio nonno era rimasta chiusa e in parte sepolta e sbiadita nella mente della mia famiglia.

Mio nonno James mi chiamava Sella e da allora a nessuno importa se il mio vero nome fosse Claire perché ( così rispondeva mio nonno) entrambi hanno a che fare con la luce.

Proprio un anno fa, dentro ad un cassetto di un antico mobile di legno posto in un angolo del salone, dove i raggi del sole amavano scontrarsi, trovai una chiave; già, quella chiave dimenticata, quella chiave che avrebbe aperto quella “porta chiusa”.

Finalmente avrei potuto anche io impreziosire quelle mura di nuovi ricordi, di nuovi sapori, profumi che porteranno di nuovo in vita la memoria di quel “divoratore” di libri che era mio nonno, professore di arte e archeologo famoso.

Al di là di quella porta ho trovato un mondo senza tempo quasi fatato e ancora oggi quando voglio isolarmi mi rifugio qui, in questo luogo che mi ha resa protagonista di un’avventura che il nonno sapeva che, prima o poi avrei vissuto per poter giungere ad una profonda maturazione spirituale ed esistenziale.

Ricordo ancora lo stupore dei miei colleghi archeologi quando feci vedere alcuni oggetti del nonno rinvenuti sopra la sua scrivania: una croce di corallo rosso, una foto di una chiesa con sopra scritto “Ci sono porte nascoste, altre illuminate, altre invisibili. Tu nipote mia dovrai cercarne tre… LE TRE PORTE: la porta bianca, la porta nera , la porta … chiusa.” Non mi stupì molto questa frase perché sapevo che il nonno amava le sfide e i misteri e in parte anche io.

Cercai, insieme al mio collega angelo, nella biblioteca del nonno, un libro che mo potesse aiutare a cercare la chiesa della foto. Chiunque si sarebbe aspettato di trovare libri disposti in ordine alfabetico, ma sapevo che il nonno aveva una mente troppo complicata per scegliere un metodo di classificazione così semplice. Non sapevo da dove cominciare, all’improvviso mi ricorda che da piccola mi raccontava sempre che il suo libro preferito si trovava in un punto che gli ricordava la nonna. La libreria è situata su due pareti opposte della stanza e la luce, che penetrava dalla finestra, passa attraverso un prisma situato sulla scrivania, e il raggio riflesso tende a “toccare” una parete della biblioteca, o meglio questo fascio di luce raggiunge quasi orizzontalmente un libro.

Lo presi in mano: era il libro che mia nonna aveva regalato al nonno per il suo sessantesimo compleanno. Lessi il titolo: “I TEMPLARI”. Cominciai a sfogliarlo freneticamente mentre angelo si perdeva tra i vari oggetti raccolti da mio nonno durante i suoi viaggi e i suoi “zibaldoni” cioè i suoi taccuini di viaggio. Finalmente ritrovai la foto della chiesa: era l’abbazia di Santa Maria di Staffarda, nel Cuneese, edificio che molti ritengono collegato ai “segreti” dei Templari.

Iniziai a leggere per avere notizie su questa chiesa. È dedicata alla Vergine ed è legata al nome di San Bernardo (questo spiega il medaglione di San Bernardo che il nonno mi aveva regalato anni fa); a quanto pare è caratterizzata da una totale asimmetria degli elementi strutturali (pilasti, capitelli, archi, etc.) che l’occhio umano che non riesce a percepire grazie agli effetti prospettici e ottici.

Chiamai Angelo completamente distratto, distratto anche nel vedere dipinto sul mio volto un senso di gioia e paura nello stesso tempo, non riusciva a capire il mio stato d’animo. Tuttavia entrambi sapevamo che dovevamo affrontare quel viaggio e insieme decidemmo di partire l’indomani, con l’aereo, per scoprire i segreti di questa chiesa tanto cara a mio nonno. Del resto io e Angelo siamo sempre stati amici e per questa avventura non potevo scegliere collega migliore. Sull’aereo tante riflessioni mi affollavano la mente; quando si vuol bene ad una persona si pensa che quella persona rimanga sempre lì accanto a te, che non esiste morte dolore che te la possano portare via, per farti scoprire poi il sentiero della solitudine o il senso di vuoto dentro che non riesci a colmare.

Cominciai a riflettere sul senso di questo viaggio. Forse era un modo per sentire ancora accanto a me il nonno, quel nonno che da piccola amava addolcire le mie giornate con storie d’armi e d’amori. Mi parlava dei suoi viaggi ed io di continuo come una bambina dispettosa gli chiedevo di raccontarmi della storia d’amore tra il professore James (mio nonno) e la sua allieva mia nonna Teresa.

Avrei scritto pagine intere su quella magica storia. Scendemmo dall’aereo Angelo mi guardò un secondo, poi si mise a ridere per il mio viso stravolto e mi baciò la fronte. Eravamo due bambini che avevano bisogno di crescere, dovevamo farlo insieme perché qualcosa tra noi stava cambiando. All’arrivo ci attendeva Lia, la zia di angelo che ci avrebbe accompagnato il giorno seguente a S. Maria di Staffarda.

La zia Lia viveva nel Cuneese ed era stata tra l’altro molto amica del nonno. Fu felicissima di vederci, ci portò a casa sua e già sapevo che avrei “ispezionato” i diari che il nonno aveva regalato a Lia la quale mi racconto che il “professore” ( così lei lo chiamava) dopo aver letto su di una porta una scritta “Non camminerete mai soli” cominciò a riflettere sul senso della religione e delle porte. “Guarda, Stella, leggi tu stessa cosa scriveva e pensava tuo nonno” disse Lia con voce dolce e pacata. Cominciai quella sera stessa a leggere quei taccuini un po’ sbiaditi dal tempo.

Sapevo che la fede era un valore un principio su cui il nonno James basava la sua esistenza, ma non pensavo che avesse speso il tempo a riflettere sul significato delle Porte. La porta è il passaggio simbolo da un ambito ad un altro ad esempio da questo pianeta al mondo divino.

Popolazioni antiche credevano che il mondo dei morti si trovasse al di là di grandi portali. La porta chiusa a chiave allude di solito ad un segreto nascosto al divieto mentre la porta aperta indica un invito a passare o un mistero rivelato. Apriamo e chiudiamo porte di continuo, porte sicure, insicure, colorate poco “piacevoli” se sono poste in un luogo a noi poco gradito. Ma loro, le porte, a cosa pensano quando ci vedono? Quanti destini hanno visto? Quanti sogni di poeti, letterati, scienziati hanno custodito segretamente? Sì perché anche se l’oggetto non parla vive e racchiude dentro di sé storie di esseri umani. Quali saranno queste tre porte che il nonno cerca in tutti i modi di farci trovare? Quella notte non chiusi occhio.

Pensavo a tutto questo, ora che ero arrivata lì non sapevo ancora  cosa dovessi cercare veramente. Era da tempo che non stringevo una croce in mano perché da tempo avevo smesso di pregare.

L’indomani zia Lia ci portò nella chiesa, mi raccontò di mio nonno, di quanto fosse affezionato a me, dei suoi viaggi, dei suoi studi, dei suoi sogni, dei suoi templari. Ci parlò delle origini di quella chiesa ed io cominciai a cercare, inizialmente con lo sguardo e poi freneticamente, questa tre porte. Mi sembrava di impazzire, cominciai a disperarmi e a pensare che tutto quel viaggio non era servito a niente, ma poi Angelo, che fino ad allora mi aveva seguito senza fiatare come un’ombra cominciò a tranquillizzarmi. Mi prese tra le sue braccia e fu in quel momento che compresi, ascoltando i battiti del suo cuore, che entrambi ci stavamo innamorando e che in fondo quel viaggio non era stato completamente inutile.

Stavo per andarmene quando voltandomi distrattamente da un lato notai dei disegni illuminati da un raggio di sole, erano croci colorate. Mi avvicinai a loro erano di colore rosso, bianco e nero, i colori legati all’alchimia. Capii che erano queste le tre porte. Avvicinai la mia croce su quella del disegno rosso e incominciai a sentire uno strano rumore…qualcosa si aprì … la porta chiusa ora era aperta. Chissà quale segreto o tesoro pensavo di trovarvi e invece vidi davanti ai miei occhi stupefatti, una semplice lettera del nonno che per me valeva più di uno scrigno d’oro. L’aprii e con le lacrime che rigavano il mio volto incominciai a leggerla, mentre Angelo mi guardava teneramente come se fossi una ragazzina.

Guardai Angelo negli occhi e il giorno dopo già eravamo tornati al nostro lavoro, alla nostra città ma con un viaggio nel cuore che oltre ad averci fatto unire ci aveva cambiati dentro. Io, così timorosa della vita e degli altri, ero diventata finalmente più coraggiosa, più forte e innamorata. Avevo capito il senso della vita, i suoi valori e ogni giorno dentro di me ripetevo quelle parole pronunciate dal nonno: “Ci sono, Stellina, nella mia vita delle porte, a volte aperte a volte chiuse, chiuse per essere aperte se lecito. Non importa i colori o le forme che si danno a queste porte o a qualsiasi oggetto, non importa se fisicamente ci troviamo soli di fronte ad esse perché, se si ha fede, l’uomo non camminerà mai solo.

E’ passato un anno, ed è un anno che frequento questo studio, mi perdo tra le pareti affrescate, i tantissimi libri che ogni giorno vorrei leggere o rileggere. La scrivania d’ebano, i suoi pennini , i suoi diari, i suoi oggetti, tutto ciò che è qui dentro profuma di lui. Prendo in mano una foto dei miei nonni chiedendomi quale destino avrei avuto io. Girandola noto per la prima volta una dedica, una frase di Emile Verhaeren “Coloro che vivono d’amore vivono in eterno” come eternamente vivrà il loro ricordo dentro me. Mi avvicino alla porta, ma non con il solito atteggiamento meccanico, distratto, dell’aprire e chiudere, del far muovere su o giù quella maniglia metallica. Mi fermo un attimo a riflettere accanto a quella porta che aveva visto e custodito i segreti di mio nonno ed aveva aiutato me a dimostrare, che in fondo, basta poco.

Bastano un gesto o un sentimento a cambiare la tua vita, a farti diventare più sicura e sorridente di fronte ad un mondo che spesso fa piangere. Chiudo la porta della mia vita, scendo le scale rapidamente e ripongo la chiave nel solito cassetto.

Forse, quando smarrirò di nuovo la strada, la riprenderò in mano e il nonno saprà condurmi verso un nuovo viaggio, un viaggio nel mondo dell’esistenza



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