Nevina e Fiordaprile // Audio fiaba
Fiaba pubblicata da: Alfaudiobook
Il grande autore Torinese Guido Gozzano ha descritto, con la poesia e l’arte che gli sono proprie, il difficile amore tra Nevina, figlia del re Gennaio e Fiordaprile, Principe di un regno in cui risplende sempre la bella stagione.
Nevina passeggia stupita tra i campi di Fiordaprile, scopre il mare ed i fiori, fino al momento in cui la mancanza di neve…….
“Voglio toccare quella neve azzurra, verde, rossa, violetta che chiamate fiori, voglio immergere le mie dita in quel cielo capovolto che è il mare!”
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L’audiofiaba
La fiaba è concessa a “Ti racconto una fiaba” da , tutti i diritti sono riservati.
Letta da Fabio Bezzi, attore alla Civica Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi e nei film “La cura del gorilla” di C. Sigon con Claudio Bisio e “The International” con Clive Owen e Naomi Watts e voce di documentari della trasmissione Rai “Geo& Geo”.
La raccolta
L’audiofiaba fa parte della raccolta FIABE REMIX VOL.1 di Alfaudiobook.
Quattro fiabe classiche remixate con musiche originali che rendono attuali scritti antichi e intramontabili da ascoltare in ogni momento della giornata per entrare in un mondo di favola.
La magia della nostra grande tradizione favolistica interpretata da grandi autori per regalare ai bambini il piacere della lingua italiana
Atmosfere incantate arricchite dal valore di musiche originali composte appositamente per queste fiabe.
CONTIENE LE FIABE:
LA GATTA CENERENTOLA di Gianbattista Basile, la fonte che ispirò Cenerentola di Charles Perrault.
L’UOMO SELVATICO di Gianfrancesco Straparola, il primo vero padre della fiaba europea.
TOPOLINO di Luigi Capuana, dal grande pioniere e teorico del Verismo italiano.
NEVINA E FIORDAPRILE di Guido Gozzano, una fiaba del grande poeta torinese.
Il testo originale
Quando il sughero pesava e la pietra era leggera
come il ricciolo dell’ava
c’era, allora, c’era… c’era…
… una principessa chiamata Nevina che viveva sola col padre Gennaio.
Lassù, nel candore perpetuo, abbagliante, inaccessibile agli uomini, il Re Gennaio preparava la neve con una chimica nota a lui solo; Nevina la modellava su piccole forme tolte dagli astri e dalle stelle alpine, poi, quando la cornucopia era piena, la vuotava secondo il comando del padre ai quattro punti dell’orizzonte.
E la neve si diffondeva sul mondo.
Nevina era pallida e diafana, bella come le dee che non sono più: le sue chiome erano appena bionde, d’un biondo imitato dalla Stella Polare, il suo volto, le sue mani avevano il candore della neve non ancora caduta, l’occhio era cerulo come l’azzurro dei ghiacciai.
Nevina era triste.
Nelle ore di tregua, quando la notte era serena e stellata e il padre Gennaio sospendeva l’opera per dormire nell’immensa barba fluente, Nevina s’appoggiava ai balaustri di ghiaccio, chiudeva il mento tra le mani e fissava l’orizzonte lontano, sognando.
Una rondine ferita che valicava le montagne, per recarsi nelle terre del sole, era caduta nelle sue mani, che avevano tentato invano di confortarla; nei brividi dell’agonia la rondine aveva delirato, sospirando il mare, i fiori, i palmizi, la primavera senza fine. E Nevina da quel giorno sognava le terre non viste.
Una notte decise di partire. Passò cauta sulla barba fluente di Gennaio, lasciò il ghiaccio e la neve eterna, prese la via della valle, si trovò tra gli abeti. Gli gnomi che la vedevano passare diafana, fosforescente nelle tenebre della foresta, interrompevano le danze, sostavano cavalcioni sui rami, fissandola con occhi curiosi e ridarelli.
– Nevina!
– Nevina! Dove vai?
– Nevina, danza con noi!
– Nevina, non ci lasciare!
E gli Spiritelli benigni le facevano ressa intorno, cercavano di imprigionarle i piedi leggeri entro rami d’edera e di felce morta.
Nevina sorrideva, sorda ai richiami affettuosi, toglieva dalla cornucopia d’argento una falda di neve, la diffondeva intorno, liberandosi dei piccoli compagni di gioco. E proseguiva il cammino diafana, silenziosa, leggera come le dee che non sono più.
Giunse a valle, fu sulla grande strada.
L’aria si mitigava. Un senso d’affanno opprimeva il cuore di Nevina; per respirare toglieva dalla cornucopia una falda di neve, la diffondeva intorno, ritrovava la forza e il respiro nell’aria fatta improvvisamente gelida.
Proseguì rapida, percorse un gran tratto di strada. Ad un crocevia sostò in estasi, con gli occhi abbagliati. Le si apriva dinnanzi uno spazio ignoto, una distesa azzurra e senza fine, come un altro cielo tolto alla volta celeste, disteso in terra, trattenuto, agitato ai lembi da mani invisibili.
Nevina proseguì sbigottita. La terra intorno mutava. Anemoni, garofani, mimose, violette, reseda, narcisi, giacinti, giunchiglie, gelsomini, tuberose, fin dove l’occhio giungeva, dal colle al mare, mal frenati dai muri e dalle siepi dei giardini, i fiori straripavano come un fiume di petali dove emergevano le case e gli alberi.
Gli ulivi distendevano il loro velo d’argento, i palmizi svettavano diritti, eccelsi come dardi scagliati nell’azzurro.
Nevina volgeva gli occhi estasiati sulle cose mai viste, dimenticava di diffondere la neve; poi l’affanno la riprendeva, toglieva una falda, si formava intorno una zona di fiocchi candidi e d’aria gelida che le ridava il respiro. E i fiori, gli ulivi, le palme guardavano pur essi con meraviglia la giovinetta diafana che trasvolava in un turbine niveo e rabbrividivano al suo passaggio.
Un giovane bellissimo, dal corpetto verde e violetto, apparve innanzi a Nevina, fissandola con occhi inquieti, vietandole il passo:
– Chi sei?
– Sono Nevina. Figlia di Gennaio.
– Ma non sai, dunque, che questo non è il regno di tuo padre? Io sono Fiordaprile, e non t’è lecito avanzare sulle mie terre. Ritorna al tuo ghiacciaio, per il bene tuo e per il mio!
Nevina fissava il principe con occhi tanto supplici e dolci che Fiordaprile si sentì commosso.
– Fiordaprile, lasciami avanzare! Mi fermerò poco. Voglio toccare quella neve azzurra, verde, rossa, violetta che chiamate fiori, voglio immergere le mie dita in quel cielo capovolto che è il mare!
Fiordaprile la guardò sorridendo; assentì col capo:
– Andiamo, dunque. Ti farò vedere tutto il mio regno.
Proseguirono insieme, tenendosi per mano, fissandosi negli occhi, estasiati e felici. Ma via via che Nevina avanzava, una zona grigia offuscava l’azzurro del cielo, un turbine di fiocchi candidi copriva i giardini meravigliosi.
Passarono in un villaggio festante; contadini e contadine danzavano sotto i mandorli in fiore. Nevina volle che Fiordaprile la facesse danzare: entrarono in ballo; ma la brigata si disperse con un brivido, i suoni cessarono, l’aria si fece di gelo; e dal cielo fatto bigio cominciarono a scendere, con la neve odorosa dei mandorli, i petali gelidi della neve che Nevina diffondeva al suo passaggio.
I due dovettero fuggire tra le querele irose della brigata.
Giunti poco lontano, volsero il capo e videro il paese di nuovo festante sotto il cielo rifatto sereno…
– Nevina, ti voglio sposare!
– I tuoi sudditi non vorranno una regina che diffonde il gelo.
– Non importa. La mia volontà sarà fatta.
Avanzarono ancora, tenendosi per mano, fissandosi negli occhi, immemori e felici… Ma ad un tratto Nevina s ‘arrestò coprendosi di un pallore più diafano.
– Fiordaprile! Fiordaprile! … Non ho più neve!
E tentava con le dita – invano – il fondo della cornucopia.
– Fiordaprile! … Mi sento morire! .. . Portami al confine… Fiordaprile!… Non reggo più!…
Nevina si piegava, veniva meno. Fiordaprile tentò di sorreggerla, la prese fra le braccia, la portò di peso, correndo verso la valle.
– Nevina! Nevina! Nevina non rispondeva. Si faceva diafana più ancora. Il suo volto prendeva la trasparenza iridata della bolla che sta per dileguare. – Nevina! Rispondi!
Fiordaprile la coprì col mantello di seta per difenderla dal sole ardente, proseguì correndo, arrivò nella valle, per affidarla al vento di tramontana.
Ma quando sollevò il mantello Nevina non c’era più.
Fiordaprile si guardò intorno smarrito, pallido, tremante. Dov’era? L’aveva perduta per via? Alzò le mani al volto, in atto disperato; poi il suo sguardo s’illuminò.
Vide Nevina dall’altra parte della valle che salutava con la mano protesa in un addio sorridente.
Un suo vecchio precettore, il vento di tramontana, la sospingeva per i sentieri nevosi del padre Gennaio.