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Tutte le fiabe che parlano di "morte"

La più completa raccolta di fiabe, favole e racconti brevi che parlano di "morte", tra le migliaia inviate da tutti gli autori di "Ti racconto una fiaba".

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Il gigante egoista

Tutti i pomeriggi, quando uscivano dalla scuola, i bambini avevano l’abitudine di andare a giocare nel giardino del Gigante.

Era un giardino spazioso e bello, con morbida erba verde. Qua e là sull’erba si trovavano bei fiori come stelle, e vi erano dodici peschi che a primavera si aprivano in delicate infiorescenze rosa e perla, e in autunno portavano ricchi frutti. Gli uccelli posati sugli alberi cantavano in così dolci suoni che i bambini solevano interrompere i loro giochi per ascoltarli. – Come siamo felici qui! – gridavano l’un l’altro.

Il gigante egoista

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Il profumo del paradiso

Beniamino era un bambino con un animo dolcissimo, buono e particolarmente sensibile. Quel giorno, si trovava al capezzale della madre morente.

“Non devi essere triste” le diceva la donna per rincuorarlo e rassicurarlo sfiorandogli dolcemente il capo sforzandosi di sorridere “Andrò in Paradiso che è un posto bellissimo”.

Il piccolo però sembrava preoccupato e non convinto da quelle parole.

Il profumo del paradiso

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Giovannino senza paura // Video Fiaba

giovannino-senza-pauraGiovannino era un ragazzo che non aveva paura di niente, tant’è che si guadagnò la nomea di Giovannino senza paura.

Un giorno sfidò nuovamente la sorte. Gli venne proposto di andare a passare la notte in un palazzo abbandonato. Si diceva che nel palazzo nessuno sopravviveva più di una notte perché “ci si sente”!

Figuratevi Giovannino! Subito si recò nel palazzo e… Sentite sentite cosa gli è accaduto!

Tratto da “Fiabe Italiane“, le fiabe della tradizione italiana raccolte da Italo Calvino.

Clicca su “Leggi tutto” per il video.

Giovannino senza paura // Video Fiaba

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La festa dei morti // Giovanni Verga

Nella collina solitaria, irta di croci sull’occidente imporporato, dove non odesi mai canto di vendemmia, né belato d’armenti, c’è un’ora di festa, quando l’autunno muore sulle aiuole infiorate, e i funebri rintocchi che commemorano i defunti dileguano verso il sole che tramonta. Allora la folla si riversa chiassosa nei viali ombreggiati di cipressi, e gli amanti si cercano dietro le tombe.

Ma laggiù, nella riviera nera dove termina la città, c’era una chiesuola abbandonata, che racchiudeva altre tombe, sulle quali nessuno andava a deporre dei fiori. Solo un istante i vetri della sua finestra s’accendevano al tramonto, quasi un faro pei naviganti, mentre la notte sorgeva dal precipizio, e la chiesuola era ancora bianca nell’azzurro, appollaiata come un gabbiano in cima allo scoglio altissimo che scendeva a picco sino al mare. Ai suoi piedi, nell’abisso già nero, sprofondavasi una caverna sotterranea, battuta dalle onde, piena di rumori e di bagliori sinistri, di cui il riflusso spalancava la bocca orlata di spuma nelle tenebre.

La festa dei morti // Giovanni Verga