Il pane di Tobia
C’era una volta, in un piccolo villaggio circondato da colline dorate, una nonna di nome Rosa, conosciuta da tutti per il suo sorriso buono e per il profumo di pane che usciva ogni mattina dalla… Il pane di Tobia
La più completa raccolta di fiabe, favole e racconti brevi che parlano di "gratitudine", tra le migliaia inviate da tutti gli autori di "Ti racconto una fiaba".
C’era una volta, in un piccolo villaggio circondato da colline dorate, una nonna di nome Rosa, conosciuta da tutti per il suo sorriso buono e per il profumo di pane che usciva ogni mattina dalla… Il pane di Tobia
Lyllo, un piccolo volpino furbacchione, non aveva fatto molta strada quando, improvvisamente, vide dinanzi a sé una graziosa casetta tutta colorata, circondata da un grande giardino.La casetta era così bella che splendeva di luce. Improvvisamente… Tutti a scuola
Il mare, quell’anno, non era stato buono: la barca con la quale ogni mattina all’alba il Povero Pescatore partiva per la pesca era stata buttata sullo scoglio all’entrata del piccolo porto durante una tempesta. Ed era andata distrutta. L’uomo si era salvato miracolosamente. Ma la sua famigliola temeva la fame dell’inverno.
Così, si era deciso, anche per le insistenze della moglie. Ed era andato in città per affidarsi alla magnanimità dell’Onorevole Grande Samurai, la cui fama di saggezza e generosità valicava i confini del Paese.
L’Onorevole Grande Samurai aveva ascoltato in silenzio il triste racconto e si era impietosito per la sorte dei tre piccoli e della moglie, che non avevano di che mangiare. Alla fine aveva concesso al Povero Pescatore un prestito. Il Grande Samurai però lo aveva avvertito: «Tra un anno, quando sbocceranno i fiori della primavera e l’aria sarà dolce di profumi, ti aspetterò nel salone del mio palazzo e mi riporterai il dovuto. Non voglio speculare: mi basta quanto ti ho dato, nessun soldo in più. Solo ti ricordo: per me gli impegni sono sacri. Non tollererò ritardi. Voglio la tua parola».
Il Povero Pescatore, commosso, si era inchinato e gli aveva dato la sua parola. Poi aveva ringraziato, benedicendolo per la sua bontà.
C’era una volta, in un bel bosco pieno di piante e di stagni, una giovane rana di nome Gaia. Gaia era il terrore degli insetti dello stagno: ogni mosca ed ogni zanzara che passava dalle sue parti, lei le guardava dritte in faccia ed in un secondo… allungava la sua lingua veloce ed appiccicosa e… gnam, era bell che divorata!
Un bel giorno, Gaia sentì il ronzio del batter d’ali di un insetto. “Sta per arrivare la mia cena”, pensò. Alzò gli occhi al cielo pronta a lanciare la sua tremenda lingua sul malcapitato insetto, ma sentì dei rumori strani, che la distrassero. Erano dei singhiozzi, e provenivano proprio dall’aria. Era un piccola mosca, che volava tutta timorosa e che ogni tanto, tra una lacrima e l’altra, chiamava i suoi genitori.
“Papà, mamma! Papà, mamma, dove siete?”, gridava la moschina. Ed alla vista di questa scena, la rana Gaia si intenerì… Anzichè afferrare al volo l’insetto, si rivolse a lei, chiedendole: “Ehi, tu, piccola mosca, perchè piangi?”