Riciclando si impara

Fiaba pubblicata da: Ilaria

-Mmmm, che buoni questi biscotti!- esclama la bambina, aprendo con golosità il pacchetto che trova in credenza in cucina. Corre fuori al parco giochi dove la stanno aspettando i suoi amici, mangiando con avidità un biscotto dopo l’altro. Che buoni, questi hanno anche il triplo cioccolato! Sono così buoni, che in pochi minuti finiscono: la bambina estrae l’ultimo biscotto, e mentre lo addenta lascia cadere a terra il pacchetto vuoto e lacerato, che atterra nell’erba del parco giochi; ogni tanto, si muove leggermente e crepita a una folata di vento, altre volte compie veri e propri tragitti in mezzo alle altalene e agli scivoli, evita un pallone, o i denti di un cagnolino o il becco appuntito di un uccellino che sperano ci sia ancora qualche briciola incastrata nelle sue pieghe. La bambina ovviamente non fa caso al destino del pacchetto dei suoi biscotti, e gioca felice con i suoi amici, che ovviamente non sono gli unici frequentatori del parco giochi: ci sono ragazze che lo attraversano correndo mentre fanno jogging, due anziane signore che chiacchierano su una panchina all’ombra di un albero, un papà che spinge il suo bambino sull’altalena, e un nonnino seduto su una panchina che si guarda intorno bonariamente da dietro i suoi occhiali alquanto consunti, tenuti insieme da delle placchette di alluminio. È un signore piuttosto strano: ha una t-shirt blu con macchie bianche che sembrano quasi nuvole, una borsa al suo fianco fatta di pezzi di altre borse di plastica, pantaloni composti da ritagli di diversi jeans di differenti colori, ma ha un’espressione serena sul volto. Quando il pacchetto vuoto dei biscotti della bambina rotola vicino ai suoi piedi, quasi fosse stato attirato da una calamita, il nonnino si inchina, lo raccoglie e lo ripone nella sua borsa; poi si alza e se ne va. La stessa scena si ripete per altri due o tre giorni di seguito: la bambina arriva al parco e lascia cadere a terra con noncuranza l’involucro della sua merenda ogni giorno diversa e corre a giocare; immancabilmente il pacchetto vuoto rotola fino a raggiungere il nonnino che lo raccoglie, lo ripone in borsa e se ne va. Il quarto giorno, però, la bambina, giratasi di spalle al cerchio dei suoi amici per recuperare la palla calciata troppo lontano da un tiro poco mirato, assiste al recupero del pacchetto da parte del nonnino, senza riconoscere che sia il suo gettato poco prima, e scuote la testa, pensando sia matto; ma il nonnino alza lo sguardo proprio in quel momento, e la sua espressione benevola si corruga leggermente in una smorfia di tristezza. La bambina si volta, un po’ indispettita, e torna a giocare.

Il giorno dopo, intenta a terminare la sua brioche alla marmellata, mentre sta per lasciar cadere a terra il suo involucro si guarda intorno per la prima volta, controllando se il nonnino ci sia e la stia osservando: in effetti, ci sarebbe, ma è seduto di spalle, quindi non può vederla, e se la carta gli rotola vicino, non può di certo dire che sia la sua, con tutte le persone che ci sono nel parco oggi; e così, la getta a terra per l’ennesima volta. Il nonnino non si è minimamente girato, quindi è salva e passa addirittura vicino alla sua panchina, baldanzosa e sicura di sé: forse, proprio per questo fa quasi un salto quando il nonnino con tranquillità la apostrofa:

-Potresti andare a raccogliere la tua spazzatura per favore?

La bambina si volta e lo guarda con un misto di stupore, paura e risentimento:

-Parli con me? Di che spazzatura parli?

-Di quella che conteneva la brioche che ti ha lasciato briciole sulla maglietta e le dita appiccicose di marmellata.

Ora la bambina ha veramente paura: ma come fa questo nonnino a sapere come fosse fatta la sua merenda? Il nonnino nota la sua preoccupazione e le sorride leggermente per tranquillizzarla, dicendole:

-Non c’è niente di male a fare merenda: ma la carta, la spazzatura in generale, non deve essere gettata in terra. Va riciclata. Se tutti facessero come te, il mondo sarebbe ancora più sporco di come è ora, e finirebbero prima o poi i tutti i materiali per costruirci ciò di cui abbiamo bisogno. Non trovi? Quindi, per favore, vai a raccogliere la tua cartaccia e gettala nel cestino.

La rabbia supera la paura nella bambina: come si permette questo sconosciuto di dirle cosa fare? Proprio per questo, in modo alquanto sfacciato, ribatte al nonnino:

-Non ci penso nemmeno. È spazzatura, è sporca, è per terra, e lì resta, figurati se mi sporco le mani per buttarla! Ci penseranno gli spazzini domani mattina o stasera.

-Quelli che chiami spazzini, cara bambina, lavorano anche per te, si alzano presto la mattina quando tu ancora dormi, al fresco di un condizionatore quando è estate o al calduccio delle tue coperte in inverno, per pulire un po’ di più il mondo, anche per te.

-Appunto, che lavorino allora! Raccoglieranno anche la mia domani.

-Come preferisci. Ma ricorda che ciò che buttiamo, in un modo o nell’altro torna sempre da noi, e se non è riciclato, non torna da noi in una bella forma.

La bambina scuote la testa, confermando a sé stessa che questo nonnino deve essere un povero barbone pazzo, e lo lascia lì seduto sulla panchina, correndo a giocare. Il nonnino, però, stavolta si alza e se ne va, e la carta delle brioche continua a vagare per il parco, senza che nessuno la raccolga, lasciandola andare per la sua strada.

Quando inizia a tramontare il sole, la bambina e i suoi amici tornano a casa; dopo la doccia, la bambina entra in cucina, si lava le mani nel lavello e si siede a tavola, aspettando che la mamma le metta la cena nel piatto. Ma quando la mamma si avvicina con la pentola al suo piatto, la sgrida arrabbiata:

-Ma ti sembra il caso? Ma cosa ti salta in mente? Butta subito questa cartaccia, lava il tuo piatto e poi mangerai! Non ti ho insegnato a essere così sporca!

La bambina la fissa senza capire, ma quando abbassa gli occhi sul suo piatto, nota con orrore che contiene la carta della brioche alla marmellata della sua merenda del pomeriggio. Impaurita, la getta nella pattumiera sotto al lavello, lava e rilava il piatto due o tre volte e poi si siede a tavola, ma ormai l’appetito le è passato.

Quella sera, va a letto preoccupata e incredula: che specie di magia è questa? Che quel nonnino le stia facendo uno scherzo di pessimo gusto? Probabilmente è stato un caso, magari aveva la carta attaccata sotto alla scarpa e se l’è trascinata in casa, ma questo se fosse vero comunque non spiegherebbe come fosse finita poi nel suo piatto. Decide di non pensarci e di dormirci sopra, ma proprio nel momento in cui appoggia la testa al cuscino, sente un pezzo di plastica crocchiante sotto alla nuca: stizzita accende la luce e trova sul cuscino la carta della merenda del giorno precedente, quella della brioche alla crema. Sempre più furiosa, va a dormire sul divano senza fare rumore per non svegliare i suoi genitori e dopo aver gettato la seconda cartaccia nella pattumiera, e anche se si assopisce dorme poco e male perché sogna cartacce con le gambe che la inseguono ovunque.

Al mattino, stanca più di quando è andata a dormire, va in bagno per lavarsi la faccia: peccato che, quando afferra il sapone, al suo posto sente nelle sue mani bagnate dall’acqua del rubinetto il pacchetto vuoto dei biscotti panna e cioccolato dell’altro ieri, ed esasperata si asciuga la faccia con l’asciugamano ed entra nella sua stanza per cambiarsi il pigiama e mettersi i vestiti puliti da indossare quel giorno. Peccato che, una volta aperto il cassetto delle t-shirt, trova una quarta cartaccia che avvolgeva la merendina con la crema al latte. Adesso non ne può proprio più! Si veste in fretta e furia, esce di casa, e si apposta al parco, ma nonostante passino le ore, del nonnino non c’è traccia. Mentre aspetta seduta sulla panchina dove di solito è seduto lui, si guarda intorno sconsolata: dovrà vivere da ora in poi sempre in mezzo alla spazzatura? La mamma l’ha anche sgridata ieri sera. E se poi non la volesse più nessuno perché tutti penserebbero a lei come a una bambina sporca e puzzolente? Si porta le ginocchia contro al petto, appoggia sopra la testa, e inizia a piangere sommessamente, sconsolata, in mezzo al parco giochi deserto. Continua a piangere, fino a quando sente qualcuno sedersi in silenzio accanto a sé e accarezzarle i capelli. Alza la testa, e vede il nonnino sorriderle benevolmente.

-Cosa c’è che non va, bambina?

-Avevi ragione! Le cartacce sono tornate tutte da me! Sono dappertutto, non riesco a liberarmene! Cosa posso fare? Ho paura che i miei genitori e i miei amici non mi vogliano più bene!-gli dice la bambina piangendo ora a dirotto.

-Se hai paura di non piacergli più così…migliora!- le sorride benevolo il nonnino –hai detto tu stessa che non ti piace avere rifiuti dappertutto e che ti fanno sentire e sembrare sporca: bene! Allora raccoglili e buttali via, ovviamente dividendoli in base al loro materiali…altrimenti ritorneranno ancora, ma sotto la stessa brutta forma. Se invece li riciclerai, sicuramente torneranno, ma con un aspetto molto più utile e bello di come sarebbero se tu non li riciclassi.

La bambina ci riflette un attimo sopra: effettivamente, le bottiglie di acqua che compra la mamma al supermercato sono fatte di plastica riciclata; forse, una volta erano un involucro di plastica, magari di una delle sue merendine preferite. E la carta dei suoi quaderni, a volte leggermente meno bianca del solito, ma comunque bella, è fatta da altra carta riciclata che chissà, magari una volta era la carta regalo che avvolgeva qualche sorpresa. Sorridendo, annuisce al nonnino, che nel frattempo ha tirato fuori da non si sa bene dove la sua borsa contenente le cartacce della bambina. Gliela porge senza dire una parola; non ce n’è bisogno, lei ormai ha capito cosa deve fare. La afferra, la porta con sé fino ai bidoni del parco e suddivide i rifiuti delle sue merende con cura; poi, dopo aver reso la borsa al nonnino e averlo salutato, corre a giocare. E quella sera, quando torna a casa, non trova nessuna cartaccia a letto o nell’armadio. E il giorno dopo, quando corre felice al parco a giocare di nuovo con la sua merenda al triplo cioccolato, la scartoccia e butta la cartaccia nel bidone giusto, mentre il nonnino seduto sulla sua solita panchina le strizza l’occhiolino, sorridendo.



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