Il richiamo dell’aurora boreale
Fiaba pubblicata da: Ilaria
Tala correva veloce sulla neve gelida: le sue zampe percuotevano ritmicamente la crosta bianca e il loro incedere unito al suo respiro, corto anche a causa della preoccupazione, erano gli unici suoni udibili nel silenzio della notte scura.
Aveva ormai setacciato tutta la macchia di alberi dove viveva il suo branco, spingendosi addirittura ai margini del villaggio degli uomini lì vicino, ma del suo piccolo nessuna traccia.
Dove poteva essere scappato? Tra l’altro, non sapeva ancora orientarsi, non era stato ancora nemmeno una volta fuori dalla piccola zona brulla vicino alla tana, mai stato lontano dal branco..da solo non avrebbe mai ritrovato la strada di casa.
Ma Tala non aveva idea di dove poter cercare ancora.
Le stelle illuminavano a malapena la neve su cui correva e distinguere le sagome intorno era veramente difficile.
Ogni tanto provava a chiamarlo ma l’unica risposta che otteneva era il silenzio pesante e quasi assordante che la circondava e schiacciava con la sua desolazione.
Stava iniziando a perdere le speranze ormai..fino a quando un bramito prorompente squarciò l’aria scura della notte.
Tala si fermò di scatto tendendo le orecchie per capire da dove provenisse il verso arrabbiato dell’orso, che si ripeté una seconda volta, seguito da un mugolio spaventato…la voce del suo cucciolo.
Individuata la direzione la lupa iniziò quindi a correre verso quei suoni, con il cuore che batteva fortissimo: in che guaio si era mai cacciato il suo piccolo? Le stelle illuminavano debolmente un piccolo bosco dentro cui entrò Tala schivando rami e sprofondando a volte fino al petto nella neve profonda.
Si udì un altro bramito furioso seguito da uno schiocco di rami recisi: la lupa accelerò ancor più la corsa, ritrovandosi infine davanti a quella che al tremolio delle stelle identificò come una caverna nella roccia, probabilmente la tana dell’orso.
Sentì un fruscio e un rotolare di piccole rocce mischiate a neve alla sua sinistra e seguì quel rumore ancora, allontanandosi dalla tana verso il dirupo che si affacciava sul torrente, ghiacciato solo ai bordi lungo le rive.
E lì intravide finalmente la sagoma del suo cucciolo spaventato, con il pelo irto e il muso arricciato mentre digrignava i piccoli denti candidi verso un enorme orso scuro che lo sovrastava e stava per colpirlo con la sua possente zampa.
Probabilmente il lupacchiotto era entrato nella caverna per cercare riparo dal freddo, svegliando l’orso che quasi sicuramente aveva dei piccoli con sé e credendolo una minaccia per loro gli si era avventato contro, scacciandolo prima dalla tana e ora spingendolo fino al torrente per gettarglielo.
Tala allora si lanciò dalla cima del dirupo atterrando sulle spalle dell’orso che non si aspettava questo attacco e indietreggiò sorpreso fino a inciampare e cadere sulla schiena; la lupa fece appena in tempo a spostarsi per non esser schiacciata dal suo peso.
Con rapidi movimenti si frappose fra il suo cucciolo, meravigliato di vederla e sollevato, e l’orso che lentamente si stava rialzando; l’enorme animale, preoccupato nel vedere addirittura due lupi, ruggì ancora più forte per allontanarli, minacciandoli con la zampa alzata.
Tala e il lupacchiotto indietreggiarono un poco, finendo sui bordi ghiacciati del torrente..che ad un tratto cedettero sotto le zampe del piccolo lupo.
Tala si volse con il cuore più raggelato del ghiaccio sotto di sé e vide con orrore il suo piccolo cadere nell’acqua gelata con mugolii spaventati e venire sballottato via dalla corrente rapida del torrente.
L’orso vedendo questa scena indietreggiò lasciando libera la lupa di correre via lungo la sponda del fiume, avendo ormai capito troppo tardi che erano innocui, e se ne tornò nella sua tana dai suoi cuccioli.
Nel frattempo Tala aveva ripreso a correre, seguendo il corso del torrente, fino a quando arrivò a un bivio dove non vide in quale dei due rami fosse finito il suo piccolo: il torrente era scuro a causa della notte che vi si rifletteva dentro e il lupacchiotto restava a galla a fatica, scuro e fradicio, sballottato dalle piccole onde gelide che per lui sembravano molto più grandi e pesanti.
Ma la lupa non si perse d’animo: il suo cucciolo era forte come lei, avrebbe resistito, doveva resistere; il torrente tra l’altro tornava a riunirsi dopo qualche chilometro e il livello dell’acqua era praticamente pari all’altezza delle sponde, a quel punto sarebbe stato più facile recuperarlo per la collottola.
Continuò quindi a correre lungo la sponda del ramo sinistro del torrente, evitando i punti in cui il ghiaccio sembrava cedere, risalendo un po’ il dirupo che andava comunque pian piano abbassandosi, fino a quando arrivò al punto in cui i due rami si ricongiungevano; e rimase lì ad attendere.
Trascorse ancora diverso tempo, mentre la notte iniziava a schiarire e le stelle piano piano a sbiadire una a una; ma del suo piccolo ancora non c’era traccia.
Il torrente scorreva imperterrito senza portare con sé nient’altro che acqua e qualche pezzo di ghiaccio mezzo sciolto.
Decise allora di fermarsi; probabilmente continuare a spostarsi non l’avrebbe aiutata a ritrovare il suo cucciolo, ma doveva trovare un modo per lanciare un segnale in modo che fosse il lupacchiotto a questo punto a trovarla.
Iniziò così a chiamarlo, senza ricevere risposta; poi provò a ululare, sempre più forte e più a lungo possibile, per fargli sentire la sua voce e guidarlo.
E mentre ululava con il muso rivolto al cielo, i raggi del sole che stava nascendo incontrarono la sua voce e seguendo l’intensità e la lunghezza dei suoi richiami formarono un nastro dai colori tenui nel cielo notturno, che virava ormai verso l’azzurro intenso del mattino: l’aurora boreale.
Il lupacchiotto nel frattempo, arenato sulla sponda del ramo destro del torrente, alzò il piccolo muso sporco di fango e incrostato di ghiaccio verso il cielo, drizzando le orecchie nel buio che finalmente stava svanendo.
Riconobbe la voce di Tala, ma non riusciva a capire da dove provenisse; si alzò a fatica sulle zampe doloranti e tremanti dal freddo e si scrollò per togliere almeno in parte l’acqua di cui era intriso il suo pelo.
Si mise quindi in ascolto: l’ululato della mamma aumentava sempre più di intensità e risuonava potente sull’acqua fragorosa del torrente, scivolando sul ghiaccio fino alle sue orecchie.
Cercò con gli occhi un guado nel torrente per arrivare sull’altra sponda e superare poi anche l’altro ramo del fiume.
Lasciandosi guidare dalla voce di Tala e dal poco chiarore che iniziava a diffondersi intorno, arrivò all’altra sponda scivolando sulle rocce ghiacciate e nuotando in certi tratti spinto dalla corrente.
Risalì il piccolo dirupo e si ritrovò subito a scendere dopo pochi metri sulla sponda del primo ramo del torrente.
Qui, l’ululato di Tala risuonava ancora più speranzoso e potente e, ora che il sole aveva incontrato la sua voce, il lupacchiotto poteva scorgere in nastro colorato nel cielo che sembrava snodarsi verso di lui indicandogli la strada da percorrere.
Il piccolo allora si tuffò senza esitazione nell’acqua ghiacciata e nuotò deciso verso l’altra sponda, con la corrente che trascinandolo lo portava più vicino all’origine di quel nastro che gli faceva da guida.
Quando toccò con le zampe il ghiaccio della riva barcollò per un attimo disorientato dalla corrente che lo aveva scosso fino a poco prima, rischiando di scivolare di nuovo nell’acqua gelida; ma il richiamo di Tala sembrò farsi ancora più forte e l’aurora intensificò i suoi colori, come a dirgli di non cedere e il cucciolo balzò sulla terraferma, mettendosi a correre più forte che poteva ora in direzione dell’origine dell’aurora boreale.
E proprio mentre il sole stava per spuntare a illuminare la distesa bianca di neve, sciogliendo il nastro colorato nel cielo, la lupa smise di ululare perché finalmente il suo piccolo l’aveva trovata.
I due si corsero incontro sfregando i musi e i nasi l’uno contro l’altro, mentre i raggi del sole facevano brillare la neve candida intorno a loro.
E da quel giorno l’aurora boreale divenne simbolo dell’incontro tra la terra e il sole del mattino, luce che rischiara il cammino e sconfigge le tenebre di chi si è perso.
Proprio come il piccolo lupo, che tornò a casa quel mattino a fianco della sua mamma, ancora piccolo, eppure già un po’ più maturo e grande.