La magia del filo di ragno

Fiaba pubblicata da: Geremina Leva

C’era una volta nella torre più alta del più alto castello di tutti gli alti regni una principessa, ahimè tenuta prigioniera dal suo stesso padre, il re. Non se ne conosce bene il motivo ma si dice che la principessa da piccola avesse disobbedito più e più volte, dando scappellotti a destra e a manca, facendo linguacce alla servitù e tirando la coda a tutti i cavalli e a tutte le damigelle del regno. Si dice anche però che il re non volesse dividere la sua ricchezza con nessuno, nemmeno con sua figlia. Fatto è che la principessina era stata rinchiusa e la chiave buttata chissà dove.

Ora, dopo anni e anni, la principessa era cresciuta ed era diventata saggia e con una gran gioia di vivere. Il mondo che riusciva a vedere dalla piccola finestrella le sembrava troppo bello e grande e colorato e smisurato per non avere voglia di correre e arrampicarsi sugli alberi e fare capriole e giravolte. Un giorno, uno di quei giorni più tristi, si affacciò e le lacrime che le scendevano a flotte come coriandoli senza colori, per lo stupore le si fermarono tutte sulla punta del naso. Chi era? Cos’era quel movimento in giardino? In quel piccolo campo lasciato incolto da chissà quanti secoli?

Gli animali del posto non potevano essere perché sapeva riconoscere ogni loro passo, doveva essere per forza uno straniero; animale, uomo, donna o bambino, ma straniero.

Era in effetti il figlio del giardiniere, che aveva deciso di far rifiorire gli alberi e le piante di quel lato del castello a cui nessuno pensava mai. La principessa allora cercò di farsi notare ma la torre era molto alta e siccome non le era consentito avere carta e penna ma era una bravissima ricamatrice, prese l’ago e ricamò un messaggio sul lembo del vestito che calò giù dritto, appeso ad una cordicella. Geniale!

E così che i due iniziarono a conoscersi, scrivendo e ricamando messaggi e lasciandoli trasportare da sottili fili di stoffa. L’amicizia si trasformò presto in amore e i due giovani speravano tanto di potersi incontrare e vedere da vicino. Ma come fare? Il giovane si rivolse allora ad una vecchia zia. Era una sarta e ricamatrice talmente brava che tutti pensavano avesse poteri magici. Le raccontò del suo amore sfortunato e implorandola le chiese: “Aiutami a liberare la mia amata. Il re non lascia avvicinare nessuno a quella torre”.

La vecchia zia, udita ben bene tutta la faccenda, gli disse: “Posso aiutarti ma devi fare esattamente come ti dirò io. Va’ adesso, e torna fra tre ore! Non dovrai farne parola con nessuno e avvisa tuo padre che dormirai fuori questa notte e la prossima”. Il giovane annuì e uscì. Rimasta sola la zia prese ago, filo, una tela nuova di zecca e riprese a ricamare. Rialzò il capo solo quando il lavoro fu finito e alzando la tela, prese a leggere ciò che aveva ricamato:

Ago e filo intrecciato
sulla tela ricamato
il misfatto di un re disonorato.
Che per tenere la ricchezza
tutta chiusa nel suo nome
sta tenendo prigioniera
l’unica figlia, senz’amore.

Va’ allora, presto presto,
buon ragno innamorato.
Fa’ che l’odio nelle tue trame
resti infine intrappolato.
E così che liberati amore e regno
possa il rango di un giardiniere
esserne degno.

Trascorse le tre ore il giovane ritornò ma appena chiusa la porta un incantesimo lo trasformò in un ragno. La vecchia zia allora lo afferrò, lo posò sul muro e gli disse: “Ora tocca a te! Trama e tessi la tua tela!” e il ragno si arrampicò fino al soffitto. Quando finì, la zia prese la tela, la avvolse attorno ad una spoletta e per tutta la notte rimase a lavorare. Al mattino era pronto uno splendido e abbagliante scialle. Prese poi il ragno, lo nascose bene bene nello scialle e si recò a palazzo dove chiese di parlare con il re.

Il re fin da subito rifiutò il regalo ma la vecchia zia lo implorò: “Vi prego, accontentatemi maestà! Ricordo la giovane principessa quando entrava felice nella mia sartoria e mi diceva “Insegnami a ricamare, voglio essere brava come te per fare il mantello più bello di tutti i re al mio papà. E veniva tutti i giorni per imparare. Metteva sì, tutto a soqquadro (birbante d’una birba!) ma tanto garbata e volenterosa”. Il re, forse un po’ commosso, acconsentì a far portare lo scialle alla figlia.

Il resto della storia è presto indovinato: la fanciulla aprì la scatola e posatosi lo scialle sulle spalle sentì non stoffa ma le braccia del suo amato.

Scesero i due al cospetto del re. Questi trasalì ma non fece in tempo a chiamare le guardie che la figlia gli posò il mantello sulle spalle e il suo odio sparì nella magia del filo di ragno.



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