L’uccello Grifone

Fiaba pubblicata da: Nonno Frank

La mia nonna, nata nel 1889, mi narrava sempre una fiaba simile a quella che ora vi racconto e che fa parte della tradizione narrativa italiana.

Tanto tempo fa (così cominciavano tutte le vecchia fiabe), c’erano tre ragazzi orfani e soli . Baldo il più grande, Poldo quello di mezzo e Mimmino che era il più piccolo (un vero soldo di cacio ).

Un giorno arrivarono nei pressi di un bellissimo palazzo circondato da un muro molto alto e da un fossato di acqua melmosa che sembrava terra. Baldo domandò ad un contadino che stava lavorando in un campo vicino chi fosse il proprietario di questa meraviglia, rispose che era dell’uccello Grifone e che il luogo era stregato, perché chi entrava e guardava le statue posizionate lungo il sentiero diventava anch’esso di pietra. Disse poi che l’uccello aveva una penna della coda tutta d’oro tempestata di pietre preziose che valeva una fortuna, molti avevano tentata la sorte ma erano diventati tutti statue.

Baldo si avvicinò al cancello del palazzo e grattandosi la testa disse “se riusciamo a prendere quella penna risolviamo tutti i nostri problemi…perché non tenti tu Mimmino, sei piccolo e nessuno ti vedrà, poi sei capace di correre molto forte”. A Mimmino, come potete immaginare, tremarono le gambe, ma tanto insistettero i fratelli che lo convinsero ad entrare.

Il cancello era aperto, il ragazzo mise le mani davanti agli occhi lasciando un piccolo spazio per vedere dove andavano i piedi e cominciò a correre. ” Mimmino…Mimmino voltati ” gridavano le statue, ma lui via a correre ancor più forte, finché arrivò al portone del palazzo, con un piccolo tocco lo aprì e si trovò in un salone immenso tutto dorato, al centro, sopra un trespolo dormiva l’uccello Grifone.

Era fortunato perché questo grande uccello quando dorme non sente nulla . Mimmino vide la penna d’oro che luccicava con uno sfolgorio stupendo, adagio si avvicinò, l’afferrò forte con le mani, diede uno strattone e viaaaa… chiudendo gli occhi uscì dal portone e si mise a correre più forte che poteva, mentre le statue gridavano ” Mimmino…Mimmino voltati…voltati ” .

Arrivato al cancello i fratelli presi dall’entusiasmo gli strapparono dalle mani la penna sollevandola trionfalmente in aria e non si accorsero che nel trambusto Mimmino aveva perso l’equilibrio ed era caduto nel fossato.

Baldo e Poldo intenti a rigirarsi tra le mani la penna non pensarono subito al fratello, anzi non vedendolo credettero che dalla paura avuta si fosse nascosto in un cespuglio . Lo chiamarono più volte, ma non avendo ottenuta riposta Baldo disse “andiamo subito in paese a vendere la penna, perché se ci vede qualche male intenzionato ce la porta via ” Poldo aggiunse “e Mimmino ?” ” Vedrai che si è nascosto, quando avrà smaltita la paura ci seguirà “.

Passarono invece alcuni giorni e nel fossato dove era caduto Mimmino era nata una bella canna lunga con un pennacchietto sulla cima.

In quelle contrade transitava sempre uno “stracciaio” (in quel tempo c’era chi comperava e vendeva gli stracci ) e urlava in continuazione …”stracci….stracci” questo per attirare l’attenzione degli abitanti di quei luoghi . Quel giorno passò proprio davanti al palazzo dell’uccello Grifone.

Sapeva che era un luogo magico, ma era anche stanchissimo di gridare tutto il giorno e vedendo quella bella canna nel fossato disse fra se “ora mi faccio un bel fischietto così riposerò un poco la gola “.

La prese, la intagliò ben bene e provò a soffiarci dentro, ma invece del suono uscì uno strano canto ” stracciaio mio che in bocca mi tieni io sono caduto nel fosso terreno, senza causa e senza occasion sol per la penna dell’uccel Grifon!”

Lo stracciaio lasciò cadete la canna per terra e rimase con gli occhi e la bocca spalancata e la lingua di fuori che toccava quasi il mento. Ritornò a raccogliere il fischietto e provò nuovamente a soffiare e…” stracciaio mio che in bocca mi tieni io sono caduto nel fosso terreno, senza causa e senza occasion sol per la penna dell’uccel Grifon !” Quasi cadde a terra e dentro di se disse ” con questo fischietto magico diventerò ricco, corro in paese per venderlo.”

Baldo e Poldo intanto avevano venduto la penna ricevendo in cambio un bel sacchetto di monete d’oro e tornavano sui loro passi per cercare il fratellino .

Lo stracciaio non si stancava di soffiare nel fischietto magico e quella strana canzoncina lo ammaliava …” stracciaio mio che in bocca mi tieni….” per combinazione incrociò il cammino di Baldo e Poldo e quando i due fratelli udirono il motivetto esclamarono quasi all’unisono ” ma questo è Mimmino !”

Chiesero all’uomo se voleva vendere quel fischietto per dieci monete d’oro, lui lo cedette senza pensarci un attimo, anzi se ne andò in fretta per paura che i due ragazzi avessero dei ripensamenti.

Quando Baldo e Poldo furono soli il fratello maggiore soffio nel fischietto e uscì una canzoncina un poco diversa…” fratello mio che in bocca mi tieni io sono caduto nel fosso terreno, senza causa e senza occasion sol per la penna dell’uccel Grifon “… “ma ormai passata è la magia…spezza la canna e mandala via !”

Baldo obbedi, spezzò la canna e come in un lampo abbagliante riapparve Mimmino, sano e vegeto .

I fratelli lo abbracciarono con le lacrime agli occhi, pentiti di non averlo cercato subito, ma si sa quando le storie finiscono bene tutto si perdona ….anche perché tutti e tre vissero ricchi, felici e contenti.



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