La fabbrica dei sogni

Fiaba pubblicata da: Aleksandra

C’era una volta un piccolo paese di nome Poggiatesta. Si trovava in cima a un monte roccioso che dominava una meravigliosa vallata verde. Guardando dall’alto, i tetti bianchi delle case insieme alle rocce circostanti formavano un grande cuscino (da lì il nome del paese). Nel bel mezzo di quel cuscino, quasi come una testa appoggiata là per dormire, si ergeva un edificio ovale con tante finestre sempre aperte, dalle quali, come capelli al vento, svolazzavano le tendine colorate. Era la fabbrica dei sogni.

A fondarla tanti anni fa fu un omino dall’aria triste con il naso a patata e lunghi baffi color cenere, che si attorcigliavano sopra la bocca in due ghirigori a spirale. Nessuno sapeva il suo vero nome, perché da sempre veniva chiamato Signor Acchiappasogni.

Egli aveva una sorella gemella, che era la sua principale aiutante nonché ottima pasticciera, soprannominata Signora Bignè.

Che cosa produceva la fabbrica dei sogni, vi chiederete? A dire il vero non produceva, ma confezionava sogni.

Il signor Acchiappasogni ebbe quell’idea già da piccolo, quando fu colpito da una febbre molto alta che gli lasciò come eredità lunghe notti insonni. Dormiva poco senza aver mai il tempo di iniziare e finire un sogno. Sua sorella, invece, era una grande sognatrice, e amava raccontare i sogni al suo fratello: “Stanotte ho sognato una giraffa che con il suo collo lungo usciva dal camino di casa nostra e mangiava le nuvole come pop-corn!” Oppure: “Ho sognato di camminare sopra un prato pieno di fiori e al posto dei piedi avevo radici che arrivavano fino al centro della terra”.

Suo fratello ascoltava con stupore e intanto ribolliva di invidia. Così, un giorno, si mise a costruire uno strano aggeggio che assomigliava tanto a un casco per ciclisti, dal quale usciva un lungo tubo che finiva poi in una boccetta di vetro. L’apparecchio aveva il potere di acchiappare i sogni.

 

Siediti qua bambino. Così, bravo. Adesso tieni forte il casco con le mani e, intanto, raccontaci il tuo sogno.”  Wuf, wuf, cichicii, cichicii, wuf, wuf… si sentiva subito dopo. E il sogno del bambino era già stato acchiappato e imbottigliato, wow! I piccoli presta-sogni venivano compensati con torte e dolci della signora Bignè, le boccette di vetro etichettate e portate in tutte le parti del mondo come regalo di Natale. In sostanza, il nostro signor Acchiappasogni era una specie di Babbo Natale dei sogni. La persona che riceveva in regalo la boccetta col sogno doveva solo aprirla e metterla sotto il naso.

 

Matteo, un ragazzino di sette anni, tutto guancette rosse lentigginose e capelli color fuoco, andava spesso alla Fabbrica dei sogni. A volte da solo, a volte accompagnato dal nonno Mario. Faceva tanti bei sogni, che forse erano il prodotto di una sua ricetta personale. Prima di andare a letto beveva un bel bicchierone di latte tiepido con miele, si tirava la coperta sopra la testa e in meno di un paio di minuti iniziava a sognare. I suoi sogni erano richiestissimi e lui golosissimo di dolci della signora Bignè.

Quella mattina prima di Natale Matteo arrivò accompagnato dal nonno Mario, ultra novantenne, reduce della Prima guerra mondiale. Nonno Mario era di cattivo umore, per via di un incubo che lo perseguitava da anni. Aveva sognato la solita battaglia dell’assalto alla fortezza di Durenbich dove persero la vita tanti soldati, suoi compagni. Matteo invece non vedeva l’ora di assaggiare la torta ai mirtilli fatta dalla signora Bignè e la signora Bignè, a sua volta, era un po’ brilla per via del nocino che ogni tanto prendeva quando aveva la tosse. Fu così che il casco acchiappasogni invece di finire sulla testa di Matteo finì su quella di nonno Mario. Nessuno si accorse di nulla perché Matteo intanto che divorava la torta, con la bocca piena, raccontava il suo sogno. Sull’etichetta fu scritto: “il sogno di Matteo: le farfalle in ricerca di un prato fatto di soli girasoli.”

 

In occasione del Natale il sindaco di Poggiatesta, un omaccione allegro, trovò sotto l’albero un regalo fattogli dalla moglie Lodovica, che era letteralmente esaurita dai suoi sogni angosciosi. Si trattava della boccetta con dentro il sogno di Matteo. Seguendo le istruzioni della moglie il sindaco la aprì, la mise sotto il naso e …

 

Da quel giorno i cittadini di Poggiatesta non trovarono più pace.

In meno di un mese la fabbrica dei sogni fu abbattuta e al suo posto fu costruita una grande fortezza, e i cittadini chiamati di corsa in servizio militare ad esercitarsi e difendersi dal nemico che da un momento all’altro poteva arrivare. Quale nemico? A Poggiatesta? Buhhhhhh!

Sta di fatto che il sindaco era sempre lì, vestito da soldato e armato fino ai denti, sulla torre principale della fortezza. Osservava la valle col binocolo e impartiva gli ordini, infuriato: “Il nemico si sta avvicinando, caricate i cannoni!” Il nemico sta attraversando il fiume, pronti a sparare!” Il nemico di qua, il nemico di là, e i cittadini a correre fino a perdere il fiato.

Più di altri erano i bambini a sentire la mancanza della pace e della loro amata Fabbrica dei sogni. Dove erano finiti tutti quanti?  Nessuno lo sapeva. Che tristezza!

Finché un giorno il nonno Mario, così per caso, facendo una passeggiata con Matteo esclamò davanti alla fortezza: “Guarda, guarda, è proprio uguale a quella del mio sogno!”

E la lampadina nel cervello di Matteo si accese: “Come mai non ci ho pensato prima. Il sindaco ha ricevuto il sogno di mio nonno!”

 

In meno di un’ora Matteo raggruppò tutti bambini di Poggiatesta, diede a loro latte e miele e li sistemò nella sua taverna a sognare. E loro sognarono, sognarono, sognarono… fino al mattino. Poi a tutti in fila, uno per volta, metteva il casco acchiappasogni.

Nel frattempo, Matteo ne aveva costruito uno uguale nella sua piccola officina ricordando le istruzioni del signor Acchiappasogni.

I bambini afferrarono le boccette con i loro sogni e con tanto coraggio, di notte, si avviarono verso la fortezza. Dovettero evitare le guardie e le scie luminose dei fari delle postazioni di sorveglianza. Guidati da nonno Mario, che conosceva la fortezza come le proprie tasche, s’infilarono dentro il passaggio segreto e arrivarono alla stanza in cui dormiva il sindaco. Entrarono piano, piano, in punta di piedi e aprirono le boccette sotto il suo naso mentre ronfava a gonfie vele. La stanza si riempì di sogni.

E farfalle, fatine, gnomi, principesse, maghi… occuparono il posto degli spari e dei nemici.

 

Non sto a raccontarvi cosa successe giorno dopo. La fabbrica dei sogni fu ricostruita e…

Insomma bambini, è un sogno, finitelo Voi!

 



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