battaglia-minestra

La battaglia della minestra

Fiaba pubblicata da: Martina Vecchi

Nel paese di Salicebianco i bambini non avevano più il sorriso. Si svegliavano senza entusiasmo, facevano svogliatamente colazione, non volevano andare a scuola (beh, la scuola non aveva mai costituito una grossa attrattiva, in realtà). Le mamme erano preoccupatissime, proprio su di giri. Improvvisamente erano diventate così permissive!

Se prima facevano di tutto per non viziare i loro figli, per farli rigare diritto, insomma, ora erano arrendevoli e consentivano ai bambini di fare praticamente qualsiasi cosa.

La situazione stava degenerando, ma per capire meglio cosa stesse accadendo occorre fare un passo indietro.

E’ risaputo che dalla notte dei tempi i bambini, o per lo meno molti di essi, non amano particolarmente la verdura. Il problema è che le verdure fanno tanto bene, sono ricche di vitamine, sono fondamentali per la crescita, rafforzano i muscoli, i legamenti, le ossa, il cervello bla bla bla…. Quante volte questi poveri bambini hanno subito la famosa ramanzina! Le mamme, animate da un forte senso di responsabilità e da uno smisurato amore materno, farebbero di tutto per vedere i loro pargoli crescere sani, forti e robusti.

Una dieta salutare ricca di frutta e verdura è un imperativo categorico, almeno fino alla maggiore età. Per quanto riguarda la frutta, pur non essendo essa il cibo preferito dei bimbi, si può sempre ovviare con una sfiziosa macedonia, un nutriente frullato. Che dire poi di una superlativa coppa di fragole con panna?

Ma la verdura. La verdura proprio no, non c’è verso di farsela piacere. In nessuna salsa.

I bambini si rifiutano di mangiare l’insalata perché è amara. Idem per il radicchio. Non parliamo poi degli spinaci! Una volta si riuscivano ad abbindolare i figli con l’espediente di Braccio di Ferro: ”Se mangi gli spinaci diventi forte come lui.. Guarda cosa riesce a sollevare!”. Ma i bambini di oggi sono troppo furbi.

Ebbene, nel paese di Salicebianco la tensione si tagliava col coltello.

Un bel giorno di maggio, l’esimio sindaco signor Seminagrane decise di adottare la politica della repressione, mutuando dal vicino paese Ramolungo la famosa tattica della Segregazione della Minestra. Tutti i bambini sarebbero stati costretti a mangiare la minestra di verdura, o il minestrone, pena gli arresti domiciliari, ma: niente TV, niente playstation, ma soprattutto niente pomeriggi con gli amici, niente cinema, niente calcio. Niente gelato.

Unica concessione: i bambini avrebbero potuto uscire, ovviamente, per andare a scuola. O a catechismo.

Rigorosamente sorvegliati da genitori o chi per loro.

Alcune famiglie in vista di Salicebianco, onde prevenire eventuali sommosse da parte dei propri figli turbolenti, decisero addirittura di assumere insegnanti privati per far impartire ai figli lezioni a casa!

I genitori, all’inizio un po’ perplessi a dir la verità (Salicebianco era un paese di gente pacifica, non si conosceva la dittatura), una sera si riunirono presso la Grande Sala Comune per decidere il da farsi.

– Il sindaco ha parlato chiaro – cominciò il padre di Giorgetto “non si può andare avanti così-.

– Ma cosa vuoi saperne dell’educazione di tuo figlio, tu che passi le tue giornate al bar con gli amici – rispose acida la moglie – Cosa vorresti insinuare? Che sono un nullafacente? Che sono un fallito? Ma quale bar, quali amici! Porto a casa il pane, io! – esclamò il marito, infastidito e con la coda di paglia.

Alla fine di un lungo pomeriggio di discussioni, i genitori accettarono di buon grado la proposta del sindaco, e già dalla mattina seguente misero in pratica la famigerata Segregazione della Minestra.

Schiere di bambini venivano quotidianamente scortati a scuola da genitori e parenti dall’aria arcigna e guardinga, e riaccompagnati a casa alla fine delle lezioni.

Bidelli preposti alla guardia di tutte le entrate e uscite degli edifici scolastici impedivano e stroncavano sul nascere qualsiasi tentativo d’evasione, e tenevano d’occhio eventuali sovversivi.

I bambini a poco a poco diventarono grigi e tristi come i grattacieli di Tokyo, parlavano poco, avevano perso ogni energia. Le madri, preoccupate, cercavano di accontentarli in tutto purché si sforzassero di mangiare la minestra di verdura, o il minestrone. I padri vivevano la situazione con relativo distacco, delegando alle mogli il triste incarico di preparare la cena. Dopo qualche tempo però, gli stessi genitori cominciarono a realizzare che qualcosa non andava. Infatti la politica della repressione stava facendo fallire tutte le pasticcerie, le gelaterie, le pizzerie, ma non solo.

Per la par condicio gli stessi genitori erano costretti a ingollare piatti di minestra, per dare il buon esempio ai loro figli. Con l’andare del tempo si erano verificati sporadici episodi di insurrezione da parte di quei padri e quelle madri che non potevano più sostenere un tale supplizio. Alcuni facevano veloci raid nelle ultime pasticcerie rimaste aperte e consumavano cene a base di dolciumi vari.

Il sindaco, signor Seminagrane, venuto a sapere delle orrende trasgressioni (aveva certi suoi scagnozzi sparsi per tutto il paese) trovò il modo di costringere tutte le famiglie di Salicebianco ad installare microtelecamere nelle stanze delle case, in modo tale da essere sorvegliati ventiquattr’ore non stop.

Una mattina di giugno tutte le famiglie si svegliarono, aprirono la finestra e annusarono l’aria. C’era un odore diverso.

Un paio di giorni prima il sindaco aveva fatto sapere che quella mattina ci sarebbe stata un’assemblea straordinaria alla quale avrebbero preso parte le autorità competenti e tutte le famiglie di Salicebianco. Ma il sindaco non era a conoscenza  dei bigliettini che da un paio di giorni circolavano per tutto il paese, di mano in mano, nascosti nelle giacche, nelle borse della spesa, negli zaini, persino nei calzini. I messaggi dicevano pressappoco così: ”Martedì mattina ore 9.30 alla Grande Sala Comune. Operazione sopravvivenza”.

Tutto era pronto. Tutto era deciso. Genitori e figli si diressero insolitamente baldanzosi all’assemblea. Si era arrivati finalmente alla resa dei conti.

La Grande Sala Comune era un enorme edificio giallo che si ergeva sul colle più alto di Salicebianco. Dalle enormi finestre si potevano vedere il sindaco, i suoi scagnozzi e i vari Assessori alle Verdure che dominavano la situazione.

Genitori e figli si avvicinavano capeggiati dallo storico Custode di Salicebianco, signor Chiavistelli, detentore delle chiavi di tutti gli edifici comunali e privati, comprese quelle della grande Sala Comune. Il piano stava per essere attuato.

Genitori e figli si sparpagliarono tutti attorno all’edificio e cominciarono tempestivamente a serrare e sigillare porte portoni e finestre del grande edificio, facendo allegri marameo agli ignari e sventurati sindaco, Assessori alle Verdure e relativi scagnozzi, che troppo tardi avevano capito l’inganno.

Fu un’insurrezione popolare: vennero lanciati ortaggi contro l’edificio, in segno di protesta.

Vennero intonati cori goliardici (dal contenuto che è meglio non ripetere).

Si improvvisarono danze e manifestazioni di giubilo calcistico.

Fu così che da quel giorno a Salicebianco il sindaco fu costretto a mangiare solo verdura, sorvegliato dai bambini, e le famiglie solo leccornie di tutti i tipi.



Contenuti suggeriti: