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La bimba del bosco di lecci

Fiaba pubblicata da: Valentina

Era una bimba, una donna, o forse uno spirito? Neanche lei lo sapeva, era stata sempre sola con il suo cerbiatto e non sapeva chi fosse, quanti anni avesse, che differenza ci fosse tra uno spirito e un corpo, tra un uomo e un fantasma. Conosceva solo il bosco, fitto di lecci, che a lei, piccolissima, apparivano alberi scuri e immensi.
Aveva una nuvola arruffata di capelli rossi, pelle bianchissima e due occhioni scuri, dolci e impauriti, ma brillanti e vivaci. Viveva di notte, riparandosi dalla pioggia in piccoli anfratti, parlando alle stelle e ai fiori, volando sulle ali delle civette per farsi cantare melodie lievi dalla luna, giocava a rincorrere i ghiri e i topi quercini, e non si separava mai dal suo unico amico, un cerbiatto che, come lei, non sapeva crescere ed invecchiare. All’alba i due amici cercavano un morbido letto di muschio e vi si adagiavano per dormire.

Lei coccolava accarezzando la morbida e calda pelliccia del cucciolo, che ricambiava le attenzioni con un sonno leggero, pronto a difendere la compagna di avventure da qualunque pericolo: quando sentiva passi d’uomo, con un incantesimo le faceva gelare la pelle e irrigidire i muscoli: chi l’avesse trovata l’avrebbe scambiata per certo con una bambola, dimenticata nel bosco accanto al piccolo pupazzo di un cerbiatto.
Forse la scena sarebbe apparsa un po’ strana, una bambola con gli occhi chiusi abbracciata ad un pupazzetto che vegliava su lei, ma da quelle parti solo i cacciatori andavano nel bosco: a loro interessavano i cervi grandi, grossi e in carne ed ossa, non i cerbiatti di pezza, avrebbero forse rapito una bellissima fanciulla dai capelli rossi, ma non una bambola!
Fu una notte d’autunno a farci incontrare, la notte in cui gli spiriti dal bosco vennero a cercarmi. Quella stessa notte, ogni anno, sentivo come un richiamo verso la collina che dominava il paese. Le nonne raccomandavano di lasciare sul tavolo una cena pronta, perché la notte di “Ogni Santi” era la notte delle anime e degli spiriti, ma io ero stanca e mi addormentai sul divano, lasciando la spesa ancora nelle buste sul tavolo e la porta aperta. Così all’improvviso sentii le loro voci, e non riuscii a resistere, dovetti andare nel bosco.
Uscii scalza, i capelli rossi arruffati, una sottoveste bianca, una vestaglia rossa. Percorsi le strade che di giorno mi facevano inciampare quasi danzando, saltando le pietre, sentendo il frusciare delle foglie e il gorgoglio del torrente che mi chiamavano ad addentrarmi nel folto del bosco, temibile anche alla luce del sole. Gli spiriti mi trascinavano in un mondo bellissimo, che vedevo con l’anima e non con gli occhi, ma quando gli alberi lasciarono il posto ad una radura la luna illuminò un piccolo cerbiatto che mi guardava con due occhi dolcissimi.
Non resistetti al desiderio di accarezzarlo, e gli corsi incontro. Dietro di lui si nascondeva una bimba spaventata, vedevo solo una nuvola rossa. “Non avere paura” dissi. Lei si voltò, i nostri sguardi incrociandosi si riconobbero e si amarono. Vide in me la donna che sarebbe stata se fosse mai riuscita a crescere, vidi in lei la bimba che ero e che mi ero dimenticata di essere. Gli spiriti corsero in paese per onorare la loro notte di giochi, ma noi dimenticammo tutto il resto. Così ricordai come si fa a volare con le civette e rincorrere i ghiri, e come si fa a giocare tutta la notte con cerbiatti veri che al mattino sembrano pupazzi.
Lei imparò come si canta e si culla una bimba, ascoltò racconti mai sentiti, imparò i nomi dei suoi amici notturni. Non ci accorgemmo che stava arrivando l’alba e che gli spiriti stavano tornando nel bosco: se mi avessero trovata con loro non sarei mai potuta tornare nel mondo dei vivi, il cerbiatto lo sapeva. Sentendo le loro voci mi spinse col muso ad adagiarmi sul muschio, si sdraiò accanto a me, mi sentii fredda e rigida ma addormentandomi il calore della sua pelliccia mi confortava. Dicono che sembravo una bambola quando mi trovarono, e che un cerbiatto mi stava vicino, ma sentendo arrivare gli uomini scappò via. Io so che mi svegliai con i suoi occhi che mi guardavano dolcemente e la sensazione di un bacio sulla fronte.
Sono passati molti anni, e io sono andata via dal paese ai piedi del bosco di lecci. Ma stanotte ho preparato la cena e l’ho lasciata sul tavolo. Nel cuore della notte, svegliandomi, ho visto due occhioni: “ti ho sognato” ho bisbigliato. Ho sentito un bacio sulla fronte e a guardarmi dal ciglio del letto c’erano un cerbiatto, una civetta, una nuvola di capelli rossi e occhi luccicanti da bambina.
Abbiamo volato alto stanotte, non abbiamo sognato. Siamo volati sul bosco e verso la luna, nella notte dove gli spiriti e gli uomini, quando si riconoscono, possono giocare ed essere felici.


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