Il soldato e la strega
Fiaba pubblicata da: Carlo-Maria Negri
Storia liberamente ispirata dall’omonima fiaba della raccolta di Aleksandr Afanas’ev (1826-1871)
Tanto tempo fa, nella città di Bolzano, c’era un soldato che per diversi anni aveva servito fedelmente il suo reggimento. Talmente bene, che per premiarlo il colonnello volle concedergli una bella licenza.
Ma il povero militare non sapeva che farsene di un periodo di riposo, perché non aveva una casa dove andare, né un amico che potesse ospitarlo.
D’altronde, dire di no al colonnello sarebbe stato un vero oltraggio.
Così il soldato decise di partire lo stesso per il mondo e, cammina cammina, presto incontrò una bellissima ragazza in mezzo a un meleto.
“Ehi, bella bolzanina, dove ti porta la mattina?” disse scherzosamente il soldato.
“Eh, chi può dirlo, magari mi porta da te, o forse più lontano” rispose la ragazza, che ridendo continuò diritta per la sua via.
Oh, come passa il tempo quando si è spensierati.
E così fu anche per il soldato; e in men che non si dica il giorno divenne presto notte, e il povero militare non aveva ancora trovato un riparo.
Quand’ecco che una luce fioca baluginava lontana tra i campi: era la capanna di un bracciante, chissà se avrebbe concesso un po’ di ospitalità a un bravo soldato.
Il militare arrivò alla porta.
Toc! Toc! “Chi è?” disse una voce.
“Sono un bravo soldato in cerca di un riparo per la notte”.
“Chi mi dice che sei bravo?” domandò la voce.
“Solo il buon Dio lo sa”.
E la porta si aprì.
Davanti a sé il soldato vide un piccolo uomo consumato dagli anni.
Era vecchio, sì, ma ancora in gamba per dare una forte bastonata a chiunque avesse avuto cattive intenzioni.
“Entra pure, giovanotto” disse il vecchio.
“Cosa ti porta da queste parti?”
Il soldato gli spiegò della licenza fino all’incontro con la ragazza.
Ma quando l’ebbe descritta il vecchio si mise le mani tra i capelli, e disse: “Ah, che guaio! Quella è la figlia del conte Weissberg, signore di tutti i meleti, ed è una strega terribile! Non saresti il primo giovanotto a soccomberle in una morte atroce”.
“Vecchio, forse non mi conosci ma io sono forte e valoroso!” tuonò il militare.
“Figliolo, tu non sai tante cose.
Entra nella mia casa, scaldati davanti al fuoco e ascoltami”.
Il bracciante raccontò tutto al soldato e questi rimase con la bocca spalancata dallo stupore.
“Che guaio!” mormorò il soldato.
“Già, una brutta faccenda” echeggiò il vecchio.
“Una cosa così orribile non l’hai vista nemmeno in guerra”.
“E che cosa posso fare?” domandò il giovanotto.
Allora il vecchio gli spiegò che quella notte la strega di certo sarebbe venuta a cercarlo.
E che l’avrebbe trasformato in un gatto per poi mangiarselo.
L’unico modo per sfuggire al maleficio era di sorprenderla con una formula magica: “Bulabulabula, là qui là, il gatto eccolo qua!” E allora sarebbe stata lei a trasformarsi in un gatto.
Ma doveva essere acciuffata, messa subito nel sacco e poi uccisa, buttandola nel fiume Isarco.
Alla faccia di un periodo di riposo, pensò il soldato.
Ma non c’erano alternative, e così il militare seguì il consiglio del vecchio: prese un sacco di iuta e aspettò dentro una botte fuori dalla capanna.
Dodici rintocchi risuonarono nella notte scura, rumore di passi: era la strega.
Che paura! Ma ecco che il soldato saltò fuori allo scoperto, e disse: “Bulabulabula, là qui là, il gatto eccolo qua!”.
E la strega si trasformò in un gatto bianco come la neve.
Presto il militare cercò di acciuffarla, ma la strega era veloce e aggressiva: sbuffi e graffi fino all’ultimo colpo, metterla nel sacco non sarebbe stato facile.
Su e giù per la valle fino ai monti, tra burroni e cascate.
Ma alla fine il soldato riuscì nell’intento, e così corse veloce verso l’Isarco per gettarla al fiume.
Oh, come passa il tempo quando si è indaffarati.
E infatti venne l’alba, e il nostro eroe torno nella capanna.
“Be’, l’hai uccisa?” chiese il vecchio.
“Stecchita” rispose il soldato.
“Bene, adesso vai a dormire sul pagliericcio”.
E il militare si coricò in un sonno beato.
Arrivò la sera, e il vecchio svegliò il giovane ospite: “Svegliati! Non è finita: la figlia del conte è morta e suo padre verrà da te per chiederti di vegliare su di lei!”.
“Oh, che guaio! E adesso che faccio, vecchio?”.
E il vecchio rispose: “Vai o non vai morrai lo stesso.
Ma è meglio che tu vada.
Ascoltami bene: quando andrai dal conte lui ti farà bere molta grappa, ma tu non berne tanta, e poi ti porterà nella camera della defunta, che giace in una bara.
Il conte poi ti chiederà di farle la guardia e ti chiuderà a chiave nella stanza.
A mezzanotte la bara si muoverà, vibrerà e il coperchio salterà via.
Pam! E allora sì che succederanno cose inenarrabili! Ma tu non ti preoccupare e corri senza indugi verso la stufa, arrampicati sopra di essa e prega, figlio mio, prega nostro Signore in silenzio.
Là non potrà trovarti”.
Poco dopo bussò qualcuno alla porta.
Toc! Toc! “Chi è?” disse il vecchio.
“Sono il conte Weissberg, il tuo padrone.
E’ qui che alberga il bravo soldato?” La porta si aprì e il soldato si fece avanti.
“Ragazzo, mia figlia è morta e tu devi vegliare su di lei”.
Il militare allora lo seguì senza discutere fino al suo castello.
E una volta arrivati il conte gli versò la grappa, molta grappa, e il soldato bevve con moderazione.
Infine il militare venne mandato nella stanza della defunta a fare il suo compito di veglia.
Il conte spinse il soldato dentro la camera, chiuse la porta a chiave e tutto avvenne come aveva predetto il vecchio.
Dodici rintocchi risuonarono nella notte scura, rumore di assi: la bara si muoveva, vibrava, su e giù fino a quando il coperchio non saltò via.
Che paura! Ma il soldato andò di corsa sopra la stufa e disse in silenzio le sue preghiere.
La strega intanto cominciava ad aggirarsi nella stanza.
E insieme a lei spuntarono fuori anche diversi diavoli.
“Cosa fai?” chiese uno di questi.
“Sto cercando un soldato.
Era qui di guardia fino a un attimo fa; se lo prendo me lo mangio”.
I diavoli allora decisero di aiutare la strega nella sua ricerca.
Guardarono dappertutto, in ogni angolo.
Qualcuno di loro cominciò ad adocchiare la stufa, ma per fortuna arrivò in tempo l’alba e i diavoli sparirono, mentre la strega cadde a terra.
Il soldato sistemò la stanza, ripose la strega nella bara e subito dopo la porta si aprì.
“Buongiorno, soldato.
Passata bene la notte?” disse il conte.
“Tutto bene!” rispose il bravo soldato.
“Bene.
Eccoti dieci talleri.
Ti aspetto questa sera per la seconda veglia” disse il conte.
Il militare annuì, prese i soldi e se ne andò verso la capanna del vecchio bracciante.
Non appena il soldato entrò nella capanna, il vecchio chiese: “Be’, com’è andata?”.
“Male!” rispose il militare.
“Questa sera il conte vuole che la vegli nuovamente, e io non so che fare! Che faccio, vecchio, vado o non vado?” E il vecchio rispose: “Vai o non vai morrai lo stesso.
Ma è meglio che tu vada.
Ascoltami attentamente: quando andrai dal conte porta con te questo straccio sporco, ma bada bene di nasconderglielo o lui te lo toglierà.
Ti farà bere tanta grappa, ma tu non berne molta, sii giusto.
A mezzanotte poi la bara volerà nella stanza, tu corri sopra il tubo della stufa, nasconditi sotto questo cencio e prega in silenzio, starai al sicuro”.
Sentito il vecchio, il soldato dormì fino a sera, e arrivata l’ora si presentò al castello del conte come promesso.
“Militare! Buona sera.
Tieni, bevi questa ottima grappa d’annata” disse il signore dei meleti.
Il bravo soldato bevve il giusto, né tanto né poco, e finito di bere si diresse insieme al conte nella stanza della defunta.
La porta venne chiusa a chiave e il soldato vegliò vicino alla bara.
Dodici rintocchi risuonarono nella notte scura, rumore di ossa: la bara si muoveva, vibrava, e poi volò via per la stanza.
Spuntarono fuori anche i diavoli, e insieme alla strega cercavano il militare.
“Dove sei? Dove sei?!” gridò la strega digrignando i denti.
Ma il nostro amico ancora una volta seguì il consiglio del vecchio: al sicuro sopra il tubo della stufa, pregava in silenzio sotto lo straccio sporco del bracciante.
“Ecco! Qui era dove stava ieri” disse un diavolo indicando la stufa.
“Ora però non c’è”.
Cerca e cerca ancora, i diavoli e la strega non riuscivano proprio a scovare il soldato.
Quand’ecco che un Krampus fece capolino dalla finestra con le sue spaventose corna da caprone e i denti da lupo, e disse: “Cosa cercate?” “Cerchiamo un soldato”.
“Eh, ma cos’è? siete orbi? Eccolo il vostro soldato, sopra il tubo della stufa”.
“Eccolo! Eccolo!” proruppero tutti in coro.
Povero ragazzo, quando i diavoli lo videro per poco non gli venne un colpo.
“Ma come facciamo a raggiungerlo?” disse uno dei diavoli.
Il Krampus si spazientì, e senza dire nulla prese una candela e accese la stufa, e disse: “Il soldatino brucerà per benino; dall’alto cadrà e la strega se lo papperà”.
Povero me, sono spacciato, la fortuna mi ha abbandonato, pensò il militare.
Ma ecco che il canto del gallo segnava l’alba di un giorno nuovo, appena in tempo.
E i diavoli sparirono insieme al Krampus, mentre la strega cadde nuovamente a terra.
In un battibaleno il giovane sistemò ogni cosa, pose la strega nella bara e appena chiuse il coperchio la porta della camera si spalancò d’improvviso.
“Militare! Buongiorno.
Passata bene la notte?” disse il conte.
“Grazie a Dio, tutto bene!” rispose il bravo soldato.
“Bene.
Eccoti venti talleri.
Sei stato bravo.
Ti aspetto questa sera, porterai mia figlia al cimitero” disse il conte.
Il militare annuì, prese i soldi e se ne andò verso la capanna del vecchio bracciante.
“E adesso cosa faccio!” esclamò disperato il soldato al vecchio.
“Eh, non puoi fare molto – disse il bracciante.
“Vai o non vai morrai lo stesso.
Però è meglio che tu vada.
Ascoltami attentamente: stasera, quando andrai dal conte, a metà strada lascia questi stivali con le punte rivolte verso il castello.
Quando sarai arrivato da lui troverai già pronto un carro con sopra la bara, e intorno i parenti del conte per l’ultimo saluto; dopodiché ti lasceranno andare con la morta, da solo, verso il cimitero.
Ma attento! A mezzanotte la bara si muoverà, vibrerà e poi pum!, il coperchio schizzerà via e la strega verrà a cercati.
Ma prima di ciò devi nasconderti in fretta sotto la pancia del cavallo.
Tieniti ben saldo, mi raccomando, e prega di arrivare in tempo verso gli stivali che hai abbandonato”.
Sentito il consiglio, il soldato se ne andò a dormire, e arrivata la sera si alzò di buona lena, prese con sé gli stivali e a metà del suo percorso fece quello che gli suggerì il vecchio.
Arrivato che fu al castello vide il conte e tutti i suoi parenti intorno al carro, la bara stava sopra e il militare montò sulla cassetta per andarsene al camposanto.
Tutto era calmo, ma non appena si allontanò dalla vista dei parenti, il soldato cominciò a sentire un lamento e un forte digrignar di denti.
Dodici rintocchi risuonarono nella notte scura, rumore di graffi: la bara si muoveva, vibrava, e pum!, il coperchio saltò via per aria.
La strega era di nuovo libera.
Ma il soldato lesto andò a nascondersi sotto la pancia del cavallo, e in men che non si dica incrociò pure gli stivali abbandonati, che con destrezza si infilarono sulle zampe dell’animale ancora al galoppo.
“Sei mio!” gridò la strega, che subito si gettò all’inseguimento del soldato prendendo per vere le orme lasciate dal cavallo calzato.
Ma la strega non trovò nessuno, e così torno di nuovo verso il carro in movimento.
Le orme però proseguivano ancora verso il castello, e così le seguì nuovamente.
“Dove sei?! Dove sei?! Ti mangio!” disse la strega in volo, mentre andava avanti e indietro sulle false tracce del bravo soldato.
La strega continuò a cercare, avanti e indietro, avanti e indietro, fino a quando non si fece giorno.
E al canto del gallo la strega cadde a terra.
Il soldato poi la raccolse rimettendola nella bara, la portò al cimitero e la seppellì come promesso.
Finito il compito se ne torno dal conte, e disse: “Ecco il tuo carro, ho fatto quello che mi hai chiesto”.
Ma il conte, sbigottito nel vederlo ancora vivo, disse: “Militare, di mia figlia so tante cose, e tu di certo ne sai più di noi!” “Eh, signor conte, io sono solo un bravo soldato: prego Dio e dormo beato” disse il giovane.
Allora il conte gli diede trenta talleri salutandolo per sempre.
Oh, come passa il tempo quando una strega ti vuole mangiare.
E così, finita la licenza, il militare diede i talleri guadagnati al vecchio amico bracciante, e ritornò al suo reggimento a fare ancora una volta il bravo soldato.