La volpe inglese
Fiaba pubblicata da: Redazione
(Alla signora Harvey)
Col buon senso s’accorda in voi buon cuore,
Signora, ed altre belle qualità,
come sarebbe a dir, la nobiltà
del sentire e l’ingegno e il lieto umore,
non che l’arte ingegnosa
d’intendere ogni cosa e dolcemente
commovere la gente.
Nella fortuna lieta e nella misera
sempre leale amica,
per quanto io canti e dica – il panegirico
sempre è minor di voi, cui meglio piace
breve la lode o il labbro che si tace.
Taccio, ma in tenue rima,
lasciate che l’onor, la gloria esprima
di quella terra che nel cor vi sta,
dico Albïon, ove la gente è grave
ne’ pensamenti e forte d’onestà,
che delle cose suol guardare in fondo,
e tiene in man la chiave
d’ogni saper nel mondo.
Né questo io dico già per far la corte.
Non son gli inglesi acuti
d’ogni argomento a penetrar le porte?
Perfino i cani in quel paese là
sono più fini e astuti,
perfin le volpi, come sto per dire,
dimostrano una rara abilità.
Una maligna Volpe d’Inghilterra,
per trarsi da un pericolo imprevisto,
ricorse a un stratagemma non mai visto.
Ridotta quasi agli ultimi,
inseguita da cani di buon naso,
ai piedi di un patibolo
un dì giungea per caso,
ove altre volpi e gufi e tassi e cento
animali di tristo sentimento
in aria grave
esempio al passeggier pendean da un trave.
La Volpe, stanca e rotta, si distese
in mezzo ai morti, come fece Annibale
allor che inutil rese
la caccia dell’esercito romano,
e, vecchia volpe, uscì loro di mano.
I Cani della muta giunti al campo,
dove la Volpe finge l’impiccata,
di tale abbaiamento empion le nuvole
che il padrone rispose alla chiamata.
E fattili tacer guarda e non vede
la bestia e non sospetta il tradimento.
Della forca si arresta intanto al piede
perché dei cani il grande abbaiamento
non accenna più in là, dove stan questi
buoni impiccati onesti.
– L’avrà qualche villan ricoverata, –
dice, – ma tornerà. Non sempre è bene
quello che ben per una volta avviene -.
Un altro giorno ancor perseguitata
torna la Volpe all’artifizio vecchio
di salir su quell’orrido apparecchio
e di far come prima l’impiccata.
Ahimè! scoperta e còlta
ci lasciò le calzette questa volta.
Quel bravo cacciatore certamente
non avrebbe trovato un così fino
e pronto espedïente.
Agli inglesi non manca già lo spirito,
tutt’altro, ma non fanno
quel conto del destino
che salva spesso da un estremo danno.
Or torno a voi, Signora, e non mi chiama
desio di nuove e graziose fole;
adulazion la cetra mia non ama
né cerco io già con lusinghieri accenti
andar famoso tra straniere genti.
Un re del vostro amore non indegno
dicea che un piccol segno
d’amor vale un volume di parole.
Udite adunque di una stanca musa
l’estreme voci ch’ella innalza a voi,
di sua pochezza timida e confusa.
Pago sarò se de’ favori suoi
l’onorerà con voi,
diva d’amor, l’amabile Mancini,
che muta d’Albïon le fredde nebbie
di Cipro nei giardini.