Il pastore e il leone
Fiaba pubblicata da: Redazione
Le favole non son soltanto favole,
ma quasi una moral sono ristretta.
Coloro che s’annoiano alla predica
ascoltan di buon cuor la barzelletta.
Contare per contar è cosa semplice,
ma al ben mirano quei, che in tutti i tempi
coltivaron quest’arte antica e classica
di raccontar aneddoti ed esempi.
Questi in poche parole il succo stringono
e diritti camminano allo scopo.
Fedro parve succinto ai vecchi critici,
ma ancor di lui più lesto è il vecchio Esopo.
Che dirò di quel Babria sì laconico,
che strinse in quattro versi i suoi racconti?
Se ciò sia bene o mal vedano i critici,
contentiamoci intanto dei confronti.
Al qual intento conterò del Frigio
la nota favoletta del Pastore,
e con qualche ricamo sottilissimo
quella che Babria fe’ sul Cacciatore.
Ritrovando ogni momento
qualche vuoto nell’armento,
un pastore sospettò
che vi fosse un lupo infame,
e un gran laccio nello strame
per pigliarlo collocò.
Quindi esclama: – A te il più bello,
o gran padre degli dèi,
e de’ miei
il più candido vitello
sull’altare io sgozzerò,
se mi fai che il reo quadrupede
resti preso nel tranello -.
Non avea quest’orazione
terminata, che un leone
grosso e forte
dalla grotta ecco sbucò.
Col pallore della morte
il pastor perdé la bussola
e il suo voto allor cangiò:
– Padre Giove, padre Giove,
se un vitello poco fa
t’ho promesso,
ti prometto adesso un bove -.
Voglion dir queste parole
che il mortale mai non sa,
ciò che vuole e che non vuole.