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Tutte le fiabe che parlano di "rabbia"

La più completa raccolta di fiabe, favole e racconti brevi che parlano di "rabbia", tra le migliaia inviate da tutti gli autori di "Ti racconto una fiaba".

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Hope & Faith

Il suo nome era Rabbia, era la più grande di tre fratelli. Gli altri due più piccolini erano Rancore e Disperazione. Vita difficile la loro, cresciuti soli, allontanati da tutti. Non c’era un perché o… Hope & Faith

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Voglio il mio cappello

Fiaba di Jon Klassen Edizioni ZooLibri Narrata da Barbara Balduzzi, Ilaria Antonini Videolettura prodotta dal Laboratorio di Comunicazione e Narratività dell’Università degli Studi di Trento-Rovereto diretto da Marco Dallari. Gli insegnanti che volessero utilizzare il materiale… Voglio il mio cappello

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Fiammiferino

C’era una volta un bambino di nome Michele, ma tutti nel paesello lo chiamavano simpaticamente “Fiammiferino”.

Michele aveva sette anni, era biondo con due occhioni azzurri, ma aveva un difetto: si arrabbiava per un nonnulla… si arrabbiava con la mamma se dimenticava di comprargli le merendine preferite, si arrabbiava con il papà se tardava due minuti a riprenderlo quando usciva da scuola, si arrabbiava con la nonna se la domenica non preparava le solite lasagne al ragù, si arrabbiava con la maestra se invece di otto in matematica gli dava sette.

Per questi motivi si meritò il soprannome di fiammiferino: ogni volta che qualcosa non andava come voleva lui, andava su tutte le furie e s’incendiava come la capocchia di un fiammifero, quelli che noi usiamo per accendere il fuoco in cucina. Michele non aveva molti amici, riusciva a litigare sempre con tutti, per i motivi più sciocchi.

Fiammiferino

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La panchina occupata

Il signor Ermete era stufo, ma così stufo, ma così arcistufo che non ne poteva proprio più del mondo, soprattutto dei suoi abitanti.

Viveva in un appartamento al terzo e ultimo piano di un palazzo che dava su una via porticata, a due passi dai giardinetti.

Tutte le mattine si alzava presto e usciva subito a comprare il latte e il giornale, poi si piazzava in cucina o sul divano, con una coperta di lana quando faceva freddo, scaldava il latte con un po’ di miele, apriva il giornale, accendeva la radio e, sgranocchiando i suoi biscotti preferiti (a volte li sostituiva coi savoiardi, che si inzuppano meglio), leggeva le notizie.

Leggendo si arrabbiava e si rattristava tanto, ma talmente tanto che gli veniva il mal di pancia e non riusciva a finire il suo latte, così lo rifilava al micio della dirimpettaia, in un delizioso piattino blu a pallini.

La panchina occupata

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Il signor Tartaruga

Che cosa si può fare quando in cucina è finito l’olio? Il signor Tartaruga aveva frugato invano in tutti gli angoli della casa. Brontolò, imprecò e alla fine fu costretto ad andare dal suo vicino, il Cinghiale.

Gli agitò sul muso una zucca vuota che usava come recipiente e, con un sorriso affabile gli disse:

“ ti prego, Cinghiale, dammi un po’ d’olio”.

Il Cinghiale, diffidente, agrottò la fronte e squadrò l’intruso.

“Amico mio a cosa ti serve quest’olio?

Il signor Tartaruga