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Il canto perduto e lo specchio del destino

C’era una volta,

in un tempo a voi ancora sconosciuto e… futuro, una principessa tanto bella quanto astuta, con capelli color ambra, così morbidi da sembrare nuvole, occhi azzurri, che le davano uno sguardo da felina, e pelle bianco latte, su cui spiccavano le sue labbra dolci come il miele. Viveva in uno splendido palazzo e dalla sua bocca usciva spesso un canto celestiale, e una voce angelica, così invidiabile, che la rendeva famosa in tutto il regno… Amelia, si chiamava.

«Questo lo sapevamo già, specchio! Non farci perdere tempo con le tue poetiche favolette. Sbrigati! Arriva al punto, quello che non sappiamo!»

«E va bene, va bene… vi accontenterò, come fosse passato…»

L’incantevole principessa era amata da tutti, tranne da due persone: un nano e una strega molto cattiva. Da quanto erano invidiosi della ragazza, le lanciarono un terribile sortilegio: la segregarono su una torre costruita tra le nuvole, altissima nel cielo, consentendole di portare con sè solo uno specchio, uno specchio incantato che vede il futuro. Sì, quello ero io! Credevano che fossi solo un normale oggetto!

La strega era anche infelice, perché desiderava diventare celebre in tutto il paese, come Amelia, e per questo, poiché aveva una voce gracchiante e fastidiosa, rubò

quella della principessa. In questo modo anche il nano sarebbe stato ricordato da tutti come l’amico della strega più famosa del mondo allora conosciuto. Si sa, i nani non erano considerati creature degne di onore e per di più, lui era molto permaloso ed impulsivo: si adirava facilmente, rispondendo con la violenza. La principessa, invece, l’avrebbero data per morta.

Sta di fatto che l’unico modo per arrivare a quella irraggiungibile torre era attraverso una magica e potente aquila, dalle ali ampie. I due, ovviamente, la tenevano rinchiusa nella loro reggia, e lei soffriva, tanto le sue ali erano ingombranti e non erano fatte per stare strette in una gabbia.

«Insulso specchio! stai forse insinuando che quell’ignobile nano e quella megera siano più potenti di noi?! Che siano riusciti ad avere il potere su nostra figlia? No specchio, non può essere questo il destino! E la grande aquila è ancora qui, nel nostro palazzo!»

Non ne sarei così certo, mio re, o almeno, non lo sarà per molto… ma se vuole, termino ora il mio racconto…»

«Suvvia, ora non ti offendere, mi scuso con te, ma quando sento nominare quei due… in ogni caso io e mia moglie vogliamo sapere il continuo, per quanto ci sembra a dir poco inverosimile.

Intanto, mia cara, vai a controllare se l’aquila è ancora qui, per favore…»

Insieme alla principessa Amelia sulla torre c’era un piccolo, ingegnoso uccellino.

La ragazza era diventata davvero infelice, da quando la strega le aveva tolto la voce, perché non poteva più cantare e dedicarsi alla sua passione e incontrare quell’uccellino per lei era stata una fortuna. Infatti, anche se certamente non potevano chiacchierare insieme, almeno lui poteva cantare per lei, ogni giorno, migliorando le sue giornate.

E così, erano diventati amici.

Un giorno le disse che l’indomani sarebbe venuto il nano per assicurarsi che lei fosse ancora lì e non stesse escogitando nulla che mettesse in pericolo il loro malefico piano. Sarebbe giunto sulla torre cavalcando la maestosa aquila magica. La principessa, che almeno la sua grande furbizia l’aveva ancora, decise di trovare un modo per rubare l’aquila e scappare dalla torre, insieme all’uccellino.

Sul far della sera, l’aquila planò sulla torre, e con lei il nano, come avevo previsto. Sentendoli entrare, Amelia e il piccolo uccellino si nascosero dietro un drappo di seta che pendeva dalla parete della torre. Il nano, burbero e sospettoso, scrutò la stanza mentre la maestosa aquila ripiegava le sue enormi ali con un sospiro sofferto. Ad un certo punto, strappò la tenda con violenza: «Eccoti qua, principessa muta!” disse, provocandola con malizia «Spero tu abbia accettato il tuo destino”. Ma intanto, facilitato da quel diversivo, l’uccellino volò verso l’aquila e le sussurrò parole che solo i volatili potevano comprendere: «é ora di volare, amica. Portaci via, ribellati”

Allora questa spalancò le sue immense ali, pronta a rispondere al quel richiamo di libertà. Ma il nano, rapido e crudele, afferrò l’uccellino con un gesto rude, stringendolo nella sua mano callosa.

«Ah, piccolo traditore!» ringhiò, sollevandolo in aria. «Pensavi di ingannarmi? Sento che per cena saresti perfetto…»

Amelia si irrigidì. Il cuore le martellava nel petto. Senza il suo piccolo amico, il piano rischiava di fallire. Ma la principessa non si lasciò sopraffare dalla paura. Con determinazione, fece un passo avanti e fissò il nano con occhi che gli intimavano di lasciarlo andare.

Il nano rise. «Che c’è? Hai perso la lingua? O non ti vengono le parole?»

Amelia fece scivolare una mano dietro di sé, afferrando il drappo di seta che pendeva dalla parete. Con un movimento rapido e deciso, lo lanciò verso il nano, avvolgendolo come una rete improvvisata.

Il nano, preso alla sprovvista, barcollò e lasciò andare l’uccellino, che volò via, libero.

«Ora!» cinguettò l’animale.

L’aquila, sentendo il momento giusto, spalancò le ali e con un potente battito sollevò Amelia, che ora mi stringeva, librandosi nel cielo stellato. Il nano urlò di rabbia, ma ormai era troppo tardi.

«Specchio, mi stai dicendo che ci sarà un lieto fine?» «Oh, mio caro re, aspetti che io pronunci il “vissero tutti felici e contenti”? «Ma non ti sembra che manchi ancora qualcosa al finale?»

La risposta è sì, perché la principessa ancora non aveva recuperato la voce, finché, mentre stava attraversando le nuvole nel cielo, una sensazione strana si risvegliò dentro di lei. Il vento le accarezzò il volto e, senza che potesse impedirlo, dalle sue labbra uscì un suono melodioso, puro e forte.

«Ma come? Com’ è possibile?»

«Sire, sei stato tu. Tu e la regina. Perché sentendo il mio racconto, vi siete precipitati alla reggia della strega, e l’avete sconfitta. E poi, è il potere dell’amicizia che ha vinto sul male»

«L’Aquila non c’è più!»

«Mia regina, è tutto vero. Il destino è stato scritto ma dipende da noi!»

«E quindi posso dirlo?»

«Che cosa, amico mio?»

«Che vissero tutti felici e contenti»

Questo, miei cari ascoltatori, era il mio racconto, e se volete sapere quale sarà il mio, di destino… beh: il futuro ci riserva ancora mille altre storie, tutte da raccontare.

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Fiaba di: Francesca Casaroli, Margherita Checchi, Antonela Frroku, Maddalena Lodi e Matilde Menghini 1A del Liceo Ariosto di Ferrara

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