incontro-inaspettato

Un incontro inaspettato

Fiaba pubblicata da: Redazione

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Affaticato e perplesso Doriano vuole fermarsi non riesce a capire il peregrinare assiduo e costante di Eletta che seguita a farlo pedalare sempre più in fretta.

«Non puoi far tappa qui – lo esorta la bicicletta – il tuo compito è imparare e per far ciò la mente necessita di lavorare.

Alti scaffali, polverosi volumi e tanti, tanti scrittori hanno milioni d’opere manoscritto, ora sta a te trovare il bandolo della matassa letteraria che ti potrà educare, sarai allora maestro di penna per un futuro scritto.

Il ragazzo si convince dell’importanza di una buona istruzione, ringrazia la fedele amica ed insieme si ritrovano al cospetto di un uomo all’apparenza sospetto.

«Aiuto, ho paura, chi sei – dice Doriano – così imponente da incutere terrore, sei forse un grande oratore?».

Sguardo altero, nell’aspetto azzimato, voce severa un poco irritato.

«Cosa ti turba – prosegue il ragazzo intimorito – la mia presenza o il mio voler divenire istruito?».

«Nulla di tutto ciò – replica l’uomo – voglio essere letto ed apprezzato dalle giovani generazioni e non solo nel passato: sono Charles Dickens l’autore; da ‘Canto di Natale’ prende vita la storia di un venerando ombroso signore.

Felicio il suo nome, vive in un luogo sconosciuto al mondo, dove la prepotente mano della natura ha il sopravvento sull’umana creatura.

Avarizia è la sua unica e prediletta amica, cerca felicità nel denaro, non ha amici né parenti, vuole solo essere rammentato per il suo cattivo operato».

Doriano resta sbalordito: «Non raccontarmi altro ti prego, non voglio avere alcuna parte nella stesura di questa scrittura».

Dickens ribatte: «Ah mio piccolo allievo non puoi decidere tu cosa scrivere, sarà la tua mente e il tuo cuore a dettarti la trama di questa tenzone».

Carta bianca, pennino e calamaio, scorre sull’immacolato foglio la veloce mano del ragazzo gaio, un duetto di menti al servizio del lettore, la parola ora passa all’eclettico narratore.

«Un albero chiamato vita – scrive Doriano – ha profonde radici nel terreno e all’interno del nodoso tronco, racchiude l’intricato mistero dell’esistenza, continua a crescere e germogliare, come vita e morte continuano a lottare.

Felicio è l’agricoltore senza età che si dedica alla pianta con alacrità: la pota in primavera, ne raccoglie le caduche foglie in autunno, la protegge dal gelo invernale e quando giunge il rigoglioso giugno, oro puro dal ramo cade nel suo pugno.

Questa è la sua vita, questa la sua missione: divenire sempre più ricco senza una precisa ragione.

Così trascorrono le stagioni e gli anni van passando, mentre il nostro Felicio, stanco di tanto avere, chiede all’albero di germinar frutti e fiori e non più tesori.

«Ma come mio buon padrone – commenta afflitta la pianta – io ti ho sempre servita fedelmente ed ora tu mi rinneghi in modo tanto inclemente.

Ecco cosa la Natura nel vento mi sussurrava, questo è l’uomo che nel profondo del suo animo la più abbietta irriconoscenza celava.

Non t’aspettare affetto ed amore, l’egoismo in questo caso diviene sublime signore».

Stanco di tanto sapiente e noioso ciarlare, Felicio imbraccia la scure e colpi netti contro l’albero inizia a sferrare.

Pochi colpi e la pianta non esiste più, torna il silenzio nella sua valle, l’oro si dissolve insieme all’ultima foglia, Felicio allora varca una nuova soglia, quella della povertà che da ora innanzi lo attanaglierà.

«Oh mio buon ragazzo – dice Dickens a Doriano – questa è una storia molto educativa, la tua prima esperienza narrativa è divenuta per mano tua conosciuta».

Doriano si gongola all’idea di aver dato corpo ai suoi pensieri e ringrazia l’amico Charles: «Ora posso divenire uno scrittore – commenta tra sé – ma mai riuscirò a divenire come te».



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