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Nel paese di Scusate Non Me Ne Ero Accorto

Fiaba pubblicata da: Alessandro Gioia

Quel paese ha uno strano nome e non è corto,
si chiama “Scusate non me ne ero accorto.”
Il primo cittadino è un macellaio bricconcello,
gli chiedi una gallina per il brodo e ti taglia il vitello.
Quando vende in un sol giorno una carovana di manzo,
poi cosa fa? Si toglie il camice bianco e pipa in bocca se ne va a zonzo.
Non esistono da tempo ormai alberi da frutto o per augurio i melograni.
Alcuni son così distratti e strani che per legge chiamano giganti i nani.

E se vai da un parrucchiere per un particolare taglio
il buon uomo potrebbe farti solo mezza barba e poi raglia.
In questo paese persino le cicale son sempre sazie pur cantando ogni giorno.

Le laboriose formichine invece se va bene mangiano mezza briciola nel forno.
Le strade sono larghe ma col triciclo o bicicletta bisogna stare attenti,
in quel paese non esistono su strada e vicoletti né regolette né patenti.
Mai passare un guaio o un mal di testa a “Scusate non me ne ero accorto.”
Qualcuno, ed è facile come il sole ad agosto, se ha ragione può aver torto.

Come è ovvio è Carnevale tutto l’anno, con salsicce, vino rosso e piroette.
Ogni scherzo sempre vale, e tutto il giorno ci si prende in giro dalle sette alle sette.
Ogni maschera su ogni viso è ben messa, adulti medi e piccini,
fanno a gara a chi più scherza, e gli adulti fan più guai di questi tempi dei bambini.
Ogni casa ha un suo Re e la sera tutti chiudono il portone della corte,
non importa chi sta fuori: freddo o neve poco conta, chi può prepara sempre torte,
ciambelline e focaccine salate e dolci, non importa che poi fuori non solo i cani han le pulci.
In quel paese sorrisini prestampati se lo dici ti rispondono: “Che vuoi farci?!”

Il tribunale di -Scusate non me ne ero accorto- è fatto di panna montata e cioccolata
e la stanza delle sentenze ha i banchi e le sedie al sapor di marmellata.
Chi giudica ha i baffi lunghi e un gran mantello colorato e lucente.
Ed è sempre buono con chi tante marachelle combina e poi si pente.
Io non so, ci sto pensando, se in quel luogo convenga essere bambine o bambini.
Mi hanno detto che non comprendendo lo strano paese si sentono in gabbia come canarini.
Ma giocate bimbi sempre coi vostri giochi: orsacchiotti, fate, gnomi e palloni.
Alla fine, il futuro è vostro, semplicemente, tornate a giocar, correndo, coi variopinti aquiloni.



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