Il Povero Pescatore e il Grande Samurai
Il mare, quell’anno, non era stato buono: la barca con la quale ogni mattina all’alba il Povero Pescatore partiva per la pesca era stata buttata sullo scoglio all’entrata del piccolo porto durante una tempesta. Ed era andata distrutta. L’uomo si era salvato miracolosamente. Ma la sua famigliola temeva la fame dell’inverno.
Così, si era deciso, anche per le insistenze della moglie. Ed era andato in città per affidarsi alla magnanimità dell’Onorevole Grande Samurai, la cui fama di saggezza e generosità valicava i confini del Paese.
L’Onorevole Grande Samurai aveva ascoltato in silenzio il triste racconto e si era impietosito per la sorte dei tre piccoli e della moglie, che non avevano di che mangiare. Alla fine aveva concesso al Povero Pescatore un prestito. Il Grande Samurai però lo aveva avvertito: «Tra un anno, quando sbocceranno i fiori della primavera e l’aria sarà dolce di profumi, ti aspetterò nel salone del mio palazzo e mi riporterai il dovuto. Non voglio speculare: mi basta quanto ti ho dato, nessun soldo in più. Solo ti ricordo: per me gli impegni sono sacri. Non tollererò ritardi. Voglio la tua parola».
Il Povero Pescatore, commosso, si era inchinato e gli aveva dato la sua parola. Poi aveva ringraziato, benedicendolo per la sua bontà.


