L’alba del 16 Dicembre
Fiaba pubblicata da: Licia Calderaro
Bip Bip!
Il suono della sveglia giunge gracchiante fino alle mie orecchie avvertendomi che è ora di alzarsi. Apro lentamente gli occhi e sbattendo più volte le palpebre, guardo attorno alla mia stanza. E’ancora molto buio. In lontananza riesco a sentire i miei genitori alzarsi dal letto e cominciare a prepararsi per uscire.
Io rimango ancora per un po’ nella mia stanza mezza intontita dal sonno.
Mia madre giunge da me, e accendendo la luce,nomina ripetutamente il mio nome e quello di mia sorella intimandoci di alzarci.
Nel momento in cui mia madre accende la luce della camera, chiudo rapidamente gli occhi. Ho ancora le pupille dilatate e la luce improvvisa mi ferisce alla vista.
Con le palpebre chiuse e facendo un largo sbadiglio, scendo giù dal letto e vado in bagno a lavarmi la faccia con l’acqua fredda.
Apro la manopola del rubinetto e quando metto le mani sotto l’acqua gelida, un lungo brivido mi percorre per tutto il corpo. Ma almeno, così facendo, mi sono risvegliata completamente dal mio stato di torpore.
Ormai i miei occhi si sono abituati alla luce. Faccio ritorno nella mia stanza e aprendo l’anta dell’armadio, afferro il mio giubbotto insieme alla mia sciarpa e al mio cappello di lana.
Sicuramente vi starete chiedendo se indossi ancora il mio pigiama. Ebbene no.
Quella notte sono andata a letto completamente vestita, consapevole del fatto che la mia svegliasarebbe stata alle 4:00 del mattino per l’appuntamento annuale del 16 Dicembre.
Che cosa ha di speciale questa data? Ve lo dico subito! Sono ansiosa di soddisfare la vostra insaziabile curiosità.
Il 16 Dicembre è il giorno della festa patronale del mio paese, Monopoli. E, in questo momento mi sto recando al porto per andare a vedere la Madonna che scende dal mare.
Scommetto che adesso, vorreste anche sapere il motivo per cui ci si debba alzare così presto in questo giorno, che per i monopolitani, è davvero molto importante.
A quanto pare, la storia narra che nel lontano Dicembre del 1117, la cattedrale di Monopoli necessitava di materiale per potervi completare il tetto della cappella, poiché non c’erano mezzi per finire di costruirla.
Fu allora, che il vescovo Romualdo, pregò la Beata Vergine di aiutarlo in questa audacia impresa.
L’aiuto non tardò ad arrivare.
La Madonna apparve in sogno al sacrestano della cattedrale di nome Mercurio, e gli riferì di recarsi immediatamente al porto, perché il legno necessario per terminare la costruzione della basilica si trovava lì.
Mercurio andò dal vescovo e raccontò ciò che aveva sognato, ma il vescovo lo derise e lo cacciò in malo modo, accusando il sacrestano di ubriachezza.
La SS. Vergine Maria, apparve per ben altre due volte di seguito in sogno a Mercurio, indignata dal comportamento e dalla incredulità del vescovo.
Nella notte tra il 15 e il 16 Dicembre, il sacrestano si recò personalmente al porto per verificare la veridicità di ciò che aveva sognato, e tornato dal Vescovo riferì di nuovo il tutto, e questa volta Romualdo ebbe la prova che Mercurio gli aveva detto la verità, nell’insenatura del porto, aleggiava al di sopra di una zattera, un quadro della Madonna.
Dopo essersi accertato del miracoloso approdo, il vescovo Romualdo,vestito di abiti pontificali si recò al porto insieme al popolo, svegliato dal suono delle campane che si muovevano per mano degli angeli.
Ma l’icona bizantina raffigurante la Beata Vergine con in braccio Gesù Bambino, si allontanò due volte, quando il vescovo tentò di prenderla; come per punirlo della sua poca fede.
Solo dopo che per la terza volta la zattera andò verso il largo per poi riavvicinarsi, il quadro fu preso e portato in processione fino in chiesa, mentre le campane continuavano a suonare senza che nessuno le toccasse.
Con le travi della zattera si finì di costruire la cappella e la Madonna raffigurata nel quadro fu denominata Madonna della Madia,
Madia significa infatti trave di legno.
E da quel giorno, tutti gli anni, all’alba del 16 Dicembre, i monopolitani si recano al porto per rievocare il miracoloso approdo. Ma devo aggiungere che la festeggiamo anche la sera del 14 Agosto, per poterla farla ammirare anche dai turisti provenienti dai paesi lontani.
Ora che conoscete la storia possiamo ritornare a me.
In questo momento sono uscita da casa mia e appena ho aperto il portone del palazzo, una ventata d’aria fredda ha subito investito il mio viso.
Mi sistemo per bene il giubbotto e cerco di affondare il naso nella sciarpa che ho annodata alla gola, per cercare di evitare il più possibile il contatto gelido che mi intirizzisce.
Entro in auto con i miei famigliari, e dopo aver acceso il riscaldamento, ci avviamo verso la nostra meta, nella speranza di non arrivare in ritardo.
Dopo pochi minuti di tragitto, parcheggiamo la macchina nei pressi della Villa S. Antonio e ci avviamo a piedi verso il porto, poiché è impossibile proseguire in auto, non essendoci più un pertugio libero.
Mi ricalco il cappello di lana sopra la mia fronte e con le mani coperte dai guanti, continuo a camminare avanti ai miei famigliari, attraversando Piazza Vittorio Emanuele.
Guardandomi attorno, noto che migliaia di persone si avviano nella nostra stessa direzione e tutti hanno un’aria piuttosto allegra.
Con molta fatica e stando ben attenti a non confonderci nella calca di folla, finalmente arriviamo al porto.
Il calore della confusione riesce a darmi un po’ di sollievo dal freddo e fermandoci in un angolo della strada, attendiamo l’arrivo della Madonna.
Il rumore dello sciabordio delle barche e la luce del faro del porto mi cullano e mi rilassano, e stranamente si comincia a respirare un’aria molto dolce, come di zucchero filato.
Ormai si sono fatte le 4:30.
Rialzo di poco lo sguardo; ed ecco, di fronte a me, riesco a scorgere una stella blu al di sopra di una croce di legno. La stella del mare, la stella della speranza!
Mi alzo in punta di piedi e vagando con lo sguardo, vedo il quadro della Madonna al di sotto di quella stella, e ai due lati opposti del quadro, vedo anche due angeli di legno inginocchiati in preghiera.
Un largo sorriso compare sul mio volto e una lacrima scende commossa dal mio occhio alla vista di quella bellissima visione.
La zattera della Madonna scorre tranquilla sul mare reso scuro dalla notte, accompagnata da una dolcissima melodia; dall’altoparlante, si ode una voce che recita una nota preghiera di S. Bernardo:
Chiunque tu sia, che nel mare di questo mondo ti senti sballottare tra bufere e tempeste, non distogliere lo sguardo da questa Stella se non vuoi essere sommerso.
Se si alzano i venti delle tentazioni, se ti scontri contro gli scogli della sofferenza, guarda la Stella, invoca MARIA.
Se sei turbato dalle tue colpe, confuso dal miserabile stato della tua coscienza, se stai per farti dominare dalla tristezza o cadere nel baratro della disperazione, pensa a MARIA.
Seguendo Lei non sbaglierai, pensando a Lei non peccherai; tenendoti stretto a Lei, non cadrai.
Se L’avrai come protettrice, non avrai di che temere; sotto la Sua guida, ti sarà leggera ogni fatica; e avendoLa propizia, raggiungerai facilmente al Paradiso.
Ora la Madonna giunge alla riva del porto, e sulla passerella ci sono il vescovo di Monopoli e il parroco della cattedrale che l’attendono per accoglierla.
Il quadro si allontana e si riavvicina tre volte, infine il vescovo e il parroco salgono sulla zattera e calano il quadro dall’asta di legno.
Il vescovo afferra l’icona della nostra Santa Patrona, e alzandola al di sopra della sua testa, la mostra orgoglioso ai cittadini di Monopoli.
Un applauso fragoroso scoppia dalle nostre postazioni seguito da delle urla di gioia, subito dopo la Madonna viene portata in processione, e al Suo passaggio, tutti quanti si fanno il segno della croce inchinando leggermente il capo.
Dietro alla portantina del quadro che viene portata a spalla dagli uomini della confraternita, il sindaco di Monopoli, indossando la sua fascia tricolore, segue la processione accompagnato dai vari assessori.
Improvvisamente si ode un forte boato e i monopolitani (compresa me) volgiamo lo sguardo al cielo, quel botto ci ha avvertiti che è arrivato il momento dello spettacolo pirotecnico.
Numerosi fuochi d’artificio, illuminano il manto del cielo tenebroso scoppiettando allegramente, sono uno molto più bello dell’altro.
Una volta terminati i fuochi d’artificio, un altro fragoroso applauso si fa sentire attraverso la banchina del porto.
L’orologio adesso batte le 5:00 del mattino, ma non è ancora arrivato il momento di fare ritorno alle nostre case.
Ci stiamo riunendo con altri congiunti e degli amici intimi per andare in un bar a bere una gustosa cioccolata calda con panna.
Camminiamo un po’ per il centro ed entriamo nel primo bar che troviamo davanti e che per nostra fortuna non è molto affollato.
Ci sediamo ai tavolini e cominciamo a prendere le ordinazioni.
Dopo alcuni minuti di attesa, le nostre cioccolate arrivano a destinazione.
Circondo la mia tazza con entrambe le mani avvertendone il bruciore. Con il cucchiaino prendo la panna e la mangio molto lentamente per poterne assaporare al meglio la dolcezza.
Poso il cucchiaino sul piattino, e sollevando la tazza, comincio a bere la cioccolata calda a piccoli sorsi, cercando di non scottarmi la lingua.
Terminate le consumazioni, ci alziamo dai tavolini, e pagato il conto, usciamo dal bar.
E’ arrivato il momento dei saluti.
Congedati i nostri congiunti, io e i miei famigliari facciamo ritorno a Villa S. Antonio, dove è parcheggiata la nostra auto.
I colori del cielo si fanno sempre più tenui, sta cominciando ad albeggiare ed i deboli raggi del sole, fanno capolino attraverso le nuvole rosate.
Si fa ritorno verso casa.
Un giro di chiave nella toppa e aperta la porta di ingresso, il tepore del nostro focolare ci riscalda l’animo.
Vado nella mia stanza e mi tolgo il giubbotto, i guanti, la sciarpa e il cappello.
Mi svesto e mi infilo il pigiama. Il sonno e la stanchezza si fanno sentire sempre di più.
Facendo un largo sbadiglio e strofinandomi gli occhi, mi metto subito al calduccio sotto le coperte e inizio a riposare. Anche i miei famigliari fanno altrettanto.
Questo evento, si ripeterà l’anno prossimo, sempre all’alba del 16 Dicembre.
Mentre mi rigiro nelle coperte, non posso fare a meno di sorridere, perché in fondo dentro di me, covo ancora la speranza di poter vivere in un mondo migliore! Dove non esista più l’odio né la violenza, né l’astio verso il prossimo né il rancore.
Io spero ancora in un futuro dove la pace e l’amore regnino sovrane in un mondo pieno di corruzione!