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Il supermercato delle qualità

Fiaba pubblicata da: Redazione

Il Supermercato delle Qualità era noto in tutta la regione, per la sua incredibile fornitura.

“Due etti di dolcezza” chiese l’anziana che buca i palloni, “sa, ho mio nipote a cena, non vorrei mai che pensasse di avere una nonna arcigna”.  “Una dose di umiltà da bagno”, chiese l’imprenditore feroce, “sa, ho una cena di beneficenza, non vorrei mai che sapessero quanto grande sia il mio impero”.

Non mancava mai niente. Il Supermercato le aveva sempre tutte, anche nei periodi natalizi, quando le Qualità si regalavano agli altri, allora si sprecavano tonnellate di passionale romanticismo, di smisurata generosità, di mielosa bontà.

Il Supermercato aveva un cartellone all’ingresso, “noi abbiamo TUTTE le Qualità“. Nessuno aveva mai chiesto una Qualità che non fosse dietro il banco. Tutte lì, belle ordinate, ognuna a vista con il suo bel cartellino giallo con il prezzo.

Ma accadde un giorno, ciò che il direttore temeva più d’ogni altra cosa. Solo l’idea gli provocava terrificanti incubi. Risuonò in tutto il supermercato: “No signora, non l’abbiamo”.La gente si guardò. Si cercava un’unica risposta negli occhi pettegoli del vicino di fila. ‘Cosa avrà mai chiesto?’.

Era già accaduto che qualche provocatore chiedesse una non-Qualità spacciandola per Qualità, ma il commesso era lesto ad eliminare ogni dubbio consultando l’Elenco a disposizione che divideva chiaramente le due specie contrapposte. Eppure, questa volta, anche dopo la consultazione dell’Elenco fu confermato: “non l’abbiamo nemmeno nell’elenco!”. Fu interpellato il direttore che vacillò in modo evidente, già sentiva la propria poltrona smaterializzarsi.

Flusso interrogativo che risaliva la coda ordinata giungendo presto al quinto, al quarto, al terzo, al secondo, ma nemmeno lui aveva sentito, troppo concentrato a decidere la dose di malizia da acquistare per non scadere nella volgarità.

‘Cosa avrà chiesto?’.

Già si rumoreggiava fuori dal supermercato. “Al supermercato manca una Qualità!”, si urlava nelle strada e fu subito panico.

Panico di gente che si smarrisce nell’idea che esista qualcosa che non si possa avere. Il livello di efficienza del supermercato aveva raggiunto livelli inimmaginabili un tempo, ma ormai di consolidata essenzialità per la comunità intera.

‘Se non si trova lì non esiste’ e se una Qualità non esiste il mondo sta finendo. Panico di gente che compra si riempie la cantina di pomodori pelati, in sicura attesa della distruzione di massa causata dal prodotto mancante.

E poi chi era la donna cha aveva fatto la domanda?

L’identikit definitivo, ottenuto dalla portinaia del Condominio Peonia, per distillazione e condensazione delle telefonate fatte e ricevute, delle voci colte per strada e del colore delle lenzuola premonitrici del quarto piano era chiaro: straniera, lo si capiva dalle scarpe; probabilmente ubriaca, lo si capiva dal dondolìo delle anche;  sicuramente di qualche religione poco nota, visto il ciondolo che aveva al collo. Fosse stata uomo sarebbe stata un maggiordomo (ma questa è un’altra storia …).

Ma cosa chiese? Il povero commesso era muto, dietro il suo bancone, guardò tutti quegli occhi interrogativi e parlò. Nessuno comprese, tutti si guardarono intorno. Poi l’illuminazione, la corsa folle all’angolo, l’esplosione di un bisogno falsato dalla rivelazione della mancanza.

Fu così che il mimo dell’angolo s’arricchì vendendo illusione e la moglie, con il buffo ciondolo, si potè finalmente comprare quella dose di pragmatismo che aveva sempre desiderato.

Tentativo (provocatorio, altrimenti vengo preso troppo sul serio) di rendere omaggio all’illusione. L’illusione è (da vocabolario) una visione alterata della realtà in funzione delle proprie aspettative. Accezione irrevocabilmente negativa, senza possibilità d’appello. Eppure l’illusione (spesso) si chiama così solo con il senno di poi, altrimenti è sinonimo di audacia, di ottimismo, di positività. N’est pas?

Altra considerazione, sull’abbandono delle proprie certezze nelle braccia altrui: ce l’ha il supermercato, non devo sentire il peso di svilupparla dentro di me. Estremizzazione?

Forza, forza, oggi c’è in offerta la capacità (auto-)critica. Venghino!

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Nota a margine: vi lascio con questa considerazione che fa da quarta di copertina a “Fiabe Italiane” di Calvino. Entrerà nel mio profilo, centra perfettamente ciò che io penso della fiaba come contenitore di realtà:

“Io credo questo: le fiabe sono vere, sono, prese tutte insieme, nella loro sempre ripetuta e sempre varia casistica di vicende umane, una spiegazione generale della vita, nata in tempi remoti e serbata nel lento ruminio delle coscienze contadine fino a noi; sono il catalogo dei destini che possono darsi a un uomo e a una donna”. (Italo Calvino)

 



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