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Tutte le fiabe che parlano di "scuola"

La più completa raccolta di fiabe, favole e racconti brevi che parlano di "scuola", tra le migliaia inviate da tutti gli autori di "Ti racconto una fiaba".

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Dada e il tappagallo

Dada aveva tre anni ed era orgogliosa: anche per lei era arrivato il momento di andare a scuola!

Proprio come suo fratello Filippo, che di anni ne aveva ben sette e frequentava già la seconda elementare.

Per Dada, il primo giorno alla Scuola dell’Infanzia era stato splendido.

Aveva conosciuto due simpatiche maestre, che erano così gentili da non crederci. Poi aveva giocato con le costruzioni insieme a Giulio, un bambino coi capelli biondi e lunghi e aveva fatto merenda e aveva colorato alcuni fogli disegnati.

“Mi sono divertita tanto!” aveva detto alla sua mamma all’uscita da scuola; “Posso tornarci anche domani?”

“Ma certo che ci tornerai domani, Dada! A scuola si va tutti i giorni, stai tranquilla”

Dada e il tappagallo

Pasquetta l’anatra nuotatrice

Un’ anatra sciocca nuotava dentro una piscina con tutte le sue amiche anatre

lei era un’anatra particolare, sognava ad occhi aperti tutto il giorno

diceva alle sue amiche

io un giorno diventerò famosa, perchè sono molto brava

ed intanto nuotava nuotava

Pasquetta, per nuotare indossava un costume a due pezzi

ed una cuffietta con dei fiorellini in testa

molto buffa nel vederla

Pasquetta l’anatra nuotatrice

Favola sbagliata

Un giorno a scuola la maestra Smemorina chiamò i suoi bambini in un bellissimo tappeto soffice giallo, era l’angolo della lettura, dove si rilassavano e ascoltavano.

felici le storie! “Venite bimbi! Vi leggo una bellissima favola!”, disse la maestra Ed ecco che in pochissimo tempo tutti la raggiunsero entusiasti! Finalmente il grande libro era nelle dolci mani della maestra….

Appena iniziò a leggere si spalancò la finestra e il forte vento fece sfogliare le pagine all’impazzata! Appena si chiuse la finestra iniziò a raccontare la storia…. “C’ era una volta una bambina che si chiamava cappuccetto blu che doveva andare a trovare il lupo che aveva il raffreddore…” Noooo maestra!! ma è sbagliata la storia, si chiama cappuccetto rosso e va dalla nonna non dal lupo! ” dissero tutti i bambini.

Favola sbagliata

Il villaggio dei lombrichi

C’era una volta un villaggio di nome Lombrichetto, si trovava nelle fonde zolle di una collinetta appena sotto il bosco, gli abitanti erano lombrichi molto operosi.

Il centro, raccolto in una manciata di terra, aveva le strade pulite e nessuna scritta sui muri, era ben tenuto sia dagli abitanti che dall’amministrazione comunale.

La vita nei cunicoli sotterranei non conosceva soste, il tempo non era scandito dal giorno o dalla notte, quindi ad ogni ora si poteva andare al ristorante, magari da Luisa, una lombrica grassoccia che, se non era ai fornelli, stava sull’uscio della sua cucina. Cercava refrigerio agitando vicino al muso il grembiule maculato dagli schizzi di sughi di sua invenzione.

Il villaggio dei lombrichi

La battaglia della minestra

Nel paese di Salicebianco i bambini non avevano più il sorriso. Si svegliavano senza entusiasmo, facevano svogliatamente colazione, non volevano andare a scuola (beh, la scuola non aveva mai costituito una grossa attrattiva, in realtà). Le mamme erano preoccupatissime, proprio su di giri. Improvvisamente erano diventate così permissive!

Se prima facevano di tutto per non viziare i loro figli, per farli rigare diritto, insomma, ora erano arrendevoli e consentivano ai bambini di fare praticamente qualsiasi cosa.

La situazione stava degenerando, ma per capire meglio cosa stesse accadendo occorre fare un passo indietro.

La battaglia della minestra

Il marchese dal mantello di zibellino

Abel e Rauol sono due gemellini molto svegli ma diversi tra loro. Vivono con la mamma che fa la sarta in un fatiscente casolare ai piedi di una rocciosa montagna dove, sorge una grande cascata le cui acque scorrono impetuose.

Ad Abel piace molto studiare è un bambino volenteroso e virtuoso vuole imparare tante cose e aspira a diventare un architetto molto in vista ma, per diventare un architetto deve studiare di buona lena e sacrificarsi per raggiungere gli obiettivi. Invece Raoul è sempre svogliato non piace affatto studiare per lui, è solo una perdita di tempo gli piace vagabondare da un posto a l’altro e correre come un capriolo per i sentieri delle montagne.

Abel, Raoul – grida la mamma – il vostro zainetto è pronto, ho riordinato i libri, andate a prepararvi ,fate colazione e dopo correte subito a scuola è tardi ed io devo andare a lavoro.

Abel il più giudizioso rispose – Arrivo mamma sono pronto per andare a scuola non vedo l’ora di incontrare i miei compagni e la mia cara affezionata maestra.

Il marchese dal mantello di zibellino

Il precario

Io da anni son precario,
e se lo vuoi proprio sapere che significa precario
io ti faccio un paragone, e ti creo la situazione.

Hai presente dentro al circo, chi volteggia sul trapezio?
Lentamente questo oscilla, gira, volta e poi va sotto.

Il precario

L’ultimo giorno di quinta

Domani finisce la scuola, che voglia di vacanze,
ma non ho voglia di perdere le fantastiche amicizie e le splendide insegnanti
con cui ho passato 5 lunghi anni…
sono in quinta, con le lacrime agli occhi,
solo al pensiero che domani la 5^A si scioglie,
nella mia testa avviene il diluvio universale.

Voglio bene ai miei compagni, infatti scrivo questo
per liberare la mente dalla tristezza;

L’ultimo giorno di quinta

Che lavoro farò da grande?

Qualche mese fa, a scuola ci hanno assegnato un compito per la settimana seguente: dovevamo scrivere un testo intitolato “Che lavoro farò da grande?” e spiegarne il perchè.

Tornai a casa, mi misi comoda, andai in camera mia e, sulla scrivania avevo carta e penna… in testa non avevo idee, non sapevo cosa scrivere; in realtà non avevo mai, ma dico mai pensato al fututro.  

Alcuni giorni dopo, mi iniziarono a gironzolare per la testa delle idee, delle strane idee. Visto che solo a pensarle erano idee assurde, non scrissi nulla sula foglio; era ancora bianco e vuoto come quando l’avevo tirato fuori dal pacco… Mi stavo addormentando, grazie alla mia sorellina che la notte prima, piangendo, non mi aveva fatto chiudere occhio, tutta la notte a fissare il buio soffitto della camera. Mi stesi sul letto e nel giro di pochi minuti, mi addormentai. Aprii gli occhi e, mi ritrovai in uno strano posto.

Che lavoro farò da grande?

La bambina e l’orsacchiotto

E’ appena mattino e non riesco a svegliarmi. Ho tanto sonno. Saltando la colazione e senza accorgermi di essere vestita, mi trovo già fuori dalla porta per avviarmi verso la scuola. Eppure non mi sembra tutto normale o, quantomeno, di ordinario aspetto. Anche i prati che mi circondano hanno un colore verde intenso con miliardi di goccioline di rugiada che riflettono luce come tante stelline.

E’ una giornata di cielo sereno e l’aria ventila brevi soffi, alquanto freschi. Siamo nella prima decade d’aprile e la primavera comincia a mostrare i suoi sorrisi. Indosso una gonna azzurra con una camicia bianca ed un pullover celeste. Ho calzato un berrettino molto raffinato, con brevi tese e un nastrino anch’esso azzurro che gira intorno alla sua base. Così, con i miei libri sottobraccio, mi avvio sul sentiero a tratti inghiaiato, a tratti selciato. Guardandomi intorno ho l’impressione di vedere gli alberi e tutta l’area circostante non proprio come solito; mi sembra di vivere in un mondo diverso.

La bambina e l’orsacchiotto

Alberto e la tartarughina

“37, 37, 37…”. Alberto continua a ripetersi nella mente il numero TRENTASETTE: sono i giorni che mancano al termine dell’anno scolastico.

Uscito come al solito a fatica dal letto e poi, ancora a fatica, dal bagno e infine da casa, sta andando a scuola, anche in questo mattino di aprile, stranamente gelido. La mamma, proprio per quel freddo, lo aveva obbligato a mettersi il cappello.

Alberto cammina adagio e ripete quel numero per consolarsi un po’.

In un prato vicino al fosso, lungo il tragitto, si ferma di scatto. Aveva sentito un lamento da dietro un cespuglio.

Si avvicina e vede un esserino che sta piangendo. Pare una tartaruga, ma ha qualcosa di strano: è  senza corazza.

Alberto non aveva mai visto una tartaruga così. E lui di animali se ne intende. Sono infatti la sua vera passione. Film, documentari, figurine, libri illustrati: se trattano di animali, attirano la sua curiosità, altrimenti li guarda un attimo e poi si mette a fare altro.

Mai aveva visto una tartaruga senza corazza.

Alberto e la tartarughina

La bambina che perse la S

C’era una volta una bambina a cui scappò la S di bocca.

 

A volte succede, se uno ride a bocca larga le consonanti possono scappare via  e  per un colpo di tosse possono fuggire anche tutte le vocali. Per questo si mette la mano davanti alla bocca quando si tossisce. Io conosco un tale a cui è successo. Ma questa è un’altra storia.

Dunque  a questa bambina, che si chiamava Laura, un giorno scappò proprio la S. Stava giocando con una sua amica nel giardino della scuola  e si stavano divertendo proprio tanto.

La bambina che perse la S

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