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La luna e l’orfanello

luna orfanello

C’era una volta, in un piccolo villaggio ai piedi di una grande collina, un bambino di nome Elia. Non aveva mamma né papà, né qualcuno che lo attendesse a casa la sera. Viveva nell’orfanotrofio del paese, un edificio grigio con finestre alte e corridoi freddi. Ogni giorno osservava dalla finestra gli altri bambini che correvano verso le braccia delle loro famiglie, e nel suo cuore sentiva un vuoto grande come il cielo.

Elia, però, aveva un segreto: nonostante la solitudine, non si era mai sentito davvero del tutto solo. Ogni sera, appena il buio avvolgeva il villaggio, saliva sul tetto dell’orfanotrofio e parlava con la luna.

«Buonasera, mia amica» sussurrava. «Sei tu che ascolti i miei pensieri, quando nessun altro lo fa.»

La luna, tonda e luminosa, sembrava sorridergli dall’alto. Le sue luci d’argento accarezzavano il volto del bambino come una carezza materna. Elia le raccontava i suoi sogni, le sue paure e il desiderio più grande che custodiva: avere qualcuno che lo amasse davvero.

Una notte, mentre il vento portava con sé profumi di gelsomino, la luna gli parlò per la prima volta.

«Piccolo Elia, non temere. Anche se ora ti senti smarrito, ogni cuore ha un sentiero che lo conduce alla gioia. Devi solo avere coraggio e seguire la luce dentro di te.»

Il bambino spalancò gli occhi: nessuno, mai, gli aveva parlato con tanta dolcezza.

Da quel giorno, la luna non fu più solo un’amica silenziosa, ma una guida. Ogni notte Elia riceveva da lei piccoli consigli e incoraggiamenti. La luna gli raccontava di un giardino segreto oltre la collina, dove cresceva un fiore magico capace di realizzare un desiderio puro.

«Solo chi ha un cuore sincero può trovarlo» spiegò la luna. «Ma il viaggio è lungo e pieno di prove.»

Elia decise di partire. Una mattina, nascosto dagli sguardi severi della direttrice dell’orfanotrofio, mise in tasca un pezzo di pane raffermo e partì verso la collina.

Il sentiero era scosceso, e presto il piccolo si trovò davanti a una foresta oscura. I rami intrecciati sembravano mani pronte a trattenerlo e strani rumori risuonavano tra gli alberi. Elia tremava, ma pensò alle parole della luna: Segui la luce dentro di te. Così chiuse gli occhi, inspirò profondamente e andò avanti.

All’improvviso, tra i cespugli, apparve una volpe dal manto dorato. Non era un animale qualunque: i suoi occhi brillavano come stelle.

«Dove vai, piccolo viaggiatore?» chiese con voce calda.

«Cerco il fiore magico oltre la collina. Voglio che qualcuno mi voglia bene» rispose Elia.

La volpe annuì. «Il cammino è duro, ma se ascolterai il tuo cuore e non ti arrenderai, io ti aiuterò.»

Così proseguirono insieme. Attraversarono fiumi ghiacciati, salite ripide e campi pieni di spine. Ogni volta che Elia stava per cedere, pensava alla luna e alla sua promessa, e trovava nuova forza.

Infine, dopo giorni di viaggio, giunsero in una radura nascosta. Al centro cresceva un fiore azzurro, che emanava luce come un piccolo sole. Elia lo guardò con occhi colmi di speranza.

«Puoi esprimere un solo desiderio» disse la volpe.

Il bambino strinse le mani e sussurrò: «Voglio una famiglia che mi ami.»

In quell’istante, il fiore si aprì e liberò una pioggia di scintille luminose che si alzarono verso il cielo. La luna, lassù, brillò più forte che mai, e una scia di stelle cadenti attraversò la notte.

Quando Elia tornò al villaggio, un uomo e una donna lo stavano aspettando all’ingresso dell’orfanotrofio. Avevano sentito parlare di lui e il loro cuore li aveva condotti fin lì. Non sapevano perché, ma sentirono che quel bambino li stava già aspettando.

Gli aprirono le braccia e lo strinsero a sé.

Elia, per la prima volta, sentì il calore di una vera famiglia. Quella sera guardò il cielo e vide la luna che sorrideva complice.

«Grazie, mia amica» mormorò.

E la luna, luminosa e serena, gli rispose:

«Ora non sei più solo. Ricorda: la vera magia nasce sempre da un cuore che non smette di sperare.»

Da quel giorno, ogni notte Elia guardava la luna, ma non più con malinconia. La guardava con gratitudine, sapendo che una parte di sé avrebbe sempre brillato insieme a lui.

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