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Il Castello delle Spine e la Luce della Principessa

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C’era una volta un regno fiorente, circondato da fitte foreste e montagne minacciose. Nel cuore di quel regno sorgeva un castello splendido, le cui torri scintillavano come oro al sole. Vi abitavano il re Alarico e la regina Isolde, sovrani giusti e amati, insieme alla loro unica figlia, la principessa Mary Ann.

Mary Ann aveva un dono che pochi comprendevano: ovunque camminasse, la natura rifioriva. Un ruscello secco tornava limpido, un fiore appassito rialzava il capo. Il popolo diceva che fosse benedetta dalla luce stessa.

Ma non tutti amavano quella luce.
Nelle profondità della foresta maledetta viveva Morwen, una strega dai capelli neri come la pece e dagli occhi di fuoco. Il suo cuore era consumato dall’invidia.
«Finché quella fanciulla splenderà, io resterò nell’ombra. Ma se spegnerò il suo sorriso, il mondo conoscerà soltanto la mia notte.»

Una notte senza luna, Morwen si presentò al castello sotto forma di vento. Si insinuò nelle fessure delle mura e, pronunciando parole arcane, fece crescere dalle fondamenta rovine di spine nere, alte come torri e affilate come lame.
Mary Ann venne trascinata in una torre priva di luce, le finestre sigillate da cristalli scuri che non lasciavano entrare né sole né stelle.

«Resterai qui, prigioniera, finché il mondo non dimenticherà il tuo nome,» sussurrò la strega, e la sua risata riecheggiò tra le stanze vuote.

Il re e la regina piansero, e molti cavalieri provarono a liberare la fanciulla. Nessuno fece ritorno. Il popolo cominciò a disperare.

Nella torre, la principessa non era sola.
Tre piccoli compagni erano riusciti a restarle accanto:

Silas, un gatto bianco dagli occhi di smeraldo, capace di muoversi senza rumore persino tra le ombre;
Lira, un uccellino azzurro, il cui canto squarciava la malinconia e riportava coraggio al cuore;
Nox, un bruco verde, lento e silenzioso, ma dotato di un’astuzia che nessuno avrebbe sospettato.

Una sera, mentre Mary Ann piangeva, il gatto le disse:
«Principessa, la strega è potente, ma non eterna. Qualcuno verrà.»

«E se nessuno venisse?» sussurrò Mary Ann.

Fu allora che il bruco sollevò il capo:
«La speranza non è un dono degli altri. È una fiamma che si custodisce dentro.»

Lontano, nel regno di Arvendal, giunse la notizia della maledizione. Il giovane principe Adrian, uomo dal cuore ardente, decise di affrontare il destino.
«Se la principessa è prigioniera delle tenebre, sarò io a riportarla alla luce.»

Partì con il suo destriero nero e viaggiò per notti intere. Presto, il sole smise di mostrarsi. La foresta che circondava il castello era immersa in una penombra eterna, e il vento portava con sé urla e bisbigli.

Gli alberi avevano rami simili ad artigli. Ogni passo sembrava una trappola. Le ombre sussurravano:
«Torna indietro… nessuno ti attende…»

Adrian vacillò, finché udì un canto limpido, come un raggio nel buio. Era Lira, l’uccellino, che librandosi alto intonò:

«Canta il vento, passa e va,
la strada nascosta si svelerà.
Segui il mio volo, non aver paura,
oltre l’ombra c’è luce sicura.»

Lira lo guidò lungo un sentiero segreto, invisibile a occhio nudo.

Davanti a lui scorreva un fiume di acque nere, coperte da lastre sottili come vetro. Ogni passo era un pericolo mortale.

«È inutile,» mormoravano le acque. «Sprofonderai e nessuno ricorderà il tuo nome.»

Fu allora che il piccolo Nox comparve, strisciando piano:
«Passo dopo passo, lento e sicuro,
anche l’abisso diventa meno oscuro.
Non serve correre, non serve saltare,
sul ghiaccio giusto potrai camminare.»

Seguendo il suo percorso, il principe trovò i punti più solidi del ghiaccio e attraversò senza cadere.

Infine, un muro di fuoco gli sbarrò la strada. Le fiamme mutavano forma, diventando porte ingannevoli e corridoi senza uscita.

Adrian si fermò, sudando e tossendo, ma una figura bianca balzò davanti a lui: era Silas, il gatto bianco, che disse con voce ferma:
«Dove il fuoco brucia e inganna,
solo chi ascolta la via guadagna.
Segui il mio salto, rapido e leggero,
tra i varchi nascosti troverai il sentiero.»

Il principe lo seguì finché il fuoco non svanì.

Nella torre più alta, la strega lo attendeva.
«Sciocco mortale,» ringhiò. «Credi davvero di poter rubare ciò che appartiene a me?»

Adrian alzò la spada: «Non appartieni al mondo, né la principessa appartiene a te. La tua ombra finirà qui.»

La strega scatenò catene di fuoco e vortici di oscurità.
L’uccellino volò alto, spezzando il buio con il suo canto.
Il gatto saltò sulle spalle della strega, facendola barcollare.
Il bruco, davanti agli occhi della principessa, si trasformò in una farfalla dorata, la cui luce accecante illuminò la stanza e incrinò le mura oscure.

«No!» urlò Morwen, coprendosi il volto.

Il principe, con un colpo deciso, spezzò la bacchetta della strega. Con un grido straziante, la donna svanì in una nube di cenere.

Le spine nere si sgretolarono e la luce del sole irruppe nella torre dopo lunghi mesi di buio.

Il castello tornò a brillare. Il re e la regina corsero ad abbracciare la figlia. La principessa, stringendo i suoi piccoli amici, disse:
«Non importa quanto sia profonda l’oscurità: finché c’è amore e coraggio, ci sarà sempre una fiamma di speranza.»

Il principe prese la sua mano, e il popolo celebrò un amore che aveva sconfitto la notte.

E così, tra feste e canti, il regno conobbe giorni di pace.
La strega non tornò mai più, e i tre piccoli amici rimasero per sempre al fianco della principessa, eroi silenziosi di una storia che nessuno dimenticò.

Morale della fiaba:
Nelle ore più oscure, la speranza nasce dalle cose più piccole e umili. È la luce nascosta nei cuori che spezza le catene delle tenebre.

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