Il real giocoliere di corte fu nominato seduta stante, in piedi davanti al re regnante, real genio di corte. Il real genio di corte in carica fu declassato a scemo del villaggio, giacchè non era venuta a lui quell’idea brillante e passò alla storia come genio di corte meno duraturo. Entrò nel Guinness, ma il re regnante, per non dare soddisfazione allo scemo del villaggio, ne vietò la pubblicazione con un editto tanto severo che pure la birra ebbe problemi ad essere importata nel regno del re regnante.
Fu così che il re dovette ritirare l’editto per un ubriacante sciopero degli ubriaconi che avevano un ruolo importante nell’equilibrio sociale nel regno del re regnante. Quel loro ondeggiare rendeva il popolo allegro e il re regnante non avrebbe mai voluto avere un popolo triste.
La birra tornò nel regno del re regnante e gli ubriaconi erano di nuovo assiepati tra il capannello di gente uscita dalle proprie capanne per ammirare l’evolversi degli eventi della finestra di dietro.
Il nuovo genio, tutto tronfio e trionfante se ne stava su un tronco per vedere meglio, mentre il genio tornato scemo se ne stava disperato in disparte.
Il mastro manigliaio del regno del re regnante aveva costruito una maniglia su misura, giusta giusta per la finestra. Pareva proprio la sua, pareva fosse lì da secoli, pareva che quella maniglia fosse nata lo stesso giorno di quella finestra. Era proprio bravo il mastro manigliaio, figlio di manigliai, nipote di manigliai, bis-nipote di manigliai, tris-nipote di manigliai. Purtroppo pare che i quadris-nonni facessero i maniscalchi, erano l’onta della famiglia. Traditori. Li ricordavano tutti come l’infamia della famiglia.
Il real manigliaio si avvicinò alla finestra, vi appoggiò la maniglia, prese dalla tasca due chiodi e … mirabilia strabilia … invece di martellare, prese un coso e girò, girò, girò, girò, girò, girò, finchè il chiodo non entrò. Che poi, a guardar bene, non era nemmeno un chiodo, ma un coso pure quello. Due cosi, uno per girare e uno che entra. Cosi tutte e due, ma diversi.
Il real manigliaio, sapeva che avrebbe stupito con i suoi cosi e aveva preparato un bel discorsetto: “mio re, amici tutti, popolo del regno del re regnante, questo l’ho chiamato realchiodo” proclamò alzando uno dei due cosi. E continuò: “… è come un chiodo, solo che è meglio”, alzando l’altro coso invece disse: “e questo l’ho chiamato girarealchiodo, perchè serve per girare il realchiodo”.
Il re, offuscato dalla ruffianeria del real manigliaio e dal pensiero che la storia l’avrebbe ricordato come “il re del chiodo migliore”, si complimentò con il real manigliaio, senza sapere che il quel baro del Barone Vito de Vitis trafugava l’idea all’istante sbirciando dal balcone di fronte e brevettando il vito e il giravito prima del realchiodo e del girarealchiodo del neo-real-genio di corte. Che poi la Baronessa volle che fosse fatto tutto in suo onore: vita e giravita. Allora si mediò è fu vite e giravite, che poi come divenne cacciavite pare fosse colpa del guardiacaccia dei due. Che poi mi ricorda qualcosa …
Il re regnante, all’oscuro degli intralci (e pure dei tralci) di Vitis, era visibilmente soddisfatto. Una piccola rivincita su chi l’aveva criticato per la scelta di un manigliaio con un quadris-nonno maniscalco, sapeva che il suo ardire prima o poi sarebbe stato premiato. Fu così che, in tutta fretta, nominò il real manigliaio genio di corte rispedendo il neo-ex-giullare alla sua dozzina di uova e stracciando di nuovo il record sopra citato.
Terminati i riti di rito, il re regnante, a gran passo, s’avvicinò alla maniglia.
Il neo-real-genio di corte ammirava la maniglia con orgoglio di manigliaio, perchè il suo cuore batteva ancora da manigliaio, non s’era arreso all’evidenza d’esser genio, non poteva pensare d’esser altra macchia nella famiglia.
Il re appoggiò la mano, sorrise, guardò la regina, sorrise di nuovo, lei capì e lui non aprì.
… to be continued …
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Che il proprio destino sia legato a scelte altrui è apparente certezza. Certezza per l’ineluttabilità, apparenza per lasciare un appiglio all’autodeterminazione.
Il proprio destino in mano al re o il re è in mano al destino del proprio popolo?
Che poi il destino cos’è se non la vita d’ognuno?
Lo scemo è genio e poi torna scemo, così il giullare, così sarà anche per il manigliaio?
Quante domande …
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