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Tutte le fiabe che parlano di "natura"

La più completa raccolta di fiabe, favole e racconti brevi che parlano di "natura", tra le migliaia inviate da tutti gli autori di "Ti racconto una fiaba".

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La leggenda del grande suricato

C’era una volta…

Ma c’è tuttora, una specie di piccoli mammiferi, i suricati.

I suricati sono piuttosto piccoli, lunghi e con le zampette corte; a loro modo, sono animali felici: mangiano, si riproducono, giocano fra loro, cose semplici, ma che li fanno contenti.

Vivono in famiglie – tribù abbastanza numerose, tutti nella stessa tana sotterranea; alla mattina escono, si stiracchiano, un po’ come fanno gli uomini, ma loro non lo sanno, si scrollano per rimettere a posto il pelo, magari per pulirlo da terra e foglie morte e poi cominciano la loro giornata.

La leggenda del grande suricato

Il bambino che parlava con la terra

 

C’era una volta un bambino che parlava con la terra.
Gli bastava soltanto accucciarsi e porgerle l’orecchio per sentirla parlare. Il bimbo e la terra giocavano insieme, nei pomeriggi di tutti i giorni dell’anno.
“Terra, terra, come giochiamo oggi?”
“Scavami bene, deposita un tesoro e coprilo di nuovo. Domani lo ritroverai.” E così il bimbo nascondeva il soldino che gli aveva dato la mamma, per ritrovarlo il giorno successivo.
“Terra, terra, cosa facciamo oggi?”
“Prepara le montagnette per far scivolare il trenino di legno. Oppure osserva bene le formiche e scopri dove vanno. Di sicuro, non ti annoierai.”

Il bambino che parlava con la terra

Lupus et agnus

Superior stabat lupus, inferior agnus”, così iniziava la favola originale di Fedro, ma, da quando furono scritte queste parole, sono passati oltre due millenni, anzi, quasi tre.

Oggi, invece, dopo l’estinzione dell’uomo, gli animali ne hanno preso il posto e, forse, i difetti: parlano, hanno sviluppato il pensiero e ne ripropongono la società.

Questa repentina estinzione di colui al quale l’Entità Suprema aveva dato le chiavi del regno della terra, ha lasciato anche un po’ spiazzata la natura stessa, che non ha saputo adeguare con altrettanta velocità i meccanismi evolutivi.

Lupus et agnus

Il signor Tartaruga

Che cosa si può fare quando in cucina è finito l’olio? Il signor Tartaruga aveva frugato invano in tutti gli angoli della casa. Brontolò, imprecò e alla fine fu costretto ad andare dal suo vicino, il Cinghiale.

Gli agitò sul muso una zucca vuota che usava come recipiente e, con un sorriso affabile gli disse:

“ ti prego, Cinghiale, dammi un po’ d’olio”.

Il Cinghiale, diffidente, agrottò la fronte e squadrò l’intruso.

“Amico mio a cosa ti serve quest’olio?

Il signor Tartaruga

Il cane, il gatto, il topo

C’era una volta una casa normale, abitata da gente normale, in cui vivevano un cane, un gatto e un topolino, solo che loro non erano del tutto normali, o almeno non lo erano nel modo che noi intendiamo abitualmente.

Infatti questi tre animali domestici, così comuni in tutte le nostre case, contrariamente a ciò che vuole la tradizione e la consuetudine, non si odiavano: anzi, erano dei veri amiconi.

Per quello che riguarda il cane e il gatto, il fatto è che loro erano in grado di parlare la stessa lingua, quindi fra di loro non c’erano problemi di comunicazione.

Il cane, il gatto, il topo

I due alberi

All’inizio dei tempi, la Natura si divertì colorando il mondo con fiori, prati verdi, piante d’ogni tipo ed alberi. Capitò così che il timido e candido Ciliegio, si ritrovò di fronte all’ardito e prepotente Stepro.

La Natura aveva stabilito delle regole ben chiare e tutti dovevano seguirle attentamente. E bisognava fare attenzione a non commettere errori, perché si vociferava, che era molto, molto severa! Le stagioni,poi, scandivano i periodi ed i cambiamenti da apportare. In primavera c’era il risveglio, seguito dall’estate con l’esplosione di gioia e di vita. L’autunno preparava la strada all’inverno, dove si poteva riposare beatamente per riprendere le forze.

I due alberi

L’albero delle bugie e le farfalline chiacchierine

C’era una volta nel bosco di Lilybets, su un tappeto di papaveri e di girasoli, un albero alto e robusto che non perdeva mai le foglie e profumava di cannella e di miele.

Cresciuto magicamente in una sola notte da un seme trascinato lì da un vento misterioso, per la sua bellezza incantevole ormai vi si radunavano intorno tutti gli animali del luogo.

Nessuno conosceva a che famiglia appartenesse, nonostante i più famosi studiosi del bosco, i topi “Letteronzi”, avessero sfogliato tutte le enciclopedie delle biblioteche vicine alla ricerca di informazioni. Le sue foglie, infatti, come grandi orecchi penzolanti, si spostavano lentamente ora verso il basso, ora verso l’alto, e sul suo tronco un grosso naso si arricciava quando l’albero, come spesso accadeva, scoppiava in una pazzerella risata.

L’albero delle bugie e le farfalline chiacchierine

I pesci non chiudono gli occhi // Erri De Luca

I pesci non chiudono gli occhi”, di Erri De Luca edito da Feltrinelli, è un romanzo autobiografico, dalla scrittura facile che molto spesso diventa pura poesia e racconta della natura, della natura umana e delle passioni. Il movente di tutte le storie di E. De Luca è:“Riacciuffare un pezzo del passato e costringerlo ad esserci di nuovo.”

Mi piace riportare la trama scritta sulla copertina del libro
“ A dieci anni l’età si scrive per la prima volta con due cifre. È un salto in alto, in lungo e in largo, ma il corpo resta scarso di statura mentre la testa si precipita avanti. D’estate si concentra una fretta di crescere. Un uomo, cinquant’anni dopo, torna coi pensieri su una spiaggia dove gli accadde il necessario e pure l’abbondante. Le sue mani di allora, capaci di nuoto e non di difesa, imparano lo stupore del verbo mantenere, che è tenere per mano.”

Ho letto e riletto questo libro con piacere, forse perché mi rimanda ad una esperienza scolastica, un laboratorio di clinica dell’apprendimento, “Sum, ergo cogito”, un’esperienza molto coinvolgente e stimolante che ho svolto insieme ad altri colleghi, in cui il testo narrativo diventava un “pretesto” per alunni e insegnanti, per raccontare e raccontarsi, per ascoltare e ascoltarsi, in un clima di condivisione di idee e di emozioni.

I pesci non chiudono gli occhi // Erri De Luca

Se si arrabbiano loro …

C’era una volta una città, Villantica, costruita sulle sponde dell’Argentello, un torrente vivace e ricco di vita. Un po’ fuori, nei dintorni di Villantica, scorrevano due grandi fiumi, uno laggiù, a mezzogiorno e l’altro là, dove, la notte, vedi la stella polare. La gente amava quei fiumi, il Vorticone e il Granflutto, perciò, per averli più vicini, scavò solchi profondi che percorsero la città in lungo e in largo e così le acque dei due fiumi vi si riversarono allegre.

Finalmente l’Argentello non era più solo e fu felice di scambiare quattro chiacchiere con i nuovi arrivati, i canali.

Era bello assistere agli allegri schiamazzi che facevano, quando sulla superficie della loro liquida chioma spumeggiante, avanzavano le imbarcazioni degli umani e i cigolii delle ruote dei mulini mosse dalla loro corrente gli fecero tanta compagnia…

Se si arrabbiano loro …

Il fiume vanitoso

A primavera il fiume si era svegliato con delle strane idee

in capo. Forse le piogge primaverili che stavano riempiendo il suo letto erano avvelenate da qualche pasticcio chimico, forse quelle quattro villette a schiera, un po’ pretenziose, a dire il vero, che avevano costruito vicino alle sue sponde gli avevano montato la testa, forse l’età … fatto sta che era cambiato, aveva cominciato a sentirsi chissà chi.

– Sono un fiume di prima classe, sono di serie “A”, non posso mescolare le mie acque con nessuno, io vengo da molto lontano!

Il fiume vanitoso

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