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Tutte le fiabe che parlano di "magia"

La più completa raccolta di fiabe, favole e racconti brevi che parlano di "magia", tra le migliaia inviate da tutti gli autori di "Ti racconto una fiaba".

Il bauletto magico

Lungo una stradina di campagna tre sorelle Leda, Elsa e Milù, camminavano tranquille, quando si imbatterono  in un vecchio castello abbandonato. Spinte dalla curiosità si introdussero all’interno, la prima faceva da guida, le altre due le andavano dietro senza fiatare.

Ad un tratto si spalancò una piccola porta e davanti ai loro occhi apparve una stanza traboccante di oggetti d’oro, pietre preziose e monili d’ogni genere. Le tre sorelle rimasero senza parole, non avevano mai visto nulla del genere, Leda  invitò Elsa e Milù a portare via quante più cose potevano.

Scorsero dei vecchi sacchi posti in un angolo della sala, dopo di che cominciarono a riempirli in tutta fretta.

Il bauletto magico

quaderno-principesco

Il quaderno principesco

C’era una volta un orsetto chiamato Asso che viveva in un piccolo bosco detto dell’Armonia.

Lui era un orsetto tutto peloso e riccioluto.

Tutti gli abitanti del bosco gli volevano un gran bene ed era sempre circondato dagli amici che lo invitavano ad ogni festa e ricevimento si tenesse nella Sala del Re.

Finché…

Un giorno però accadde qualcosa di inaspettato.

Asso era stato appena invitato al Gran Ballo d’Inverno per il compleanno della Principessa Isa.

Si presentò al Castello con il suo vestito migliore e un profumato mazzo di fiori di carta.

Asso ballò tutta la serata divertendosi molto finché… non vide un foglio di carta che luccicava al baluginio delle candele.

Il quaderno principesco

I tre folletti

Tre erano le Parche, tre erano le Graie, tre le Gorgoni: c’è sempre un numero tre che si ripete nelle leggende, nella mitologia e nelle saghe.
E non dimentichiamo la Santissima Trinità e i tre Buddha.

Qui si narra dei tre folletti Peng, Ping, Pang.

Mauro li vide per la prima volta dall’alto di un crinale, mentre andava nel bosco a cercare erbe per fare dei decotti.

Li vide e non ne rimase del tutto sorpreso: lui conosceva la natura, si fidava delle erbe benefiche e sapeva identificare quelle velenose, conosceva molte creature dei boschi ed era conscio di non conoscerne molte altre; che nei boschi ci fossero, quindi, dei folletti, come da tempo si andava dicendo, non lo stupì più di tanto; li vide, ma quando scese verso di loro, questi se n’erano già andati: comunque non immaginava che li avrebbe incontrati di nuovo e presto, anche.

I tre folletti

La magia della libreria

La leggenda narra che, in una piccola città situata ai margini di una pianura tra i monti ed il mare, vi fosse una libreria dove strane cose erano accadute per mano di una strega malvagia.

Si dice che, per colpa di quest’ultima, il povero proprietario stesse ancora cercando il suo figliolo scomparso tra i tanti libri contenuti all’interno del suo negozio.

La nostra storia incomincia prima della leggenda, prima che si svolgessero i fatti, per raccontare cosa in realtà accadde in quella città.

Gioffredo era un signore di mezza età rimasto vedovo da qualche anno e per questo ancora più attaccato al suo unico figlio Manuel il quale era poco più che un ragazzino.

La magia della libreria

Carletto dell’arcobaleno

Sull’arcobaleno colorato
ci stava un bambino spensierato.

Il suo nome era Carletto
e aveva davvero un bel visetto.

Se ne stava col nasino all’insù
per vedere le stelle cadere giù.

Ogni tanto scendeva a visitare la Terra,
constatando che non era più tanto bella.

Carletto dell’arcobaleno

Lo stregone Buca-Sogni

Di tanti personaggi assai cattivi,
forse pochi lo conoscono e menomale,
c’è uno stregone un po’ maldestro
che all’apparenza può apparir banale,
e non lo si dice tanto per far paura,
ma chi lo ha incontrato c’è rimasto male.

Ed è perché chi buca i sogni come fossero un pallone
è uno stregone con una finta barba ed un mantello,
solo in apparenza ricamato da mille colori.

Lo stregone Buca-Sogni

Il bambino che diceva parolacce

Questa è la storia di Antonino, un bambino di otto anni che diceva tante parolacce ogni qualvolta apriva bocca: le diceva a casa con i suoi genitori, le diceva a scuola con i suoi compagni e la maestra, le diceva al parco mentre giocava a calcio con i suoi amici.

Le aveva imparate principalmente dalla televisione, nonostante il divieto della mamma di guardare certi programmi non proprio educativi.

Un bel giorno, dopo aver pronunciato l’ennesima brutta parola mentre era a pranzo dai nonni, successe una cosa strana: il suo naso iniziò a prudere ed allungarsi, almeno mezzo palmo di mano.

Si alzò di corsa da tavola e andò in bagno per vedersi allo specchio. Con stupore si accorse che il suo nasino, così carino, era cresciuto parecchio.

Il bambino che diceva parolacce

La strega che mangiava i bambini

C’era una volta, in un tempo e in un luogo lontani, un piccolo villaggio dove tutti si conoscevano e si volevano bene eppure, in quello sperduto villaggio, nessuno era felice.

Non erano felici i nonni, non lo erano i genitori, non lo era chi doveva sposarsi e, ancor meno, lo erano i bambini.

Nei pressi del villaggio, infatti, c’era un bosco, un bel bosco che, però, non era felice neppure esso, tanto che uccelli, scoiattoli, cinghiali, cervi e tutti gli animali che normalmente abitano, o abitavano a quel tempo, i boschi, se n’erano andati da un pezzo, spaventati dalla nera presenza che dominava nel bosco e che terrorizzava il villaggio.

La strega che mangiava i bambini

Edgar il cantastorie

Ciao bambini mi presento sono Edgar il racconta storie, e  oggi ho intenzione di raccontarvi una storia speciale.

Voi sapete come  è fatto il mondo ?

Certo lo sapete.è come una palla tutta tonda con tanti  colori.

Ma dovete sapere che non sempre è stato così.

Tanto tempo fa, infatti la nostra terra aveva solo due colori ; il verde dei boschi e il blu dell’acqua.

In questa terra di soli due colori vivevano due popoli.

Edgar il cantastorie

Silvì, la fatina del bosco

Lontano nel tempo e lontano dai villaggi popolati da, donne, contadini, bambini, principi, re e regine, si stendeva vasta e maestosa una meravigliosa foresta.

I suoi alberi toccavano il cielo, le loro fronde  accarezzavano il sole mentre la brezza giocava con le  foglie sue più tenere.

Anche questa, come il villaggio era abitata ma il suo popolo era invisibile agli occhi degli umani  e aveva l’importante compito di vigilare attento su tutto ciò che accadeva al suo interno specialmente quando la gente del villaggio  si avventurava lungo i sentieri stretti e sinuosi .

I misteriosi abitanti della foresta erano le splendide fate silvane che si nutrivano della linfa vitale delle piante e si ricaricavano di energia con i caldi raggi del sole .

Silvì, la fatina del bosco

Io e i Micros

Fiaba di Teresa Carrelli.

Mi chiamo Margerita e ho 20 anni.

Diciotto anni fa, quando avevo 2 anni, mia nonna mi raccontò la storia di esseri microscopici, piccoli come le pulci, chiamati Micros che vengono di notte dai bambini: se un bambino non riesce a dormire i Micros lo aiutano con i loro granelli di sabbia magici che hanno il potere di far addormentare le persone. Io entusiasta ci credevo e tutte le notti li aspettavo,aspettavo fino a tardi, ma non li vedevo mai.

Poi sono cresciuta e ogni notte prima di addormentarmi ho aspettato quello che aspettavo da piccola.

Purtroppo a scuola ho parlato alle mie amiche di questa storia, ma loro mi hanno detto che sono troppo infantile se credo ancora a queste storie. Ero desolata e credevo che loro avessero ragione.

Io e i Micros

La Fatina e le Rose

Viveva un tempo, in un bosco incantato, una fatina dallo sguardo dorato. Un giorno di aprile la bella fatina vide una mamma su una stradina piangere lacrime dense e collose, che sulla terra facevano rose. Le rose rosse piano sbocciavano e dalla terra si arrampicavano, si arrampicavano e salivano al cielo a cavalcare l’arcobaleno. La bella fatina era molto ardita, chiese alla mamma tutta compita: “posso aiutarti dolce mammina? Sono la fata della mattina!” 

Oh cara fata”  rispose la mamma “viviamo in tre in una capanna, il mio bambino è piccolino non ha vestiti né un giochino. Salta allegro di stanza in stanza e il sorriso certo non manca, gli mancano però tante altre cose e io sono triste come le rose, che vivono un giorno e vanno a morire sotto il cielo intenso di aprile“.

La fatina chiese alla mamma, “su portami alla capanna.Voglio vedere il tuo bambino, guardare i suoi occhi e il suo visino“.

La Fatina e le Rose

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