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Tutte le fiabe che parlano di "filosofia"

La più completa raccolta di fiabe, favole e racconti brevi che parlano di "filosofia", tra le migliaia inviate da tutti gli autori di "Ti racconto una fiaba".

Grande Vecchio e i Due Animali

Era da un po’ che Piccolo Uomo, di sottecchi, guardava Grande Vecchio.

Il fuoco crepitava, Grande Vecchio stava caricando la pipa.

«Cosa c’è, Piccolo Uomo?»

Piccolo Uomo si sorprese. «Come cosa c’è?».

«Sento che mi vuoi chiedere qualcosa. Ma non hai ancora deciso se chiedermela…».

«E tu come fai a saperlo?».

«Non lo so, infatti. Mi sembra… Però posso sbagliarmi. E in questo caso ti chiedo scusa se ti ho disturbato…».

Grande Vecchio era sincero. Aveva finito di caricare la pipa. Ora aveva preso uno stecco di legno dal camino e se la stava accendendo.

Grande Vecchio e i Due Animali

Piccolo Uomo e Grande Vecchio: la domanda

Piccolo Uomo era salito sulla Montagna Più Alta e finalmente era di fronte al Grande Vecchio della Terra.

«Ciao, Grande Vecchio» disse Piccolo Uomo. «E’ tanto che cammino e le mie gambe non mi reggono più. Ma il mio problema è enorme e solo tu mi puoi aiutare».

«Davvero?».

«Certo. Giù in città, tutti dicono che sono un bambino e che debbo imparare. Se faccio domande, si irritano: mi rispondono che un giorno capirò e che adesso non è il momento di sapere. Che quando sarò cresciuto, e finalmente sarò uomo, avrò tutte le risposte che cerco. Ma io voglio crescere adesso. E non voglio diventare un uomo. Voglio diventare come te».

«Come me?» domandò il Grande Vecchio.

«Sì, come te» rispose Piccolo Uomo.

«E come sarei io?» domandò il Grande Vecchio.

Piccolo Uomo e Grande Vecchio: la domanda

Il filosofo e il barcaiuolo

Un barcaiuolo portava in barca un vecchio filosofo.

“Di un po’, Pippo, conosci tu la filosofia?” – chiese ad un tratto il filosofo al giovane marinaio.

“Io? No, non la conosco”.

“Poveretto! Hai perduto la metà della tua vita”.

Dopo alcuni minuti il filosofo chiese ancora:

“Dì, Pippo… E l’astronomia la conosci?”

“Io? No, non la conosco”

Il filosofo e il barcaiuolo

Il ragno

Quando lo vide il suo primo pensiero fu: “Che creatura schifosa! E  per di più è enorme! Perché Dio ha creato bestie simili? Qual è la loro funzione?”.

Non si sa se anche l’altro avesse visto lui, ma ambedue si ritrassero, ognuno vinto dalle proprie fobie.

Quando ritornò era ancora là, troppo vicino al suo cibo perché avesse voglia di mangiare, troppo invadente nel suo ambiente che non intendeva condividere con un simile obbrobrio.

Avrebbe voluto ucciderlo, ma solo l’idea di avvicinarglisi, lo disgustava, provocandogli un accesso di nausea.

Il ragno

La tartaruga

Di anni ne aveva parecchi: era un vecchio maschio cattivo ed irascibile.

Portava sulla corazza i segni di cento battaglie combattute e vinte.

Ma neppure la sconfitta degli avversari gli aveva mai dato un attimo di gioia. Combatteva ed uccide­va solo per sfogare la propria rabbia di esistere.

Odiava gli altri perché odiava se stesso.

Ed odiava la vita: nei pochi momenti in cui non era pericoloso e gli si poteva parlare, alcuni animaletti del bosco avevano cercato di convincerlo che la vita è bella e vale la pena di viverla.

La tartaruga

La leggenda della Befana

La notizia della nascita imminente del Salvatore si era sparsa per tutta la Palestina ed anche oltre.

I poveri, gli umili, i bistrattati, ma anche uomini potenti si misero in marcia per andare a Betlemme, dove la famiglia che aveva avuto la fortuna di ricevere l’incarico di mettere al mondo il Cristo fatto persona, si era recata per il censimento.

Andarono pastori con le loro greggi, portando doni: chi un agnello, chi una forma di formaggio di pecora, chi un piccolo sacco di grano, chi un pane appena sfornato nel forno di casa.

Dall’oriente anche tre re, così potenti da essere chiamati Magi, si misero in viaggio a dorso di cammello per andare a rendere il doveroso omaggio a colui che riconoscevano come molto superiore perfino a loro stessi, al loro prestigio e al loro potere.

Erano tre uomini giusti.

La leggenda della Befana

Uno strano incontro…

«Io ti conosco», disse un giorno tutta piccata l’Ipocrisia alla Banalità: «Ti vedo in ogni anfratto, in ogni piega nascosta, quando riempi le mie pagine di sgorbi, di parole trite e ritrite, quando ti prodighi a scrivere per ogni uomo i tuoi pensieri morti, quando manifesti i tuoi sentimenti falsi, quando osi spargere luoghi comuni ad ogni angolo di strada».

«Anch’io ti conosco», rispose adirata la Banalità all’Ipocrisia, «quando appari timida e umile tra le righe, quando distingui peccato e peccato, e fai la faccia contrita da cristiano, o quando fai strisciare la tua lunga lingua sui marmi bianchi e gelidi degli alti scranni».

Uno strano incontro…

Alberto e la tartarughina

“37, 37, 37…”. Alberto continua a ripetersi nella mente il numero TRENTASETTE: sono i giorni che mancano al termine dell’anno scolastico.

Uscito come al solito a fatica dal letto e poi, ancora a fatica, dal bagno e infine da casa, sta andando a scuola, anche in questo mattino di aprile, stranamente gelido. La mamma, proprio per quel freddo, lo aveva obbligato a mettersi il cappello.

Alberto cammina adagio e ripete quel numero per consolarsi un po’.

In un prato vicino al fosso, lungo il tragitto, si ferma di scatto. Aveva sentito un lamento da dietro un cespuglio.

Si avvicina e vede un esserino che sta piangendo. Pare una tartaruga, ma ha qualcosa di strano: è  senza corazza.

Alberto non aveva mai visto una tartaruga così. E lui di animali se ne intende. Sono infatti la sua vera passione. Film, documentari, figurine, libri illustrati: se trattano di animali, attirano la sua curiosità, altrimenti li guarda un attimo e poi si mette a fare altro.

Mai aveva visto una tartaruga senza corazza.

Alberto e la tartarughina

L’elegia delle cose

L’elegia delle cose
e dei gesti in esse accordati

La danza del guardare
per prendere e l’aver preso

Toccare appena ci si è mossi
a farlo

“Nella, si era alzata; era andata
alla finestra ed aveva accostato
le imposte, come se anche a lei
la luce desse fastidio.”

L’ho tradotto nel mio mondo del
visivo mentale
L’andare verso lo spingersi a
Il concatenare gesti
L’attenta analisi del fare
Il riporre per conservare

L’elegia delle cose

Il Bene e la bontà

Quella notte il cane, il gatto, il topo si ritrovarono a casa dell’orso.

Si trovavano sempre a casa dell’orso, in verità, perché aveva la casa più grande. 

La singolarità di quella notte, non risiedeva infatti nel luogo d’incontro, e neanche in qualche partecipante: quei cinque infatti si ritrovano ormai da anni per i loro simposi.

Simposi, sì. Infatti erano tutti animali filosofi, e coltivavano il piacere d’incontrarsi, per scambiarsi le loro opinioni sugli argomenti più svariati.

Il Bene e la bontà

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